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Lupo




Il lupo è simbolo di ferocia, di avidità e di malvagità. Le
sue vittime designate, come osserva Aristotele (Historia
animalium 594a; 596b; 612b), sono gli ovini, mentre nemici
per eccellenza sono tori, asini e volpi (609b); la sua
aggressività si rivolge persino verso l’uomo (594a). La figura
del lupo è talmente caratterizzata che entra con una certa
frequenza anche nella tradizione dei proverbi, connessi per
lo più con situazioni di estremo pericolo, come «Tengo il lupo
per le orecchie» (non riuscendo a tenerlo fermo né a
respingerlo), «Di qua i lupi, di là i cani» (Plauto, Casina 971
usa l’«antico detto» che indica la situazione di chi è stretto
tra due rischi), oppure, trasferendo le dinamiche proprie
dell’animale al mondo degli uomini, «L’uomo è un lupo per
l’uomo» (Homo homini lupus), espressione di origine
plautina (Asinaria 495), resa celebre soprattutto da Thomas
Hobbes. Non solo: «Lupo» diventa anche un nome
«parlante», che qualifica le caratteristiche di un
personaggio, come avviene per il lenone Lycus nella
commedia Poenulus di Plauto. Piuttosto diffusa nell’antichità
è la credenza relativa alla licantropia, che entra in numerosi
racconti fantastici (ad esempio, nel Satyricon di Petronio:
62). Pur contestando questa convinzione, Plinio (Naturalis
historia 8,81) riferisce incredulo una vicenda significativa: in
Arcadia, terra ricca di simili leggende, durante un sacrificio
a Giove Liceo un certo Demeneto di Parrasia mangiò la
carne di un ragazzo immolato e si mutò in lupo: dopo nove
anni, riacquisì un aspetto umano e vinse nel pugilato a
Olimpia. Secondo Pausania (8,2,6), l’origine sarebbe da
ricercare nel mito del re Lykaon, trasformato da Zeus in
lupo, con i suoi figli, dopo un banchetto cannibalesco offerto
al re degli dei. Come spiega Pugliarello (1973, 56 ss.), sulla
scorta di alcuni studi scientifici, la licantropia sarebbe in
realtà una malattia mentale presente nell’antichità e oggi
rara che appartiene alla categoria della demenza precoce,
definibile secondo il contesto culturale (presso altri popoli, il
lupo viene sostituito, ad esempio, dalla tigre o da un altro
animale), riscontrata per lo più in ambito arcaico. In
sostanza, chi ne è affetto crede di trasformarsi nell’animale e
ne imita i comportamenti. Va richiamato, a questo proposito,
il caso del troiano Dolone, che, nell’Iliade (10,334 s.), prima
di combattere, si pone sulle spalle la pelle di un lupo grigio
e, come «in un procedimento di magia imitativa», assume le
caratteristiche dell’animale. Probabilmente dunque la
licantropia deve collegarsi «a queste arcaiche concezioni,
nelle quali l’assunzione della natura animale era un
privilegio che metteva in contatto con le forze della natura».
Sacro ad Apollo in Grecia, il lupo è messaggero e servitore di
Marte nella tradizione italica; a Roma, in febbraio, si
festeggiavano i Lupercalia, realizzati sulla base di un
articolato complesso rituale e connessi con il dio Fauno
(Luperco), protettore del bestiame dagli attacchi dei lupi.
Nota, inoltre, è la leggenda della lupa che nutre Romolo e
Remo, alle origini di Roma.
Le narrazioni esopiche che vedono il lupo protagonista
rimandano al contesto di una società pastorale: come nota
Pugliarello 1973, 63 ss., pur non avendo un diretto
collegamento con le leggende mitiche, queste vicende
riprendono alcune caratteristiche del dio Fauno e
presentano l’animale nelle vesti del trickster (v. VOLPE):
personaggio malvagio e astuto ma anche ingenuo e spesso
beffato. Così, ad esempio, è beffato dall’asino che gli sferra
un potente calcio (Esopo 281 Ch.), ma soprattutto dalla
volpe, che riesce ad avere la meglio (Esopo 205 Ch.) oppure
finge amicizia con il lupo, inducendolo ad attivare, suo
malgrado, il meccanismo di una trappola (Babrio 130). Ma,
al di là di questi episodi dai connotati «comici», il lupo viene
per lo più descritto nella tipica immagine di animale
affamato e in cerca di cibo (Esopo 64; 223 Ch.). Inoltre –
soprattutto nel primo libro di Fedro, quello caratterizzato da
più forte tensione sociale – è rappresentato come malvagio
oppressore degli innocenti (Fedro 1,1: la celebre favola del
lupo e dell’agnello), testimone mendace (Fedro 1,17), avido e
capace di subdoli inganni, che possono andare a buon fine
(cfr., tra le altre, Esopo 229 Ch.) o essere sventati dalla
prudenza della possibile vittima, come il capretto ben
ammaestrato dalla madre del Romulus (36). Il lupo viene
spesso inserito in un ben caratterizzato sistema di relazioni,
che lo vede affiancato per lo più al leone, alla volpe e al
cane. Il rapporto con il leone è segnato da una chiara
inferiorità del lupo, come testimonia la favola di Esopo 227
Ch., in cui il re degli animali strappa una pecora alla belva,
che l’aveva appena rapita e perciò vanamente si lamenta.
Quando il lupo s’insuperbisce, tratto in inganno dalla sua
ombra, finisce per essere vittima del leone (Esopo 219 Ch.).
Un lupo di imponenti dimensioni desidera addirittura andare
a vivere con i leoni, come se ciò rappresentasse una sorta di
ascesa sociale, ma la volpe interviene per sottolineare la sua
stoltezza (Babrio 101). In questo caso, come in altri, il
rapporto con la volpe si fonda sull’opposizione dei ruoli e si
gioca spesso sui temi dell’invidia e della gelosia. Quando la
volpe è assente, il lupo non esita a metterla in cattiva luce
agli occhi del leone, ma l’astuzia dell’antagonista è fatale per
il nemico (cfr. la citata favola di Esopo 205 Ch.); l’invidia
della volpe per la ricchezza del lupo porta entrambi in rovina
(Romulus 56). Capita anche che il lupo e la volpe si
presentino insieme al tribunale della scimmia, in una favola
che riprende l’antico tema dell’arbitrato di origine
mesopotamica: la loro fama è screditata, l’esito della contesa
negativo per entrambi gli animali (Fedro 1,10). Anche in
altre narrazioni il lupo appare animale dalla reputazione
compromessa, e la sua apparente generosità viene sempre
smascherata: ad esempio, il cavallo della favola 225 Ch.
coglie subito l’ipocrisia della belva, che si finge benevola nei
suoi confronti. Più problematico è, invece, il rapporto con il
cane. I due animali condividono una comune origine, ma
sono separati da una condizione inconciliabile: l’uno vive in
libertà, l’altro è schiavo dell’uomo (Esopo 226 Ch.). Inoltre,
militano su fronti opposti (Esopo 216 Ch); quando scendono
in battaglia, l’eterogeneità dei cani, diversi per razza e
caratteristiche, rappresenta uno svantaggio rispetto alla
compattezza dei lupi. Una delle situazioni più ricorrenti della
favolistica è quella che vede protagonisti il lupo, da un lato, e
il gregge difeso dal pastore, insieme al cane, dall’altro.
Questo schema prevede la variante del lupo accolto
dall’uomo (cfr. 313; 314; 315 Ch.): l’animale è irriconoscente
e malvagio, simbolo dell’immutabilità della natura
individuale, tema assai caro alla pessimistica visione esopica
del mondo. Il lupo non teme il cane bensì il suo padrone
(Sintipa 38), anche se l’animale sa sopperire alle distrazioni
dell’uomo, quando la belva entra nella stalla, avvertendolo
(Esopo 317 Ch.): la narrazione sembra trovare un vago
riscontro nell’immagine plautina dei «cani che spingono con
astuzia il lupo in trappola» (Poenulus 648 s.) e si può forse
porre in relazione con il proverbio «Il lupo in trappola» (Tosi
1991, 128). Tale immagine delle pecore e dei lupi è
ricorrente nella Bibbia, dove si possono trovare alcune
situazioni che presentano affinità con la favolistica: il lupo
che indossa la pelle di pecora (Niceforo Basilace, Esercizi
preparatori 1,4) ricorda i profeti che sono come lupi
travestiti da pecore (Vangelo di Matteo 7,15). Il superamento
dell’eterna inimicizia tra lupo e agnello (cfr. Isaia 11,6-9) si
ritrova nella favola utopistica del regno del leone, che
presenta il raggiungimento della giustizia reciproca tra lupi
e pecore (Esopo 195 Ch.). Alcuni proverbi, come il celebre
Lupus in fabula (v. sotto), sembrano collegabili con
narrazioni esopiche (in questo caso, il lupo e la vecchia:
Esopo 223 Ch.), a testimonianza dell’incisività,
nell’immaginario popolare, delle diverse situazioni che
riguardano questo animale. Nella tradizione favolistica non
manca nemmeno un divertente riferimento al tema della
licantropia (Esopo 301 H.-H.).






Bibliografia


Stocchi C. Dizionario della favola antica, BUR, 2012

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