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Morte




Figlio dell’Erebo e della Notte, fratello gemello di Ipno (il
sonno), Thanatos è insensibile a ogni genere di pietà e di
commozione. Viene incatenato da Sisifo, ma è liberato da
Zeus. Compare anche nell’Alcesti di Euripide.
La personificazione della morte si trova in una sola favola
(Esopo 78 Ch.), all’insegna del primum vivere, tema caro ai
cinici. Un vecchio la invoca per l’insopportabile peso della
legna che sta portando: quando Thanatos compare, l’uomo
dice che l’invocazione dipendeva dall’esigenza di essere
aiutato a trasportare il carico. Secondo Adrados 2003, 82, si
tratta di una resa favolistica di un passo di Euripide (Alcesti,
669 ss.), in cui si sottolinea che gli anziani fingono quando
invocano la morte, in quanto nessun uomo vuole morire,
quando è vicina la fine, e nemmeno la vecchiaia pare più un
fardello. Oltre a questa favola, va sottolineato che, secondo
quanto riferisce Quintiliano nell’Institutio oratoria (9,2,36),
Ennio nelle sue satire avrebbe presentato una contesa tra la
Vita e la Morte (fr. 20 V.2), secondo uno schema simile a
quello di altre favole (cfr., ad esempio, Esopo 1 Ch.: il
conflitto tra i Beni e i Mali). In generale, invece, il tema della
morte è assai ricorrente nella tradizione esopica, soprattutto
come inevitabile esito del conflitto tra potenti e umili (si
pensi solo alla celebre narrazione del lupo e dell’agnello, che
apre il primo libro delle favole fedriane).






Bibliografia


Stocchi C. Dizionario della favola antica, BUR, 2012

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