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Narcisismo




Il giovane Narciso del mito greco non vuole concedere a nessuno il proprio amore; specchiandosi in uno stagno, però, è talmente affascinato dall’immagine di sé stesso che, per accarezzare il proprio volto, cade in acqua e affoga. La sua storia diviene simbolo, nella psicoanalisi, di un eccessivo amore per sé stessi che può portare anche a isolarsi dalla realtà e dagli altri

Il racconto del mito

Figlio del fiume Cefiso e della ninfa Liriope, il bellissimo Narciso è dedito alla caccia e alla cura dei suoi cavalli. Sprezzante dell’amore, rifiuta tutte le proposte dei numerosissimi innamorati e innamorate che lo desiderano. Con la sua folgorante bellezza suscita infatti l’amore di ragazzi e ragazze: quasi un’attrazione universale, che ferisce rovinosamente chiunque. Secondo alcune versioni del mito l’innamorato che più tragicamente subisce il fascino di Narciso è Aminia, che si uccide con la stessa spada regalatagli dal giovane, invocando però prima di morire la vendetta di Eros, dio dell’amore.

Secondo altre versioni è la ninfa Eco (a sua volta condannata da Giunone a poter solo ripetere la voce altrui, perché con le sue chiacchiere l’aveva distratta dalle infedeltà di Giove) a innamorarsi perdutamente di Narciso. Lo insegue e lo rincorre per tutti i boschi della Beozia, ma il giovane fugge e grida: «Preferisco morire piuttosto che darmi a te!». Eco ripete «… darmi a te! … darmi a te!». Distrutta dall’amore, Eco non vuole più toccare cibo, finché la sua sostanza corporea svanisce e la ninfa diviene un’entità immateriale che fa solo sentire la voce ripetuta di chi ascolta.

In ogni caso, chiunque sia stato a invocare la vendetta di Eros su Narciso, la sua fine è segnata. Il giovane, mentre si specchia in uno stagno, si innamora magicamente proprio di sé stesso, e nell’intento di abbracciare la propria immagine o accarezzare il proprio volto riflesso cade in acqua e affoga.

Il bellissimo fiore che abita gli ambienti umidi, vicino agli stagni, e che sembra piegare la testa verso il basso, come a specchiarsi, prenderà proprio il nome di narciso.

Dal mito di Narciso al narcisismo

Nel mito greco di Narciso sono implicati diversi significati, folcloristici e antropologici.

Innanzi tutto c’è la credenza superstiziosa secondo cui l’atto di guardarsi allo specchio costituisce un pericolo, un mettere in gioco la propria vita. Soprattutto negli stagni, popolati nel mondo antico da ninfe e creature magiche, è pericoloso affacciarsi: le ninfe, infatti, potrebbero innamorarsi dei giovani di bell’aspetto e trascinarli in acqua.

Negli epitaffi greci di fanciulli annegati in corsi d’acqua si legge spesso che i giovani sono stati «rapiti dalle ninfe» per la loro bellezza. Quando Narciso si specchia conosce per la prima volta sé stesso, o meglio il suo aspetto esteriore. Ma questa conoscenza è ingannevole, perché si ferma all’apparenza – pur bellissima – della forma. Non coglie la sostanza. Anche questo binomio realtà/apparenza è insito nel mito di Narciso, e sarà sviluppato in età cristiana da chi leggerà nella sorte del giovane, innamoratosi delle apparenze dell’amore, la punizione divina per non aver mirato alla vera natura del bene.

Il termine narcisismo viene utilizzato in psicologia per indicare l’amore, normale o patologico, verso sé stessi. È stato lo psichiatra tedesco Paul Nacke a usarlo per la prima volta per riferirsi ai commenti dello psichiatra Havelock Ellis che per primo (1898) mise in relazione il mito di Narciso con un caso di autoerotismo patologico: il soggetto, cioè, tratta il proprio corpo come oggetto sessuale, come fonte di desiderio e di piacere. In psicoanalisi, anche Sigmund Freud considerò il narcisismo alla base di alcune perversioni sessuali, ma ne approfondì il significato e lo applicò a fenomeni diversi.

La teoria di Freud

Secondo la teoria di Freud, l’amore di sé precede l’amore per gli altri. Nel suo saggio Introduzione al narcisismo (1914), infatti, Freud definì narcisismo primario uno stadio precoce dello sviluppo nel quale il neonato non è ancora in grado di stabilire un vero rapporto con gli altri e di provare amore e attenzione per chi si occupa di lui. Il piccolo è tutto concentrato sulle proprie sensazioni, immerso in una sorta di smodato amore di sé. Il prototipo di questa condizione sarebbe rappresentato dalla vita intrauterina, e il sonno ne rappresenterebbe una sorta di riproduzione.

Quando il bambino diventa capace di distinguere le persone che lo allevano e di stabilire un rapporto con chi si prende cura di lui, rivolge loro una parte della sua capacità di attenzione e di amore, ma una quota di narcisismo rimarrà per sempre, come sano e benefico amore per la propria persona, base indispensabile per costruire l’autostima. Il narcisismo normale conduce a ideali e scelte mature, al desiderio di realizzare le proprie aspirazioni e di migliorarsi, al rispetto per sé stessi e per gli altri, a una giusta cura di sé e del proprio aspetto. I genitori alimentano con l’espressione del loro amore e del loro gradimento il sano narcisismo dei figli. Con l’inizio della vita sociale anche la benevolenza degli altri, i successi e i riconoscimenti funzionano come gratificazioni narcisistiche, cioè come importante rinforzo della autostima. Al contrario, la mancanza di amore e di considerazione, gli insuccessi e gli abbandoni producono ferite narcisistiche: offese all’autostima, sentimenti dolorosi di insicurezza, talvolta difficilmente superabili.

Altre forme di narcisismo

Narcisismo secondario è invece per Freud, la condizione nella quale gli affetti e le passioni vengono ritirate dai rapporti e ricondotte su sé stessi, come accade, pian piano, nei confronti di una persona che si è perduta o in alcune forme di grave malattia mentale in cui la capacità di rapportarsi con gli altri e con la realtà viene meno. In psicoanalisi oggi si chiamano sindromi narcisistiche i disturbi della personalità nei quali un tratto essenziale è rappresentato da una estrema difficoltà o incapacità di stabilire rapporti, di provare autentico interesse e amore per gli altri.

Il narcisista sente e vive sé stesso come il centro dell’Universo, utilizzando gli altri per soddisfare le esigenze dello smisurato interesse che nutre per sé stesso. Profondamente insicuro, nonostante la sopravvalutazione di sé stesso, il narcisista dipende in modo esagerato dal giudizio degli altri ed è alla ricerca di continua approvazione. Incapace di autentico amore e di empatia – vale a dire la capacità di porsi nella situazione di un’altra persona – instaura relazioni narcisistiche con persone che, inconsciamente, sceglie sulla base di somiglianze con sé stesso e che utilizza, proprio come nel mito di Narciso, per amare la propria immagine riflessa in un rapporto apparente. Nella società contemporanea il narcisismo non è più diffuso che in altri tempi, ma appare più evidente ed è costantemente alimentato dai miti attuali della bellezza a tutti i costi, della eterna giovinezza e dell’apparire.






Bibliografia


da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it

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