Narciso
Figliuolo
del fiume Cefiso e di Liriope. Era di bellezza straordinaria, e siccome
riuniva in sè le attrattive d'ambo i sessi, così fu del pari amato dai
giovani e dalle fanciulle; ma egli era insensibile e pieno di tanta
vanità, che nessuno potè piacergli. Un certo Aminia, che egli aveva
sprezzato più degli altri, quantunque lo amasse di più, per
disperazione si uccise, pregando gli Dei di vendicarlo. Possa egli
amare, disse in atto di collera, una delle donzelle ch'egli aveva più
delle altre disdegnato, e non possedere giammai l'oggetto delle sue
tenerezze! La qual cosa poco tempo dopo si verificò. Avendo un giorno
veduta la propria imagine nelle acque di una fontana, se ne innamorò
talmente, che non potendosi allontanare dallo specchio d'acqua, nè
godere l'oggetto dell'amor suo, poiché inutilmente sforzavasi di
afferrare la propria imagine immergendo nella fontana le braccia, e
così egli morì consunto dal dolore ; e fu cangiato in un fiore bianco e
giallo detto narciso. Dicesi che le Naidi e le Driadi gli avevano
preparato un rogo, e mentre erano in procinto di prendere il suo corpo,
non trovarono che il fiore citato. La mania di specchiarsi accompagnò
Narciso fino nel Tartaro, ove sta sempre guardandosi nelle acque dello
Stige.
Fiore che era creduto grato ai morti, forse per la infelice fine del
giovinetto in esso cangiato; perciò gli antichi ne facevano ghirlande
alle Furie infernali. Vedi. Amor proprio — Corona di laña e di narcisi
— Fatuità — Plutone — Vanità.
Bibliografia
Ronchetti G., Dizionario illustrato dei simboli, Hoepli, MIlano, 1928