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Il meccanismo del naturalismo




Il naturalismo, mentre canta il progresso, mentre osserva, affascinato, lo sviluppo del meccanicismo, offre una visione profondamente pessimistica e critica del mondo. Riconosce ciò che deve alla filosofia di Schopenhauer, "che rovesciò credenze, speranze, poesia, chimere" (Maupassant) e che "gridò nella sua indignata misericordia: "Se un Dio facesse questo mondo, non vorrei essere quel Dio; la miseria del mondo mi strapperebbe il cuore" (Huysmans).

Queste scelte e questo metodo introducono in letteratura una precisione e un rigore che sviluppano le sue autentiche potenzialità sociologiche: Marx è ancora poco conosciuto, né Durkheim né Freud si sono ancora manifestati, e il romanzo naturalista si sta facendo strada attraverso spazi che presto conquisterà. Poiché Zola e i suoi amici non ripetono la lezione di Balzac, che mette al centro di tutto l'individuo, ma dipingono ciò che costituisce, aliena e generalizza queste "singolarità" all'infinito. Proprio questa rassicurante singolarità psicologica scompare, e l'eroe cambia status: colto nella complessità della sua iscrizione sociale, dotato di un temperamento (e non più un personaggio) passivo di fronte alle vittime che lo schiacciano, si lascia trasportare dalla moderna figura del Fato, l'implacabile determinismo. Inoltre, si mostra sullo sfondo della folla moderna, nella sua impotenza a pensare al nuovo rapporto tra uomo e macchina, plasmato dalla modernità tecnica che gli viene imposta. È in quello che era tradizionalmente il luogo dell'antieroismo per eccellenza - il popolo, buono per i romanzi "comici" o picareschi, ma non per i "grandi" romanzi - che il naturalismo cerca i suoi eroi: dall'oscuro, i senza-rango, gli operai, i piccoli funzionari irrisori, fino alle storie deplorevoli, anche se Zola sostiene, nel Romanzo Sperimentale, che "la natura non è tutta nel lavoratore, è anche nella natura che dipinge". La messa in scena di questi tipi accentua il versante manicheo sul quale il naturalismo è già "naturalmente" posto, e riporta il romanzo ai tempi lontani dell'epopea, quando i campi erano chiaramente separati in buoni e cattivi, giusti e ingiusti, forti e deboli. Ma questo ritorno dell'epopea è legato solo a contenuti, di fatto ideologici, e non produce nulla di grande, necessario, fondante: al contrario, fallimenti, aborti, disperazione. E, soprattutto, dimentica che la scrittura non è il veicolo immediato e chiaro di "realtà" trasparenti, immediatamente determinabili.





Bibliografia


www.larousse.fr/encyclopedie

tradotto con l'ausilio di www.deepl.com

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