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Erich Neumann
Erich Neumann
NEUMANN ERICH, n. a Berlino il 23 gennaio 1905, m. a Tel Aviv il 5 novembre 1960. Dopo la laurea in Filosofia conseguita nel 1927, intraprende gli studi di medicina, ma gli eventi bellici non gli permettono di presentare la dissertazione finale. Ad Amburgo gli viene poi conferita la laurea in Medicina quale riconoscimento per la sua opera Storia delle origini della coscienza. Nel 1933, lasciata la Germania, si rifugia in Svizzera e inizia un’analisi didattica con C.G. Jung. Si trasferisce in seguito a Tel Aviv, dove comincia a esercitare la professione. Fondatore della Israel Association of Analytical Psychology, può essere considerato uno dei più creativi esponenti del pensiero junghiano. Pur nel rispetto delle tesi di C.G. Jung, N. si distingue per l’originalità dei suoi lavori. Muovendosi dai mitologemi della tradizione egizia, ebraica e greca, letti nei loro aspetti simbolici, N. mostra come la coscienza scaturisca dal mondo inconscio, sviluppandosi attraverso specifiche fasi. L’attenzione viene posta sui nessi tra filogenesi e ontogenesi, tanto che gli archetipi sono da N. desunti come tappe del percorso genetico dell’umanità. È possibile dunque riferirci a "stadi mitologici dello sviluppo della coscienza" che iniziano in una fase in cui l’Io è contenuto nell’inconscio – stadio uroborico – per giungere all’autonomia dell’Io. Lo sviluppo sarebbe determinato sia da una disposizione all’autoconfigurazione sia dal processo di "centroversione", inteso come "tendenza di una totalità a creare l’unità nelle sue parti". L’Io si troverà al termine del processo al centro della coscienza, mentre il Sé sarà il centro della psiche. L’asse bipolare che collega continuamente l’Io al Sé, si configura quale direttrice della crescita. L’uccisione simbolica di entrambi i genitori, consentirà all’Eroe di separarsi dalla dimensione uroborica, attraversando le fasi della lotta con il drago e la liberazione della principessa, per giungere al tesoro. Se Storia delle origini della coscienza rappresenta il dispiegarsi della coscienza maschile, quella femminile è espressa compiutamente da N. nel testo La Grande Madre. Quest’ultima viene assunta nella bipolarità dell’archetipo, Madre buona e Madre terrifica, tendenze opposte che cooperano al culmine dello sviluppo. La Grande Dea "è l’incarnazione del Sé femminile che si sviluppa nella storia dell’umanità, così come nella storia di ogni singola donna". L’approccio genetico di N. si conclude con uno scritto rivolto alla relazione madre-bambino. Il Sé infantile emergerebbe dalla madre, intesa come totalità. Gravi carenze della madre farebbero insorgere un "senso di colpa primario", fonte del vuoto interiore. L’angoscia che ne deriva conduce l’individuo, a scopo difensivo, verso soddisfazioni narcisistiche. È qui che termina la ricerca di N., una ricerca indirizzata nel tempo anche ad altri importanti aspetti come la creatività, l’arte e la letteratura; N. prospetta sempre una interpretazione psicologica, suffragata da mitemi, immagini primordiali e pratiche arcaiche che ci dimostrano come il suo lavoro non sia solo rivolto alla specificità del singolo individuo, ma all’umanità tutta.
Bibliografia
Carotenuto, A. (a cura di), Dizionario bompiano degli psicologi contemporanei, Bompiani, Milano, 1992