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Omosessualità




Il termine omosessualità (composto dal prefisso omo-, dal greco ὁμός, "uguale", e sessualità) indica l'orientamento del desiderio sessuale verso individui dello stesso sesso. Per ragioni di opportunità, si distinguono abitualmente un'omosessualità esclusiva, che non permette alternative di scelta sessuale, un'omosessualità occasionale o di compensazione, con riferimento ai casi in cui non è disponibile nessun altro oggetto sessuale, e infine un'omosessualità relativa, chiamata anche bisessualità, che rende conto dell'ampio continuum dell'orientamento sessuale, che va dall'eterosessualità esclusiva all'omosessualità esclusiva.

sommario: 1. Cenni storici. Definizioni e modelli. 2. Omosessualità maschile. 3. Omosessualità femminile. □ Bibliografia.

1. Cenni storici
La relativa tolleranza con cui oggi si guarda all'omosessualità è un atteggiamento molto recente; ha iniziato infatti a diffondersi solo pochi decenni fa. Tuttavia, l'omosessualità ha una storia, poco conosciuta, che dimostra come essa sia sempre esistita, in qualsiasi società e indipendentemente dalla diversità di comportamenti e giudizi che a essa si opponevano. L'Occidente antico, nella maggior parte dei casi, ha giudicato con riprovazione e di frequente ha condannato severamente questa tendenza sessuale. La morale ebraica la vietava: secondo il Levitico (20, 3), un uomo che tiene con un altro uomo lo stesso comportamento che si usa tenere con le donne commette un peccato che merita di essere punito con la morte di entrambi. La morale romana non era più tollerante in proposito e l'omosessualità era oggetto di riprovazione e di punizione.
Di contro, è soprattutto il modello della Grecia antica, tanto invocato dai difensori della 'libertà' omosessuale, che attrae l'interesse (Foucault 1976), anche a causa della sua complessità. Durante il periodo compreso tra il 5° e il 2°secolo a.C., l'idealizzazione della bellezza maschile e lo status di inferiorità della donna, in modo particolare per quanto concerneva le attività intellettuali, consentì il riconoscimento della liceità dei comportamenti omosessuali maschili, nella misura in cui essi non costituivano un impedimento né al matrimonio né alla procreazione. Siamo quindi molto lontani dall'idea semplicistica secondo la quale nella Grecia classica vigeva una totale liberalizzazione dell'omosessualità. Due casi particolari testimoniano il suo valore ideale e la sua utilità sociale come tendenza che rafforzava la coesione del gruppo: sembra che l'omosessualità fosse incoraggiata negli ambienti militari quale incentivo a una condotta più valorosa durante i combattimenti e, soprattutto, nelle relazioni pedagogiche con i giovinetti, donde il termine pederastia. Questa relazione tra un adulto e un adolescente, il mentore e l'amante, aveva una dimensione iniziatica sia sul piano delle idee e della cultura, sia su quello del corpo e della sessualità, che si fondava sulla credenza secondo cui la virilità viene trasmessa simbolicamente attraverso lo sperma di un adulto. Divenuto a sua volta adulto, l'adolescente si sposava e in seguito poteva scegliersi un amante del suo stesso sesso (Allgeier-Allgeier 1998). Dell'omosessualità femminile nella Grecia antica, invece, non sappiamo nulla, a eccezione di quanto possiamo desumere da alcune liriche di Saffo, che rivelano l'esistenza di relazioni amorose tra donne dell'isola di Lesbo tra il 7° e il 6° secolo a.C.
Successivamente, gli atteggiamenti nei confronti dell'omosessualità furono molto diversi a seconda delle epoche: l'inizio del Medioevo corrispose con un periodo di repressione, durante il quale l'omosessualità veniva punita con la tortura e perfino con la morte; tra l'11° e il 12° secolo vi fu un periodo di maggiore liberalismo; il 13°e il 14° videro scatenarsi la persecuzione; infine, fino al 20° secolo, prevalse un atteggiamento di condanna. L'accettazione dell'omosessualità è quindi, come già detto, fenomeno recente.
Uno degli eventi che hanno segnato una svolta in quest'evoluzione è rappresentato dalla pubblicazione del cosiddetto rapporto Kinsey (Kinsey 1948), a cui, tuttavia, vanno attribuiti alcuni errori metodologici. Alla domanda "Ha mai avuto un'esperienza omosessuale, anche limitata a un solo episodio?", il 37% degli intervistati, vale a dire un individuo su tre, rispose affermativamente, cosa che contribuì per molto tempo ad accreditare l'importanza della lobby omosessuale americana. Kinsey ha avuto comunque il merito di aver rivelato la realtà sociologica dell'omosessualità, anche se studi più recenti e tecnicamente più affidabili ne hanno ridotto l'importanza. Secondo questi ultimi, infatti, nella maggior parte delle società occidentali, gli omosessuali esclusivi rappresentano l'1% circa della popolazione, mentre le omosessuali esclusive lo 0,4% (Spira 1993). Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta del 20° secolo, la repressione è terminata ma gli animi non si sono placati: il rifiuto dell'omosessualità, detto anche omofobia, è un sentimento largamente diffuso: il 78% degli americani giudica ancora inaccettabili le relazioni omosessuali (Davis-Smith 1984). La nascita del movimento gay sembra aver favorito una presa di coscienza riguardo alla realtà omosessuale, ma ha anche fatto sorgere nuove resistenze verso un gruppo oggi non più emarginato dalla società.

2. Definizioni e modelli
In via preliminare bisogna chiarire un punto fondamentale, quello della valutazione dei comportamenti dei preadolescenti con partner dello stesso sesso. Nel corso del periodo di 'latenza', l'intimità tra ragazzi e ragazze è difficilmente tollerata, mentre i giochi tra partner dello stesso sesso sono socialmente più accettati. L'apprendimento delle interazioni corporee, che ha inizio nel corso di questa fase di curiosità sessuale e di verifica, attraverso l'esperienza, delle teorie sessuali infantili, è condizionato da questa stessa regola. Per riaffermare la sua identità e la sua scelta sessuale, il preadolescente si confronta con la realtà del corpo dell'altro, ma questo corpo accessibile spesso appartiene a un individuo del suo stesso sesso, prima di essere progressivamente sostituito, quando il gioco degli incontri lo avrà reso possibile, da un corpo di sesso diverso. In questi casi, tuttavia, non si può parlare di omosessualità.
A. Kinsey (1948) osserva: "dalle nostre indagini risulta che, nel complesso, l'attività omosessuale si riscontra più frequentemente, viene svolta più spesso ed è più specifica nel bambino dell'attività eterosessuale nel preadolescente [...]. La metà circa dei maschi adulti (48%) e i due terzi circa dei ragazzi (60%) ricordano di avere avuto un'attività omosessuale nel corso della preadolescenza". Un'approfondita inchiesta di A.L. Spira (1993) pone in evidenza con chiarezza questa evoluzione che caratterizza l'adolescenza: su più di 6000 giovani di età compresa tra i 15 e i 18 anni, il 14,9% dei ragazzi e il 19% delle ragazze che non hanno mai avuto un'esperienza sessuale affermano di essere attratti da persone dello stesso sesso; tra coloro che hanno avuto un'esperienza sessuale, invece, la percentuale di quelli che seguitano ad affermare di sentirsi attratti da persone dello stesso sesso scende al 4% per i ragazzi e al 7% per le ragazze; in seguito, solo l'1,4% dei ragazzi e l'1,3% delle ragazze affermano di avere avuto anche una sola volta una relazione omosessuale, e, infine, la percentuale di coloro che affermano di avere relazioni omosessuali esclusive sarà dello 0,3% per i ragazzi e dello 0,1% per le ragazze (Bajos et al. 1998).
Questi dati possono essere interpretati in due modi: da una parte, si può ritenere che questa evoluzione dei comportamenti indichi una progressiva stabilizzazione verso una sessualità adulta a forte maggioranza eterosessuale e che quindi la percentuale degli omosessuali esclusivi rappresenti l'1% della popolazione; dall'altra, la si può leggere come il riflesso di un orientamento iniziale molto più consistente, il 10% circa, di preferenze omosessuali, che viene ridotto sia dalla pressione sociale sia dai tentativi di conformarsi al comportamento della maggioranza. Quest'ultima ipotesi consentirebbe di spiegare la presa di coscienza tardiva della loro omosessualità da parte di uomini e donne, i quali vivono da molto tempo all'interno di coppie eterosessuali. Allo scopo di spiegare la varietà dei comportamenti sessuali dell'adulto nonché la complessità della scelta sessuale, Kinsey ha ripreso il concetto di bisessualità, indicando una scala dell'orientamento sessuale che prevede 7 gradi, i quali vanno dall'eterosessualità esclusiva all'omosessualità esclusiva, passando al centro per la bisessualità, e per posizioni intermedie che esprimono il grado di preferenza per l'uno o l'altro di questi orientamenti. A questa descrizione esclusivamente comportamentale si contrappone l'orientamento psicodinamico dell'omosessualità, privilegiato in ambito psicoanalitico, a prescindere dal fatto che essa si realizzi o no nella pratica. A. Freud sottolineava, per es., l'importanza delle fantasie che si presentano durante la masturbazione, le quali, a suo parere, determinano l'orientamento sessuale. Ma la questione più ampia da affrontare è quella dell'identità, dal momento che il problema dell'orientamento sessuale è solo una fase del processo di definizione del Sé.
Due modelli teorici contribuiscono attualmente alla nostra comprensione dell'omosessualità: il modello biologico e il modello psicoanalitico.
a) Modello biologico. Nella maggior parte delle specie animali, e soprattutto nei Mammiferi, si riscontrano comportamenti sessuali con partner dello stesso sesso, tenuti, di solito, in circostanze particolari: ne è un esempio l'atteggiamento di sottomissione, espressione di un rituale di pacificazione, per il quale un maschio assume, nei confronti di un altro maschio, una postura femminile e accetta di farsi montare. Tuttavia, nel mondo non umano, non si riscontrano comportamenti omosessuali autentici e stabili. Alcune ricerche biologiche condotte sulla parte mediana ipotalamica preottica, che nei transessuali e negli omosessuali appare più ridotta e presenta una morfologia femminile, dimostrerebbero che l'omosessualità è un'anomalia dello sviluppo del sistema nervoso (Asscheman-Gooren 1996). Gli argomenti biologici non sono tuttavia sufficienti a spiegare l'orientamento sessuale e, soprattutto, non tengono conto della storia del soggetto, da cui spesso emerge un episodio della prima infanzia che può avere determinato l'orientamento della libido.
b) Modello psicoanalitico. Si fonda in primo luogo sulla teoria freudiana, delineata nei Tre saggi sulla teoria della sessualità (1905), in cui ci si riferisce all'omosessualità con il termine inversione; tale teoria sarà ripresa e sviluppata in saggi successivi. Questa lettura è caratterizzata da un'idea guida: l'impossibilità del bambino di identificarsi con il genitore dello stesso sesso, sia questi assente, annullato o inaccessibile. L'omosessuale cerca nel partner un altro sé stesso che gli restituisca la propria immagine e lo rassicuri sulla propria identità. Il frequente ricorso a pratiche masturbatorie da parte degli omosessuali testimonia questo desiderio di un altro sé stesso; l'avvicinamento a un simile non sembrerà così troppo minaccioso per l'investimento della libido. La psicogenesi dell'omosessualità è complessa e sembra organizzarsi attorno a quattro movimenti libidici: l'impossibilità di identificarsi con il genitore dello stesso sesso; l'attaccamento al genitore di sesso opposto; la lotta contro il complesso di castrazione (v. complesso); il narcisismo che impedisce di eludere questa problematica. Tuttavia, alcuni punti di questa teoria devono essere criticati: il narcisismo e la lotta contro la castrazione non sono caratteri specifici dell'omosessualità e non sembrano essere meno attivi nei soggetti non omosessuali. Si conosce, infine, una grande varietà di organizzazioni inconscie e questa trama conflittuale rappresenta un modello insufficiente.

3. Omosessualità maschile
Le sfaccettature dell'omosessualità maschile sono molteplici: può essere esclusiva, relativa, occasionale, accidentale, dello scapolo, dell'uomo sposato, amichevole, immaginata, estetica, intellettuale, letteraria. Si può inoltre fissare su un oggetto preciso, su un adolescente, su un uomo maturo, su un uomo anziano, o ancora, nel caso della pulsione pedofila, su un bambino impubere (v. pedofilia).
In Psicologia di massa e analisi dell'Io (1921), Freud precisa il suo scenario della genesi dell'omosessualità maschile. Durante l'adolescenza, il ragazzo, legato a sua madre da un forte legame edipico, per liberarsi dal quale dovrebbe scegliere un altro oggetto d'amore, cambia bruscamente orientamento e trova un'altra soluzione al problema: invece di rinunciare alla madre, s'identifica con lei, si trasforma in lei e cerca degli oggetti che possano sostituire il suo Io, oggetti da poter amare e di cui potersi prendere cura come ha fatto sua madre con lui. Questa identificazione parziale, che gli evita di confrontarsi con la castrazione, è dettata da un'esigenza autoprotettiva. La madre virile, castratrice, impedisce al figlio di esprimere la sua virilità, così come lo impedisce al marito. Così, il ragazzo, non potendo far riferimento al padre, rimane attaccato in modo infantile a questa madre dominatrice, o a una madre idealizzata e inaccessibile al punto che nessun'altra donna potrebbe esserle rivale.
Le relazioni omosessuali maschili si riducono, nella maggior parte dei casi, a brevi incontri con un partner sconosciuto che non si vedrà mai più. Queste relazioni maschili furtive sono caratterizzate dalla clandestinità e assomigliano ai comportamenti degli adolescenti quando temono di essere rimproverati dai genitori. Pochi omosessuali stringono relazioni passionali, e, quando formano una coppia che dura nel tempo, questa non è diversa dalla coppia eterosessuale in cui ciascuno assume un suo ruolo, maschile o femminile. Un più ampio riconoscimento del loro status consente oggi agli omosessuali maschi di vivere apertamente il loro rapporto.

4. Omosessualità femminile
L'omosessualità femminile è più discreta, colpisce meno l'immaginazione, è più frequente di quanto le inchieste non lascino apparire e può assumere molteplici forme: affetto profondo, aiuto reciproco, militantismo femminista, amicizie intellettuali, vicinanza corporea, intimità amorosa e legame stabile. Il gioco delle identificazioni è molto diverso da quello vissuto dal ragazzo. La madre e la figlia appartengono allo stesso sesso e l'attaccamento infantile alla madre è essenzialmente omosessuale. Possono essere quindi osservati due aspetti: la debolezza dell'immagine materna impedisce spesso alla ragazza di identificarsi con la madre come donna amata dal padre; l'importanza eccessiva dell'immagine del padre (che può suscitare paura, odio, essere rifiutata oppure troppo amata) provoca la regressione e ostacola le possibilità di amare un altro uomo. Non è raro riscontrare l'esistenza di relazioni incestuose con un padre o con un fratello nella genesi di questo 'evitare' il sesso opposto. La donna omosessuale s'identifica con il desiderio dell'uomo, ma non con il suo oggetto: rifiuta, dunque, di essere desiderata dal maschio poiché è rimasta fissata alla madre, a uno stadio dello sviluppo affettivo che precede quello della differenziazione sessuale. L'omosessualità appare, quindi, come una forma di economia interna diretta a rimarginare una ferita ancora troppo minacciosa. È importante che le società evolute non impongano coercizioni esteriori a coloro che hanno trovato un equilibrio, a volte precario, contro le loro coercizioni interiori.




Bibliografia


da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it

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