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Orfeo




Mitico poeta originario della Tracia, è ritenuto figlio di
Eagro e di Calliope o, secondo altre tradizioni, di Apollo e di
Clio. Le sue gesta vengono narrate da numerosi poeti, tra cui
Apollonio Rodio, Ovidio, Virgilio. Il suo canto è tanto efficace
da commuovere le pietre e ammansire le belve. Molto noto è
l’episodio della sua discesa nell’Ade, per riportare alla vita la
moglie, la ninfa Euridice, morsa mortalmente da un serpente
mentre fuggiva dal pastore Aristeo. La dea Persefone, in
omaggio al meraviglioso canto, lo autorizza a portare a
termine la sua impresa, a patto che non si volti mai a
guardarla, nel corso del suo viaggio. Orfeo non riesce a
resistere e così la moglie tragicamente scompare. Orfeo va
anche con gli Argonauti nell’ambito dell’impresa del vello
d’oro. Dalla sua figura trae origine l’orfismo, una religione
misterica piuttosto diffusa nel mondo antico.
Rappresentato, secondo la tradizione, in relazione alla
meravigliosa armonia della sua musica, Orfeo compare in
una sola favola, narrata da Dione Crisostomo (32,66), che
spiega l’origine dei citaredi (v.). La dimensione mitologica
della storia lascia spazio all’aspetto comico, secondo una
tecnica narrativa che è spesso presente nelle favole degli
animali. Così, ad esempio, nella favola di Fedro (4,18 [19]),
che vede i cani, sfrontati, mandare un’ambasceria a Zeus.
Qui i cani vogliono mettersi allo stesso livello di un
inarrivabile eroe del mito. La trasformazione da animale a
uomo si trova anche in altre narrazioni, come in quella di
Prometeo che plasma uomini e animali, trasformando alcuni
di questi ultimi in esseri umani, destinati però a conservare
un’anima da bestie (Esopo 322 Ch.). Più frequente è la
metamorfosi inversa, da uomo ad animale, come nella
vicenda dell’agricoltore trasformato in formica da Zeus
(Esopo 240 Ch.) o degli uomini mutati in cicale (Platone,
Fedro 259b-d).






Bibliografia


Stocchi C. Dizionario della favola antica, BUR, 2012

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