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Pensiero e critica




Kant, nella Critica della Ragione Pura, si dà il compito di delimitare il conoscibile e l'inconoscibile. È necessario, in questo contesto, separare pensiero e conoscenza: il pensiero, a differenza della conoscenza, non si applica a determinati oggetti nell'esperienza senziente; la matematica, ad esempio, è un'attività di pensiero che non ha una diretta sanzione sperimentale. Non tutto ciò che è pensabile è quindi conoscibile.

Il lavoro di Bachelard estende questo esame critico della conoscenza a modo suo. Lo scienziato deve mettere da parte la sua affettività - le sue convinzioni - per avvicinarsi all'oggetto in modo imparziale. Occorre quindi distinguere tra il "pensoso", che si lascia trasportare da associazioni di idee, immagini e ricordi, e il "pensatore", che procede solo per rigorose sequenze deduttive (La psicoanalisi del fuoco, dell'acqua e dei sogni, 1942).

Il pensiero può quindi arrivare a riconoscere che c'è qualcosa di impensabile. Si decide di non riportare tutta la realtà al chiaro e distinto, all'obiettivo: la durata concreta, per esempio, quanto la melodia, il colore e le qualità sensibili sono vissute ma non pensate, come hanno dimostrato Bergson (Evoluzione Creativa) o Merleau-Ponty (Fenomenologia della Percezione, 1945).

Se il pensiero è la dignità dell'uomo, lo è proprio nella misura in cui permette sia l'accesso alla verità che il riconoscimento dell'inconoscibile: il pensiero maturo è preoccupazione esistenziale, consapevolezza di una ragione oltre la ragione (Heidegger, Essere e Tempo).





Bibliografia


www.larousse.fr/encyclopedie

tradotto con l'ausilio di www.deepl.com

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