Perpetuità
Cipresso; con cui gli antichi facevano le statue degli Dei, e ciò per la resistenza e incorruttibilità del suo legno. Plinio testifica che una statua di Giove fatta di cipresso 661 anni dopo l'edificazione di Roma, si conservava ancora ai suoi tempi. Platone ordinò che le leggi pubbliche, le cose fatte e i decreti si scrivessero su sacre tavole di cipresso, ritenendo egli quel legno più durevole del bronzo. Pietra. In Campidoglio, i Romani celebravano con onori divini un termine di pietra, che alcuni ritennero essere stato il sasso che Saturno non potè inghiottire per la sua grossezza, credendo di divorare Giove. Dicesi che Cassiodoro, avendo domandato a un indovino, quando l'impero dei Romani avesse fine, ebbe per risposta, quando cadrà il termine del Campidoglio; e aggiungendo che se mai ciò avvenisse, dopo 30.000 anni detto segno ritornerebbe in piedi. Tale termine era chiamato: del Campidoglio l'immutabile sasso. Sedia, che, presso gli Egiziani, era simbolo di perpetuità ed eterna quiete. Vedi Eternità.
Bibliografia
Ronchetti G., Dizionario illustrato dei simboli, Hoepli, MIlano, 1928