Pianto
Il pianto è un fenomeno espressivo di intensa affettività, con aumentata secrezione di lacrime, per lo più a crisi, provocato da stimoli psichici e da moti dell'animo (commozioni intense) legati a condizioni individuali e ambientali. Sembra tipico della specie umana, anche se è stato studiato sia nelle scimmie antropoidi (importante nella vita sociale), sia nel cane (guaito lamentoso in situazioni di noxa), sia nel pulcino (evitamento istintuale del restare solo).
Il pianto, che deve essere distinto dall'aumentato riflesso della lacrimazione, quale si verifica in seguito a irritazione del segmento anteriore dell'occhio e del naso in caso, per es., di congiuntiviti o raffreddore oppure a causa di stimoli chimici e fisici, è come il riso un fenomeno inquadrabile nell'ambito, qualitativamente ricchissimo, dei comportamenti espressivi. Dal punto di vista motorio esso risulta molto complesso: si attua attraverso il sistema neurovegetativo in stretto collegamento con i centri troncoencefalici e quelli ipotalamici e con i circuiti emotivi corticosottocorticali. Gli effettori parasimpatici giungono alla ghiandola lacrimale tramite il ganglio sfenopalatino. Gli studi attuali oltre all'aspetto espressivo del pianto sottolineano molto quello motivazionale, offrendo quindi largo spazio alle interpretazioni psicologiche. Il pianto appare fin dal momento della nascita come risposta massiva a bisogni somatici oppure a disturbi fisici; presto, tuttavia, assume molteplici connotazioni di significato. Con lo sviluppo, il controllo si fa sempre più efficace, per cui il pianto diviene sempre più indicativo di uno stato emotivo particolare, assumendo in tal modo notevole importanza in psicologia dell'età evolutiva. Come fenomeno espressivo il pianto rientra nel vasto campo della comunicazione non verbale, ed è decifrabile attraverso una mimica facciale specifica, con o senza movimenti d'accompagno, volontari o involontari.
Tra i vari tipi fenomenici vanno ricordati il pianto irrefrenabile, quello convulso, quello abbandonico, quello di sollievo, quello implorante, quello plateale (dimostrativo, 'pubblico', a volte chiaramente rituale, come nel caso delle prefiche), quello sforzato, rassegnato, di rabbia, di felicità, di gioia, di compartecipazione (non necessariamente scatenato dalla presenza di altri soggetti piangenti), di commozione, anche di fronte a situazioni indirette (per es., spettacoli, cerimonie ecc.), e infine il pianto tipico dell'età involutiva. Diversi sono il pianto ridotto, in tono minore - il quale può avere forma di piantarello (le latine lacrimulae), di piagnucolio, analogo a un piovigginare, lamentoso e poco espressivo, di piagnisteo, in sordina con progressivo distacco dal tono emotivo d'origine - e il pianto misto a riso, di frequente riscontro nei bambini. Ciò in netta contrapposizione con lo scoppio di pianto, in genere intenso e disperato, da empito emotivo di dolore, di rabbia, di intensa nostalgia, di caduta nella desolazione, spesso senza preavviso, a volte inesplicabile, non raramente sfogo prorompente di una tensione a lungo controllata.
Si hanno dunque fenomenicamente qualità e gradi differenti di pianto, cui sottendono diversità molteplici e sfumate dell'emozione scatenante, tematiche causali multiformi, risonanze a livelli affettivi differenziati, intenzioni comunicative quanto mai svariate ed espressioni mimiche più o meno mobili e palesi. Nettamente patologico è il pianto spastico, che non è quasi mai espressione di un'emozione dolorosa, ma è provocato da stimoli del tutto banali e inadeguati, talora persino piacevoli; si osserva perlopiù nella sclerosi multipla ed è tipico nella paralisi pseudobulbare, dove a volte coesiste con il riso spastico. Caratteristici sono il pianto lamentoso e monotono di alcuni cerebrospastici e quello gridato dell'idrocefalico o del disidratato gastroenterico; il cosiddetto pianto del coccodrillo è un sintomo legato alla paralisi del nervo facciale (lacrimazione da masticazione, chiamata impropriamente pianto). Pregnante e caratteristico è il pianto nel depresso-ansioso, nell'isterico, ma soprattutto nelle esperienze del lutto. Nello schizofrenico il pianto può essere inadeguato, difforme, inatteso, enigmatico, a volte distaccato oppure interrotto da risatine o sorrisetti. Di notevole interesse sono gli aspetti e i significati che il pianto riveste nelle diverse epoche e culture, dove assume le più varie configurazioni: dal pianto come lamentazione o gemito ritualizzato al compianto funebre delle già ricordate prefiche, al pianto di gruppo. Si può accennare, da ultimo, a tutta l'infinita gamma iconografica del pianto, dalle sculture e pitture medievali in poi, che ne conferma la posizione tra le espressioni antropologicamente più ricche della vita affettiva umana.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it