Home


Platone: filosofia




3. LA FILOSOFIA DI PLATONE

3.1. LA MAIEUTICA, O L'ARTE DI FAR NASCERE GLI SPIRITI
La forma dialogica che Platone ha dato ai suoi scritti non è giustificata solo dal ricordo delle interrogazioni che Socrate ha condotto; è anche legata - al di là dell'aneddoto - al metodo pedagogico che Platone presenta come patrimonio filosofico di Socrate, il "maieuto", l'ostetrica degli spiriti.

L'interrogatorio di Socrate porta l'interlocutore a rendersi conto che non sa quello che pensava di sapere. Così facendo, lo invita a spiegare ciò che ha in mente: se questa spiegazione, questa "consegna" è possibile, allora il pensiero dimostra la sua coerenza. Esprimere il pensiero è come una dimostrazione: se posso dire ad un altro ciò che penso, allora è dimostrato che il mio pensiero è davvero pensabile.

Questo test non è sufficiente a dimostrare che il pensiero è vero, ma almeno dimostra che è logico. Grazie a questa formulazione del pensiero nel linguaggio, il dialogo può avvenire.

3.2. DIALOGO E DIALETTICA
Platone concepisce il dialogo come una ricerca comune della verità, comune perché non appartiene a nessuno.

CONTRO I SOFISTI
In contrasto con i sofisti, che vedevano il dialogo come nient'altro che una giostra oratoria, una battaglia di monologhi la cui fine si limitava a mettere a tacere l'avversario, il dialogo platonico mira, infatti, a permettere ai partecipanti di accordare i loro discorsi alla verità.

I sofisti, come almeno li dipinge Platone, sono dei pragmatici per i quali conta solo il successo e che non si preoccupano di essere scrupolosi sui problemi: l'uomo, diceva Protagora, è la misura di tutte le cose.

Il platonismo, al contrario, afferma la trascendenza della misura. Non è per la difficoltà dei temi trattati
che i sofisti fanno sì che la maggior parte dei dialoghi a cui partecipano si concludano su un'aporia, ma perché le loro disposizioni erronee li portano a rifiutare la trascendenza senza la quale la parola verità non ha più alcun significato.

DALLA PROPRIA IGNORANZA
Chi parla non può dare la misura: può solo sottomettersi ad essa. Il dialogo platonico è una sorta di conversazione senza padrone, lo studioso (sophistês) non ha posto in esso, e fa solo una professione di ignoranza - una professione che costituisce il momento inaugurale della filosofia in quanto è amore (philia), quindi desiderio, quindi mancanza di conoscenza (sophia).

Ma di una conoscenza che è vera conoscenza, mentre quella dei sofisti, essendo dissociata dalla verità, è solo apparente. Il sofista non vuole sapere, vuole vendere ciò che spaccia per sua conoscenza. Se il motore del discorso sofista è finanziario, il motore del dialogo platonico è erotico: questo desiderio di verità in cui Platone mostra, insieme alla verità di ogni desiderio, il vero desiderio. Questo è ciò che, secondo il racconto del banchetto, Diozio avrebbe insegnato a Socrate: "La saggezza è tra le cose più belle ed è alla bellezza che l'Amore riconduce il suo amore; perciò segue che, necessariamente, l'Amore è un filosofo."

SUPERARE L'APPARENZA
Questa opposizione storica e metodologica tra Platone e i Sofisti ripropone l'opposizione tra due mondi (sensibili e intelligibili), e costituisce l'ossatura del sistema platonico.

I sofisti sono legati ai filodossi, letteralmente gli "amici d'opinione", i cui discorsi si basano su una conoscenza sensibile e apparente delle cose materiali. La filosofia, al contrario, sarà essenzialmente paradossale, contrapponendo la realtà alle apparenze e la scienza alle opinioni. Di conseguenza, il dialogo platonico sarà ogni volta un tentativo di superare la molteplicità delle apparenze e di accedere alla realtà intelligibile.





Bibliografia


www.larousse.fr/encyclopedie

tradotto con l'ausilio di www.deepl.com

Torna agli articoli