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Rappresentazione




Per rappresentazione si intende l'attività e l'operazione di rappresentare con figure, segni e simboli sensibili o con processi vari, anche non materiali, oggetti o aspetti della realtà. In psicologia il termine si riferisce al processo di trasformazione delle informazioni percettive provenienti dal mondo esterno in dati di conoscenza. I canali sensoriali elaborano gli input che ricevono dall'ambiente e producono elementi informazionali i quali, per poter essere utilizzati dalla mente umana, devono essere tradotti tramite un codice rappresentazionale. Ciò significa che per l'organismo umano è necessario trasformare dati fisici, prodotti dalla stimolazione costante a cui sono sottoposti i recettori sensoriali, in dati mentali o cognitivi. La modalità di trasferimento delle informazioni dal sistema percettivo a quello cognitivo costituisce un tema di estrema rilevanza e rimane tuttora oggetto di importanti discussioni.

sommario: l. Il sorgere della teoria rappresentazionale. 2. I modelli simbolici della teoria rappresentazionale. 3. I modelli connessionisti. □ Bibliografia.
 
l. Il sorgere della teoria rappresentazionale

Le origini della teoria rappresentazionale della mente risalgono a tempi di molto antecedenti la nascita della psicologia scientifica e possono essere rintracciate nella riflessione di R. Descartes sulla possibilità dell'uomo di conoscere indirettamente il mondo attraverso rappresentazioni interne. La questione cruciale, non ancora risolta anche in ambito filosofico, resta quella di poter identificare il rappresentante con il rappresentato, la possibilità cioè di accertare l'identità fra il mondo esterno e il mondo interno, che di esso è rappresentazione. Anche per quanto riguarda la psicologia, la discussione relativa al processo rappresentazionale non ha origini recenti: la scuola introspezionista di Würzburg ipotizzava, all'inizio del Novecento, che la verbalizzazione minuziosa delle caratteristiche di uno stimolo potesse permettere di conoscere quelle della sua rappresentazione mentale, oltre che di inferire le leggi del processo rappresentazionale grazie all'individuazione di regolarità e di costanti nelle descrizioni prodotte. Non fu solamente l'estrema difficoltà di tale tentativo a costringere la comunità scientifica a mettere in secondo piano il problema della rappresentazione mentale: negli Stati Uniti, la scuola comportamentista stava iniziando la sua ascesa egemonica nell'ambito delle discipline psicologiche. L'affermarsi del concetto di un'unità comportamentale costituita esclusivamente da uno stimolo e da una risposta - il paradigma S-R - delegittimava, da un punto di vista sia teorico sia metodologico, il procedimento introspezionista di indagine della mente. Il panorama comportamentista non fu tuttavia, come frequentemente accade nella storia delle idee, omogeneo e concorde. Già verso la metà degli anni Cinquanta alcune istanze critiche contribuirono a fare riemergere la necessità di ipotizzare un sistema rappresentazionale attraverso il quale la mente potesse lavorare; a tali istanze si accompagnò una crescente attenzione nei confronti di ricercatori come i matematici A.M. Turing in Gran Bretagna e J.L. von Neumann negli Stati Uniti, i quali stavano studiando la possibilità di costruire macchine in grado di eseguire compiti cognitivi mediante la manipolazione di simboli. L'avvento dei modelli della mente della prima generazione di computer ebbe l'effetto di sgombrare definitivamente il campo dalle opposizioni, ma anche dai dubbi relativi alla legittimità teorica del costrutto di rappresentazione, segnando l'inizio dell'epoca contemporanea e del riconoscimento della scienza cognitiva come disciplina presente all'interno della comunità scientifica.

2. I modelli simbolici della teoria rappresentazionale

L'attuale teoria rappresentazionale può essere ricondotta, sostanzialmente, a due tipi di approccio: quello classico, simbolico, e quello connessionista, non simbolico. I modelli classici, a differenza di quelli connessionisti, utilizzano simboli e operazioni su simboli allo scopo di colmare lo scarto fra la fisicità della stimolazione dei canali sensoriali, e dunque del cervello, e i contenuti del pensiero. La conoscenza generale del mondo è rappresentata attraverso schemi che, nella loro accezione più ampia, possono essere definiti come strutture mentali multiple che raggruppano e categorizzano, tramite rappresentazioni astratte, persone, oggetti, scene e sequenze di azioni. Tali strutture catturano delle regolarità esperite precedentemente e dunque, in un certo senso, le riassumono. Uno schema può essere attivato sia da un input esterno sia da un elemento cognitivo interno, e permette agli individui di categorizzare e ordinare la realtà esterna. La funzione di uno schema si presenta estremamente articolata, dal momento che adempie, secondo A.L. Wilkes (1997), cinque operazioni diverse. La prima è costituita dall'interpretazione degli eventi, cioè dall'attribuzione di un significato letterale, ma non necessariamente soltanto letterale, agli stimoli. Una seconda funzione dello schema è quella di rendere disponibile una struttura mnemonica di riferimento in cui immettere e integrare i nuovi dati: un nuovo programma di computer o un nuovo videogioco acquistano significato e possono essere trattenuti in memoria come nuova informazione, unicamente se esiste uno schema di conoscenza che identifichi l'input in entrata come appartenente a un ambito noto. Nel caso in cui non si possieda alcuno schema relativo a questo campo, o anche se le informazioni pregresse sono così scarse o episodiche da non avere permesso la costituzione di uno schema pertinente, il nuovo dato non può entrare a far parte del patrimonio di conoscenza e dunque non può essere utilizzato cognitivamente. Non meno rilevante è il contributo che lo schema fornisce al processo di comprensione: ascoltare un discorso, leggere un testo, osservare un'immagine possono produrre conoscenza solo se è possibile astrarre, da ciascun insieme di informazioni, gli elementi salienti per la comprensione del messaggio, eliminando oppure relegando in secondo piano i dettagli di superficie, che sono inutilizzabili per l'identificazione dell'argomento focale. Un'ulteriore funzione dello schema è di tipo predittivo: l'integrazione di un input in una costellazione di informazioni, strutturate secondo esperienze acquisite precedentemente, fornisce l'organizzazione complessiva, finale, di quello specifico insieme di elementi e dunque permette di prevedere l'andamento di quei dati fino al punto conclusivo. Il verificarsi di imprevisti attiva, d'altronde, una sorta di allarme per la presenza di possibili novità e di nuovi potenziali significati a esse collegati. Lo schema, infine, può funzionare come guida per una rievocazione ricostruttiva, nel senso che può essere utilizzato per portare alla memoria un'informazione immagazzinata precedentemente. Se lo schema costituisce lo strumento simbolico per eccellenza per rappresentare la nostra conoscenza generale del mondo esterno, esso va considerato come il costrutto esemplare del processo rappresentazionale simbolico, che può articolarsi in diversi aspetti specifici, i più importanti dei quali possono essere considerati gli scripts, i frames e i concetti. Gli scripts (Schank-Abelson 1977) vengono utilizzati quando devono essere rappresentate mentalmente delle sequenze comportamentali che costituiscono una determinata azione: guidare un'automobile prevede l'esecuzione di alcuni gesti che devono procedere secondo una determinata successione e dunque viene rappresentata mentalmente la struttura di un ordine che implica prima l'accensione del motore, poi la pressione del pedale della frizione, l'inserimento della marcia, l'accelerazione ecc.
Questa struttura di conoscenza, di natura sequenziale, è attivata anche per l'esecuzione di comportamenti sociali e relazionali in cui le condizioni esterne prevedono una scansione ordinata, se pure flessibile, di azioni particolari. L'ambiente circostante, nella sua struttura fisica, viene invece rappresentato tramite schemi specifici denominati frames (Minsky 1977). La loro caratteristica peculiare è quella di fornire una cornice rappresentazionale in cui lo spazio fisico conserva, mentalmente, il rapporto e le proporzioni degli elementi che lo costituiscono, mantenendone intatte le relazioni. Basilari, infine, sono i concetti, che costituiscono le strutture schematiche deputate a categorizzare e ordinare il mondo esterno. Un concetto è una categoria astratta che rappresenta una classe di eventi, oggetti, individui, senza tuttavia rappresentare nessun membro particolare di quella classe: esso è definito da un insieme finito di caratteristiche, che sono singolarmente necessarie e nel loro insieme sufficienti per rendere un certo oggetto un esemplare di quel concetto. Il concetto di automobile è definito da alcune caratteristiche, quali per es. 'motore', 'quattro ruote', 'carrozzeria', che devono appartenere a qualunque elemento di quella particolare categoria: possono variare molte altre caratteristiche, quali forma, colore, larghezza, altezza, costo ecc., ma ciò che definisce un veicolo come esemplare del concetto di automobile è la presenza degli attributi che definiscono il concetto stesso. Nello studio dei concetti, alcuni studiosi utilizzano il costrutto di prototipo, definito come la rappresentazione singola, centrale e astratta di una determinata categoria: essa costituisce l'esempio ideale di un concetto, al quale i membri della classe possono essere più o meno vicini. Così un passerotto è più vicino al prototipo di uccello di quanto non lo sia un pinguino o una gallina, i quali, pur appartenendo alla categoria, ne rappresentano esemplari periferici. La rappresentazione mentale del mondo esterno attraverso schemi simbolici, nelle diverse forme descritte, è del tutto funzionale e necessaria alla mente umana non solo perché permette il trasferimento delle informazioni dal sistema percettivo al sistema cognitivo, ma anche perché riduce e ordina l'infinita unicità dell'esperienza attraverso un processo di economizzazione delle risorse cognitive. All'interno del sistema rappresentazionale simbolico un concetto importante è costituito dalle regole di produzione (Anderson 1983), che sono procedure esecutive per giungere a un determinato scopo: ciascuna produzione (o regola di produzione) è una regola la quale afferma che se si dà una determinata condizione, allora si compie una determinata azione. Un sistema di produzione costituisce la rappresentazione mentale complessiva di un individuo che vuole raggiungere un determinato scopo seguendo delle regole che ne determinano il percorso. Un esempio di produzione è il seguente: "se possiedo sufficiente denaro (condizione), allora posso acquistare un'automobile (azione)". Tali regole vengono attivate quando nell'ambiente esterno sono presenti eventi che le richiedano e, in particolare, quando vengono soddisfatte le condizioni che seguono il se. La rappresentazione mentale simbolica fondata sullo schema e sui costrutti a esso collegati utilizza un unico codice proposizionale, di tipo amodale, cioè svincolato dalla modalità sensoriale attraverso la quale viene elaborata l'informazione. Molti studiosi però ipotizzano l'esistenza di due diversi sottosistemi di codifica delle informazioni provenienti dal mondo esterno: uno specializzato per il linguaggio, l'altro per eventi e oggetti non linguistici (Paivio 1971). Ciascuno di questi sottosistemi codifica, immagazzina e recupera informazioni di tipo diverso, e possiede una specifica competenza che si accompagna a un'eguale specificità di funzionamento, dal momento che essi risultano differenziati dal punto di vista sia strutturale sia funzionale. Il codice che viene utilizzato dal sistema cognitivo e che è deputato all'elaborazione e alla rappresentazione di tutti gli input non linguistici possiede caratteristiche analogiche, dove la qualità analogica del formato è costituita dalle caratteristiche in certo modo 'fisiche', similpercettive, dell'informazione che viene rappresentata, la quale mantiene informazioni sia figurali sia spaziali. Tale rappresentazione produce un'immagine mentale, cioè una raffigurazione analogica dello stimolo elaborato. L'utilizzo dei due diversi codici, analogico-figurale e proposizionale, produce forme di rappresentazione mentale diverse.
La rappresentazione linguistico-proposizionale impiega simboli discreti: possono essere utilizzate parole oppure lettere e queste sono le unità minime, nel senso che non possono essere divise in unità ancora più piccole. Una porzione di una lettera non possiede alcuna funzione rappresentativa. La rappresentazione figurale non possiede unità distinte: in un'immagine mentale possono apparire elementi estremamente ridotti o parti di essi, così come possono essere presenti interi oggetti oppure eventi complessi. Il codice proposizionale utilizza simboli diversi e separati per rappresentare gli oggetti e le relazioni fra essi: per es., l'avverbio sopra stabilisce un rapporto spaziale fra due termini, come nella frase "la mela è sopra il piatto". Il codice figurale non ha bisogno di alcun simbolo separato per indicare la relazione, dal momento che essa è rappresentata implicitamente nella rappresentazione della mela posta sopra il piatto. La rappresentazione linguistico-proposizionale è sottoposta a un insieme complesso di regole grammaticali, poiché usa classi diverse di simboli (verbi, nomi, avverbi, preposizioni ecc.), mentre quella analogico-figurale, non utilizzando differenti classi di simboli, non possiede alcun tipo di grammatica combinatoria. Infine, la rappresentazione linguistico-proposizionale è astratta e senza alcun mezzo spaziale, mentre la rappresentazione analogico-figurale, cioè l'immagine mentale, è concreta e ha bisogno di un mezzo spaziale dove poter essere attivata e mantenuta. I due sistemi divergono da un punto di vista strutturale, in quanto ciascun sistema utilizza unità rappresentazionali diverse, ma si differenziano anche da un punto di vista funzionale, nel senso che possono entrare in azione indipendentemente l'uno dall'altro e anche in parallelo, sebbene siano possibili fra essi relazioni o connessioni di tipo referenziale. Secondo i modelli a doppio codice, l'informazione viene elaborata a tre livelli: un livello rappresentazionale, nel quale la traccia sensoriale attiva la specifica codifica a essa appropriata; un livello referenziale, che comporta l'attivazione di interconnessioni fra un sistema e un altro, cioè l'attribuzione di un nome a un'immagine o la formazione dell'immagine in base a una parola; un terzo livello, associativo, che genera connessioni fra parola e parola, immagine e immagine o parole e immagini. Esistono anche, fra i due sistemi, connessioni intra- e intersistemiche: le intrasistemiche sono costituite dalle strutture associative delle unità semplici di rappresentazioni (unità immaginative e unità linguistiche) e sono di tipo sequenziale in un caso (sistema verbale) e di tipo sincrono nell'altro (sistema non verbale), mentre le intersistemiche sono legami di tipo referenziale che collegano i due sistemi (per es., la descrizione verbale di un'immagine o l'attivazione di un'immagine in seguito a una descrizione verbale).

3. I modelli connessionisti

L'attuale teoria rappresentazionale si fonda sui modelli classici sopra descritti di tipo simbolico e su modelli non simbolici, di tipo connessionista. Da un punto di vista storico, il connessionismo affonda le sue radici nella psicologia associazionista e, più specificamente, nel suo assunto di base secondo il quale ciascuna unità comportamentale, sia essa cognitiva oppure motoria, è costituita da un'associazione fra elementi che si vengono a trovare in condizioni di contiguità: più frequente è la loro associazione, più forte è il legame reciproco. Questo elementare principio teorico si trova alla base di diversi modelli della mente e costituisce, nella sua essenzialità, uno strumento potenzialmente cruciale per la spiegazione del funzionamento cognitivo. Non meno importanti, per la fondazione del modello connessionista, sono stati i progressi della ricerca sui computer digitali. La possibile assunzione di un'analogia fra circuiti logici della macchina e il processing di informazioni eseguito dai neuroni ha spinto i teorici connessionisti a tentare la simulazione del funzionamento mentale su sistemi artificiali costruiti in base ai principi strutturali e al funzionamento del cervello. Precursore teorico del connessionismo, nell'ambito della psicologia, è D. Hebb con la spiegazione neurofisiologica del comportamento. La ripresa del costrutto di B.F. Skinner di 'sistema nervoso concettuale' prevede, nello studio della percezione e della memoria, l'attivazione di assemblee cellulari in azione contemporaneamente e ripetutamente, che vengono determinate dall'attivazione di neuroni diversi in reciproca interazione e in grado di funzionare anche in modo indipendente dalla stimolazione esterna. Un'area associativa di cellule, creata tramite un principio di contiguità, rappresenta un sistema chiuso, nel quale l'attivazione di alcune cellule produce attività nelle altre cellule dell'assemblamento. Il sistema prevede inoltre sequenze di attivazioni in cui diverse assemblee di cellule possono incatenarsi reciprocamente, dando luogo a pattern che rispecchiano le regolarità esistenti fra stimoli del mondo esterno. Il nuovo connessionismo (Rumelhart-McClelland 1986), avendo come patrimonio questi elementi concettuali, dichiara l'intenzione di simulare l'intelligenza biologica, cioè l'attività del cervello, tramite modelli di connessioni di reti neurali (v. intelligenza). L'attività cognitiva non viene rappresentata mediante simboli, ma attraverso un flusso di attivazione in reti neurali, regolata da vincoli associativi che sono appresi dall'esperienza pregressa. La rappresentazione degli eventi psicologici tramite pattern di attivazione distribuiti attraverso le unità di una rete deroga alla necessità dei simboli: è l'attivazione neurale stessa che rappresenta la realtà esterna percepita ed elaborata dagli individui. Ogni rete neurale è costituita da un certo numero di unità che possono essere utilizzate sia come input sia come output, e che sono collegate fra loro mediante connessioni che trasmettono una certa quantità di attivazione o inibizione. Uno stimolo sensoriale produce un pattern di attivazione sulle unità di input di una rete, la quale esegue una computazione che viene espressa, nella sua forma finale, dalle unità di output della rete medesima. Il tipo di computazione eseguita dipende dal modo in cui stimoli precedenti hanno agito per modificare i pesi nelle connessioni, dal momento che su ogni connessione esiste un peso il quale rappresenta, sostanzialmente, una misura della conduttività di quella connessione. Un'unità che possiede un valore di attivazione positiva trasmetterà eccitazione alle altre unità della rete con cui condivide le connessioni, determinando in tal modo un peso positivo, mentre, analogamente, trasmetterà inibizione nel caso in cui possieda un peso negativo. L'attività di propagazione continua fino a quando la rete trova un equilibrio oppure una stabilità, determinati dal migliore compromesso possibile fra i vincoli dell'input e quelli delle connessioni della rete. Il pattern di attivazione può essere modificato variando i pesi sulle connessioni di rete e producendo così un nuovo output, attraverso un meccanismo che, secondo il modello connessionista, produce conoscenza. Questa architettura di funzionamento, in realtà relativamente elementare, può essere considerata alla base di ogni attività cognitiva anche complessa e costituisce l'elemento cruciale di differenziazione fra i modelli simbolici e quelli non simbolici: mentre in un caso la conoscenza del mondo viene depositata nella mente umana ed elaborata sotto forma di rappresentazione simbolica, nell'altro caso essa assume la forma di pesi associativi che producono un'attività analoga a quella delle cellule nervose che costituiscono il tessuto cerebrale.




Bibliografia


da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it

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