Home


Realtà




FILOSOFIA

La nozione di r. è legata al problema tipicamente moderno dell'esistenza del mondo esterno. A partire da R. Descartes si era, infatti, affermata la tesi secondo cui gli uomini conoscono soltanto le idee, ossia le rappresentazioni mentali delle cose. Ma se la nostra conoscenza è fatta solo di rappresentazioni mentali, chi ci garantisce che a esse corrisponda, fuori di noi, qualcosa di reale? Più in generale, chi ci garantisce che la realtà esterna esista? Descartes risolse il problema ricorrendo alla dimostrazione dell'esistenza di Dio, che faceva da 'garante' sulla verità delle nostre rappresentazioni. G. Berkeley, invece, si spinse a negare la r. del mondo esterno. Per lui esse est percipi, ossia "essere significa essere percepito": la r. esiste soltanto nel soggetto e quindi affermare che esista qualcosa indipendentemente dal soggetto che la pensa è una pura assurdità. Quanto a I. Kant, egli rifiutò le tesi di Descartes e Berkeley ed elaborò una dottrina detta 'idealismo trascendentale', secondo cui i dati provenienti dalla r. esterna - la cui esistenza è indubbia - sono conoscibili solo attraverso le categorie mentali del soggetto. L'idealismo postkantiano ha radicalizzato il trascendentalismo di Kant, o risolvendo la r. nell'attività di un Io puro che pone sé stesso e l'oggettività come ciò che a lui si contrappone (J.G. Fichte), o identificandola con il processo di autorealizzazione dello Spirito (G.W.F. Hegel). Nel pensiero contemporaneo la specifica questione metafisica della r. come esistenza esterna al soggetto conoscente viene a cadere. In partic., la riflessione neopositivistica, per es. in R. Carnap, ne ha sottolineato la natura di pseudoproblema, in quanto non suscettibile di verifica sperimentale. Nella riflessione successiva al neopositivismo il problema della r. è stato variamente discusso all'interno del rinnovato dibattito sul realismo.

PSICOLOGIA E PSICOANALISI

In psicologia, l’acquisizione del senso della r. è un processo evolutivo fondamentale di integrazione fra i dati dell’esperienza esterna e quelli dell’esperienza interiore. I relativi disturbi possono giungere fino alla prevalenza assoluta dei prodotti della fantasia e dei disturbi percettivi, e alla fuga dalla r., vera e propria negazione del mondo esterno.

1. PRINCIPIO DI REALTÀSecondo S. Freud, uno dei due principi (Realitätsprinzip) che regolano la vita psichica. Succede e tende a imporsi al principio del piacere, determinando un diverso modo di ricerca della soddisfazione; tale ricerca non si effettua più mediante lo scarico immediato della tensione, ma in modi indiretti, resi possibili dall’attività di pensiero che, come ‘attività di prova’, può operare con piccole ‘quantità di energia’ e condurre quindi a un’azione che produce un’appropriata trasformazione. Caratterizza da un punto di vista topico il sistema preconscio-conscio; al suo instaurarsi corrisponde lo sviluppo delle funzioni coscienti: attenzione, giudizio, memoria.






Bibliografia


da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it

Torna agli articoli