Il
riso è un'espressione, assai integrata dal punto di vista
motorio-mimico, di sentimenti di allegria, euforia, ilarità, gioia,
gaiezza, umorismo. L'unico animale che ride è l'uomo ed è all'uomo che
il riso soprattutto si dirige.
sommario: 1. Aspetti psicologici. 2. Forme patologiche. □ Bibliografia.
1. Aspetti psicologici
Nei
suoi connotati fisiologici il riso si manifesta a crisi (a volte a
scoppi) ed è caratterizzato da una modificazione del ritmo
respiratorio, con esplosioni espiratorie e intercisioni, e da un
mutamento abbastanza tipico della
mimica. Nella risata molto intensa e prolungata le contrazioni
muscolari facciali sono più accentuate e meno coordinate, in quanto
interessano anche i muscoli del collo e del diaframma (singulti da
riso), con più o meno intenso coinvolgimento gestuale. In determinati
casi al riso si possono associare lacrimazione, tosse, nonché perdita
parziale del controllo sfinterico della vescica urinaria. A parte
quello provocato dal solletico (che è una reazione riflessa), il riso è
sempre un comportamento espressivo molto ricco, che mostra l'intimo
collegamento tra circuiti cerebrali emotivi e centri motori, sia
corticali sia sottocorticali. Come il pianto,
esso viene ritenuto una delle forme ontogeneticamente primarie, forse
preformate. Mentre il pianto però appare già ben configurato fin dalla
nascita, la capacità prima di sorridere e poi di ridere si sviluppa a
poco a poco, anche se precocemente, a partire dal compimento del 2°
mese di vita, per perfezionarsi alla comparsa del balbettio e quindi
della lallazione. Il riso sembra dunque collegato intimamente
all'aspetto relazionale della vita: indubbie sono infatti le sue
valenze antropologiche. Oggi è pressoché abbandonata la domanda sulla
causa psicologica del riso, che Th. Hobbes indicava nell'esultanza, A. Schopenhauer nell'incongruità, H. Bergson nell'incongruità
unita a modulazioni affettive, con teorie interessanti ma non in grado
di coprire tutte le modalità 'risogene'. In questo campo il compito
della psicologia descrittiva appare inesauribile: basti pensare ai
diversi ambiti emotivi, affettivi ed emozionali, sottesi dal ridicolo,
dal comico, dall'umoristico, dal grottesco, dal sarcastico ecc. Nella
cultura occidentale siamo soliti distinguere subito il riso schietto,
aperto, divertito da quello di compiacenza, convenzionale, stentato; il
riso sommesso, soffocato, mal represso da quello rumoroso, sguaiato; il
risolino e il ridacchiare dal riso convulso; quello smarrito da quello
liberatorio; la smorfia di riso dalla risata a crepapelle e dallo
scoppio irrefrenabile. Soprattutto importante per la psicologia della
comprensione (la Verstehende Psychologie, che grande risalto ha dato
all'immedesimazione e all'empatia) è il riso ironico (dove non c'è
allegria), sarcastico, beffardo, derisorio, amaro, sardonico ecc.
Secondo S. Freud,
il riso avrebbe la funzione di scaricare opportunamente forme di
energia psichica superflua, liberando piacere e sbarazzando da
inibizioni. Ma forse l'indagine più penetrante sul significato del riso
è stata quella di Bergson (1911), che lo ha interpretato come un
fenomeno essenzialmente sociale. Se il riso rappresenta un gesto
sociale non si può eludere il suo rapporto con il comico e con
l'umorismo, a proposito del quale si cercano attualmente, fra gli
psicologi sperimentali, le quantificazioni del comportamento (tramite
questionari, scale ecc.); le variabili sono però numerose e le
correlazioni molto difficili da stabilirsi. La teoria dell'incongruità
è stata di recente molto enfatizzata, specie nel contesto della burla e
delle vignette. Anche la categoria delle teorie della sorpresa sembra
oggi assumere un significato chiave per il rapporto fra umorismo e
riso. Sembra certo che i fattori sociali (per es. la presenza di
qualcuno) facilitino molto la risposta di riso all'umorismo, anche in
bambini molto piccoli: una delle funzioni primarie di essa sarebbe
quella di modulare l'eccitamento sociale.
2. Forme patologiche
Classico
è il riso sardonico nel tetano, per la contrazione dei muscoli della
faccia, che si riteneva provocato dall'ingestione di Herba sardonia
(Ranunculus sceleratus). Nella tipologia patologica va ricordato il
riso incontinente della paralisi progressiva, quello spastico della
paralisi pseudobulbare, quello ebete degli oligofrenici, quello
sfrenato degli isterici e dei maniacali, quello incongruo degli
ebefrenici, quello insensato di molti dementi, quello beato di alcuni
allucinati. Recenti studi sulla patologia dei lobi cerebrali hanno
evidenziato che un tipo di riso è associato a lesioni distruttive
dell'emisfero destro, ossia quello più connesso all'elaborazione
dell'emozionalità e dell'affettività; ciò potrebbe spiegare meglio la
geloplegia (o paralisi da riso: improvvisa diminuzione del tono
muscolare causata da un accesso di riso), il riso 'che taglia le gambe'
nonché il riso immotivato degli schizofrenici, che potrebbe quindi
essere cerebrale, privo di un reale fondamento relazionale.
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it