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In psicologia il termine Sé è usato, con una gamma di accezioni diverse, come sinonimo di personalità, di immagine che un individuo ha di sé in quanto totalità o che si forma in base alle risposte degli altri, in un contesto che permetta l'assunzione di ruoli diversi o l'immedesimazione in essi. Nel campo della psicologia i concetti di Sé e di identità, tra loro strettamente correlati, hanno subito un'evoluzione che è in diretto rapporto con gli sviluppi del paradigma scientifico e con le corrispondenti modificazioni dell'idea di realtà. Ai suoi albori la psicologia, quale scienza del comportamento, della salute mentale e della conoscenza dei processi psicologici, si è delineata nel contesto del paradigma newtoniano, strettamente meccanicistico. In questa cornice di riferimento concettuale di tipo materialistico, l'investigazione e l'interpretazione dei processi psicologici si sono sviluppate secondo l'indirizzo biomedico, che ha teso a validare dimensioni oggettive del comportamento, perlopiù di tipo psicopatologico. Le modificazioni del paradigma scientifico, a opera delle teorie della fisica subatomica e delle più specifiche teorie dei sistemi e olografiche, hanno favorito un cambiamento della visione del mondo e dell'uomo in senso olistico, e il riconoscimento della connessione tra essere umano, ambiente e natura. La concezione unitaria della vita ha rivoluzionato alcuni assunti di base delle discipline del sapere, tra cui quelli della psicologia sulla natura della psiche e del Sé. Nella psicologia comportamentista il concetto del Sé quale dimensione soggettiva non è neanche sfiorato e l'approccio biomedico non considera che gli oggetti di esperienza empiricamente validabili.

La prima descrizione freudiana del Sé non differenzia quest'ultimo dall'Io, e lo definisce un'organizzazione psicologica che ha la funzione della percezione, del giudizio, dell'attenzione, della memoria, dell'esame della realtà e della difesa dai contenuti inaccettabili. Successivamente, in particolare con H. Hartmann, il Sé è visto come soggetto che si contrappone all'oggetto dell'esperienza, e l'Io come organo specifico di equilibrio, che è un successivo prodotto e come l'Es, l'inconscio istintuale e sessuale, ha origine dalla matrice indifferenziata del Sé (Hartmann 1939). La qualificazione del Sé quale matrice indifferenziata che riassume la totalità psicofisiologica è definitivamente assunta dagli sviluppi psicoanalitici della teoria della relazione oggettuale. In questo contesto l'Io si sviluppa in funzione della relazione oggettuale, ovvero delle dinamiche interpersonali (Jacobson 1964). Diversamente dal Sé, che in quanto matrice primaria non ha qualificazioni funzionali, l'Io è dotato di funzioni psicologiche e biologiche, e ha una dimensione esperienziale attraverso cui deduce un proprio senso di esistere nello spazio e nel tempo. Così, se il Sé compendia il potenziale innato che riassume l'essere totale del corpo e della mente, l'Io, differenziandosi dalla sua originale globalità, acquisisce una realtà biopsichica personale e la sperimenta come costruita nel tempo (Guntrip 1961; Mahler 1975). Altri autori attribuiscono al Sé funzioni che nella psicoanalisi si attribuiscono all'Io quale agente attivo e centro di iniziative. Secondo H. Kohut (1971) il Sé, quale nozione centrale del sistema metapsicologico, non è un'istanza psichica, ma una struttura interna della psiche che è investita di energia pulsionale, ed è vicina all'esperienza. Contrastanti rappresentazioni del Sé sono presenti nel Super-Io, nell'Io e nell'Es: per es. rappresentazioni di grandiosità e inferiorità possono coesistere all'interno del campo dell'Io, o di quel campo della psiche di cui l'Io e l'Es costituiscono un continuum. L'elaborazione teorica di Kohut si riferisce soprattutto alla patologia del Sé, in particolare alla patologia narcisistica che si struttura a partire da relazioni infantili mal 'metabolizzate' con i genitori, a causa della scarsa rispondenza empatica di questi ultimi ai bisogni emergenti del figlio e alle proteste e proposte del suo emergente Sé; ne deriva che l'iniziale ricerca di oggetto del bambino si perverte e si disgrega in reazioni sessuali e aggressive. Nella sua teoria Kohut sostituisce al concetto di pulsione, quale componente base della psiche, il concetto di relazione oggettuale: in altre parole, la nozione del Sé assume una posizione centrale a detrimento della teoria classica delle pulsioni. Mentre quest'ultima aveva spiegato con successo il campo della nevrosi classica, la psicologia del Sé è necessaria per comprendere il campo delle sindromi borderline, in cui la sofferenza si riferisce a un disturbo dello sviluppo che precede le vicissitudini edipiche, e si radica nella delusione di pre-edipiche relazioni oggettuali.

Con gli sviluppi della psicologia umanistica il Sé riceve ulteriori definizioni. Nella concezione della Gestalt il Sé è inteso innanzitutto come una funzione (non quindi un'istanza o un 'apparato psichico' nel senso attribuito dalla psicoanalisi all'Io o all'Es). Più in particolare è "la funzione di adattamento creativo" (Perls-Hefferline-Goodman 1951, trad. it., p. 433). L'adattamento creativo è il risultato di una complessa interazione tra un organismo e un ambiente nel contatto reale che tra i due si stabilisce in un luogo e in un tempo definito. Il Sé quindi, come del resto ogni entità sociobiologica, non può considerarsi in astratto, come un qualcosa di determinato, fisso e atemporale, ma solo in relazione al 'campo', all'ambiente o sistema al quale appartiene o con il quale comunque interagisce in un dato momento in cui viene preso in considerazione. A questa interazione viene anche attribuito il termine di 'contatto'. Il termine sottolinea un aspetto molto concreto, 'tangibile' appunto, di questa interazione. Sottolinea un insieme di operazioni che si riferiscono sì a funzioni anche psichiche (si può avere un contatto visivo, emotivo, di pensiero), ma delle quali si vuole mettere prioritariamente in evidenza il fondamento organico, biologico. Come si può notare, sembra che le concezioni freudiane e gestaltiche non varchino esse stesse, al pari del comportamentismo, i confini della scienza biomedica: il Sé individuale è pur sempre un prodotto della biologia, e i suoi processi intrapsichici sono oggetti sperimentabili e fenomenologicamente testabili. Nell'affrontare la conoscenza del Sé dal punto di vista oggettivo, la ricerca psicoanalitica rimane in tal modo impigliata nelle teorie dualistiche delle concezioni meccanicistiche, che misurano la realtà oggettiva escludendo la natura del soggetto che misura. L'insoddisfazione per le concezioni oggettivistiche del Sé è testimoniata nella psicologia transpersonale. Con questa cosiddetta quarta forza della psicologia appare nella ricerca scientifica la natura ontologica del Sé che si collega a una matrice spirituale trascendente. La prospettiva transpersonale è anticipata da C.G. Jung, secondo il quale il Sé è un tutto che non ha confini come l'Atman e come il Tao: questa totalità comprende coscienza e inconscio, quest'ultimo inclusivo della dimensione collettiva e degli archetipi universali. Il Sé quale totalità varca i confini di ciò che può essere oggettivabile e definibile con gli strumenti della logica. "Questa totalità sovraordinata alla coscienza e di ordine superiore è sperimentata numinosamente dalla coscienza come tremendum e fascinosum [...], preso ontologicamente è indicibile. Questo 'Sé' non sta in alcun modo al posto di Dio ma è un recipiente della grazia divina" (Jung 1963, trad. it., p. 476). Nell'accezione junghiana il 'Sé' è un termine descrittivo che serve a esprimere un'essenza inconoscibile che non può essere afferrata dal pensiero perché per definizione trascende il nostro potere di comprensione: eppure i principi della vita psichica sembrano essere radicati in questa totalità e tutti i nostri più alti propositi sembrano tendere a esso. Abbracciando il tutto psichico, il Sé junghiano ingloba tesi e antitesi, ponendosi come locus in cui si realizza la coincidentia oppositorum. Ben più limitato del Sé, l'Io è il solo contenuto del Sé che conosciamo: l'Io è subordinato e contenuto in un Sé di grado superiore e centro dell'intera personalità, non definibile (Jung 1963). Al Sé Jung attribuisce la funzione di centro regolatore che può influenzare l'Io cosciente. Esso ha a che fare con l'Io come il Sole con la Terra, "come il Sole illumina la Terra, il Sé illumina l'Io". La distinzione tra il Sé come totalità e centro regolatore e l'Io come parte da questo regolata è approfondita da R. Assagioli, il fondatore della psicosintesi, che enfatizza la dimensione spirituale e trascendente del Sé. Il Sé di Assagioli è transpersonale, ovvero al di là dei confini del corpo e della mente. È una totalità bio-psico-spirituale: alle vette della dimensione spirituale esso sconfina in una realtà trascendente, diventa parte di una universalità che ne comprende il principio ordinatore. Come Jung, Assagioli sottolinea l'apparente paradossalità del Sé come totalità e 'centro', e ne evidenzia gli aspetti di finalità e di intenzionalità: "Il Sé transpersonale appare esistere in una sfera di realtà diversa dal pulsare della corrente dei fenomeni psichici e di quella della vita organica, ed è ad essa trascendente e non viene da questa influenzato mentre il suo influsso può modificare profondamente le condizioni psicofisiche in cui l'Io esiste" (Assagioli 1973, p. 25). Il Sé di Jung e ancor più quello di Assagioli riportano alla tradizione della filosofia perenne, e in particolare alla filosofia induista testimoniata nelle Upanishad, l'ultima parte dei Veda. Nella tradizione induista delle Upanishad la distinzione tra religione, filosofia e psicologia, presente nella cultura meccanicistica occidentale, è sostituita da una concezione integrale che vede e studia l'essere umano nella sua relazione con il Tutto.

In questo contesto la concezione del Sé implica non solo i suoi oggetti fenomenologici ed esperiti nell'essere nel mondo, ma anche la natura testimoniante della sua essenza ultima, che è considerata pura Coscienza informale, senza confini e non duale. Per conoscere e descrivere il Sé occorre sperimentare la sua non dualità in uno stato di coscienza che varca i confini della mente. Conoscere il Sé con la mente significherebbe solo delinearne le forme oggettive escludendo il soggetto, che trascende la mente e da questa non può essere conosciuto. Il Sé delle Upanishad, l'Atman inconoscibile con il pensiero, è considerato indivisibile e identico alla Realtà Suprema, goccia del grande mare dell'Assoluto Brahman, che è il sostrato immanifesto di tutto ciò che appare. Se l'Io ne è solo l'aspetto manifesto, il Sé nella sua interezza include anche il sostrato immanifesto e il principio della vita, che è informale e trascendente. Se nella psicologia occidentale la ricerca empirica e fenomenologica del Sé richiede che si passi attraverso i processi mentali, nelle tradizioni orientali la ricerca del Sé esige una profonda modificazione dello stato di coscienza, che trascende il processo mentale e richiede un arduo cammino di purificazione etica della personalità sino al silenzio del divino assorbimento. La psicologia transpersonale ha accettato la sfida di integrare la tradizione sapienzale della filosofia perenne in un modello epistemologico che include la concezione empirico-razionalista di tipo scientifico e la visione contemplativa, in un continuum che mira alla totalità dell'esperienza e alla percezione non divisa del rapporto tra essere umano e Universo.






Bibliografia


da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it

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