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La sensibilità




E' il caso di avere cura della nostra sensibilità. Essa è al contempo una risorsa e la nostra fragilità.
Mi rendo conto che la cosa che maggiormente spaventa le persone non è la guerra, la fame, la morte o la sofferenza ma l'amore, cioè la speranza di una sorta di "perfezione" psichica, la sconfitta della solitudine. Sembra folle, sembra incredibile, forse è inaccettabile. Eppure ciò verso il quale tutti dovremmo tendere senza timore è pure ciò verso il quale manifestiamo le più strenue resistenze. Nel punto di più vivo contatto con l'altro si manifestano anche le forme più disperate di difesa. L'ambizione più grande apre alla paura più grande, il desiderio di essere accolti e accettati confina col rifiuto e la paura di essere abbandonati. E tutto questo si manifesta senza soluzione di continuità; vi è quasi identità e sovrapposizione tra questi due mondi, e solo la razionalità li considera agli antipodi.

Di solito percorriamo due strade di fronte a questo eterno conflitto tra paura e bisogno d'amore. La prima consiste nella negazione, nel nascondimento e nello svilimento del bisogno di amare ed essere amati. Negandosi il diritto di essere fragili, mancanti e imperfetti ci tuteliamo di fronte l'abbandono e la solitudine che ne potrebbero derivare. La seconda via ci porta invece a incastrarci in una aspettativa di amore romantico e accogliente che, a confronto con la realtà, finisce sempre col non realizzarsi lasciandoci nel cuore un profondo senso di delusione.
La prima è la strada della mortificazione del mondo interiore a favore di quello esteriore con le sue fondamenta pratiche e concrete. La seconda scelta è quella di una apertura emotiva incondizionata all'altro nella speranza di vedere corrisposte le, pur legittime, speranze d'amore.
Entrambe le soluzioni scaturiscono dallo stesso profondo e umanissimo bisogno di essere riconosciuti, accettati e rassicurati. La prima nega il bisogno, negandosi la possibilità di una trasformazione attraverso la relazione. La seconda consiste nell'offrire senza remore il corpo e la psiche, lamentandosi dello struggimento e della delusione che esso inesorabilmente comporta.

La nostra sensibilità è un dono che va protetto dagli eccessi a cui la fragilità, col suo strascico di dolore, e l'empatia, col loro seguito di intimo contatto, può comportare. Non esiste solo la definitiva e non negoziabile chiusura o la apertura totale a chiunque si avvicini. La fragilità può incontrarsi con l'empatia. La sensibilità può essere conservata tra queste polarità. Non esiste solo la totale apertura o chiusura, esiste anche l'opportunità di scegliere, di selezionare, di modulare, di muoversi tra gli incontri umani in modo consapevole. Tra le pulsioni (Es) e i giudizi (Super-io) c'è pur sempre un Io con la sua ricchezza, la sua articolazione e la sua capacità di mediare. Ma l'Io può emergere solo a patto che le paure vengano percepite, contattate, rappresentate.
La sensibilità è quindi il prodotto di un Io in equilibrio tra interno ed esterno, conscio e inconscio, apertura e chiusura, fragilità ed empatia, giudizio e accettazione, moralismo e tenerezza.



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