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Serpente



Da sempre il serpente genera inquietudine nell’uomo,
che, già nell’antichità, coltiva nei suoi confronti un
sentimento ambivalente di timore e, insieme, di venerazione.
L’animale, diffuso prima in Asia e nell’Africa mediterranea
che in Europa, è spesso posto in relazione con i corsi
d’acqua, presso cui è solito vivere (specialmente negli
ambienti tropicali), e con la terra. Peraltro, il suo legame con
la terra, su cui striscia e da cui ha origine, suggerisce
rapporti stretti con l’aldilà; perciò il serpente diviene presto
simbolo delle divinità infere. Inoltre, grazie al cambio di
pelle rappresenta l’eterna giovinezza. In Egitto è animale
domestico fin da tempi remoti. Nella Bibbia compare spesso
in chiave negativa, come tentatore dell’uomo (Genesi 3,1-
15). D’altra parte, l’Antico Testamento ci presenta anche
episodi di altro segno: il serpente può assumere funzioni
salvifiche o, più semplicemente, si fa strumento funzionale al
rapporto tra Dio e l’uomo, ad esempio quando il bastone di
Mosè prende le sembianze del rettile (Esodo 4,2-5). Legato
in varie culture alla sfera del sacro, il serpente è considerato
essere primordiale, animale totemico. Oggetto di
venerazione sia nella civiltà cretese-micenea sia in quella
italica antica, anche nel mondo classico assume un ruolo di
rilievo. Tuttavia il suo profilo appare fluttuante e varia nel
tempo: assume dapprima, nel mondo greco, un valore
oscillante ed è spesso presente nella letteratura, da quella
scientifica a quella mitologica, oltre che nella religione, che
lo considera animale oracolare e lo impiega nella
divinazione. Quindi, nel mondo romano, si assiste a
un’accentuazione degli aspetti negativi. La tradizione
giudaico-cristiana li sottolinea e li esaspera poi nel
Medioevo; perciò questi aspetti finiscono per prevalere, nella
tradizione occidentale, dove esiste tuttora una diffusa ostilità
verso l’animale, identificato come simbolo del male (cfr.
Bodson 1989, 525 ss.). Già Aristotele, comunque, ne parla
come di un essere vile e insidioso (Historia animalium 488b).
Vista la sua natura falliforme, il serpente è, tra l’altro,
simbolo della sessualità. Eliano (De natura animalium, 6,17)
racconta l’amore di un enorme serpente e di una bella
fanciulla, riferendo un episodio che sarebbe avvenuto in
Palestina. Dall’Idra di Lerna a Cecrope, il mito è ricco di
figure di serpenti, spesso rappresentati con connotati
mostruosi e fantastici (v. anche DRAGO). Importante, nella
cultura antica, anche il suo legame con la medicina: il
bastone di Asclepio (Esculapio nel mondo romano), dio della
salute, è un antico simbolo dell’arte medica. In questa
prospettiva, l’animale è simbolo di rinascita e di fertilità.
Il processo di dissacrazione, tipico della favola, degrada il
serpente da essere straordinario, connesso alla sfera divina,
a semplice animale, emblema dell’uomo e delle sue peggiori
inclinazioni. Nella tradizione favolistica è presente in un
numero piuttosto ridotto di narrazioni, se si considera
viceversa la sua notevole importanza nella cultura antica.
Secondo Pugliarello 1973, 124, questo dato si deve «al
perdurare nel mondo mitico e nella coscienza religiosa degli
antichi delle rappresentazioni del rettile quale divinità
teriomorfa ctonia»: insomma, miti e tradizioni sono ancora
parzialmente vitali in epoca storica, perciò esistono riserve
nell’accoglierlo nella favola. Va precisato che il serpente
viene indicato con termini differenti in greco e in latino;
tuttavia la favola non ha un interesse specifico per la
caratterizzazione delle singole specie. Accanto ai termini più
generici (ὄϕις in greco e serpens in latino), che sono anche i
più diffusi nelle narrazioni esopiche, se ne trovano altri, che
vanno a individuare la biscia d’acqua, il drago, l’aspide e la
vipera (questi ultimi tra loro assai simili: v. gli
approfondimenti relativi alle singole voci). In generale, nella
favolistica antica il serpente appare infido, vorace, crudele,
ingrato. Talvolta è disposto a morire, pur di riuscire a
uccidere il suo nemico (Esopo 331 Ch.). Lo stesso Zeus
ammette di non fidarsi del serpente e quindi non accetta il
suo dono (Esopo 122 Ch.). L’animale, simbolo di perfidia,
come esplicita anche la morale della favola, dimostra di
essere un ingrato, una sorta di traditore dei benefattori in
Esopo 82 Ch. Qui troviamo un contadino che viene morso e
ucciso dal serpente (Babrio, con maggiore sforzo di
precisione, parla di una vipera) che ha riscaldato e salvato
poco prima da probabile morte. La favola 81 Ch. presenta,
invece, il tentativo di riconciliazione del contadino con il
serpente, dopo che quest’ultimo ha ucciso il figlio dell’uomo.
Questa narrazione potrebbe presupporre un motivo
abbastanza radicato nella cultura antica, quello del serpente
inteso come genius loci, custode e protettore della casa, che
tuttavia pare assente nella tradizione favolistica antica, ma
rispunta nelle parafrasi medievali: tra l’altro, in linea con
una lunga tradizione, il poeta satirico Persio (1,113 s.), nel I
secolo d.C., ricorda che dipingere serpenti in un locale
significa rendere sacro l’ambiente. Peraltro, il legame tra
uomo e rettile è attestato anche da altre fonti letterarie
(come Plinio, Naturalis historia 8,61). Insomma, secondo
Pugliarello 1973, 123, il mitico rapporto di dipendenza
dell’uomo nei confronti dell’animale sembrerebbe il
presupposto di questa favola di Esopo (Nøjgaard 1967, 407
s. pensa che, in generale, il tema sia di derivazione
orientale). Il processo di degradazione porta il serpente a
diventare persino simbolo di stoltezza, come in Esopo 116
Ch., favola in cui la vipera morde vanamente la lima,
dimostrando davvero poco acume. L’animale è ampiamente
presente nelle tradizioni favolistiche orientali: è interessante
notare come, ad esempio, l’antica favola babilonese del
serpente e dell’aquila venga assimilata nella tradizione
greco-romana, presentando tuttavia la sostituzione del
serpente orientale con la volpe (v. la voce AQUILA). Anche la
tradizione favolistica indiana offre ampio spazio al serpente
e pare riprendere diversi motivi propri della tradizione
greca, sia pure con alcune differenze: ad esempio, la favola
del serpente che si offre come cavalcatura delle ranocchie e
poi impietoso le divora (v. l’elenco e l’analisi di Marchianò
77 ss.).






Bibliografia


Stocchi C. Dizionario della favola antica, BUR, 2012

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