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Biologia del sesso




1. Introduzione
La riproduzione sessuale richiede il differenziamento di cellule germinali specializzate, geneticamente distinte da tutte le altre cellule del corpo. Queste cellule sono dette gameti: uovo quello femminile e spermatozoo quello maschile. Essenzialmente il sesso potrebbe essere definito come la capacità di un organismo di formare uova o spermi; la situazione è tuttavia molto più complessa, in quanto comprende un insieme di caratteristiche genetiche, anatomiche, fisiologiche e comportamentali che noi riconosciamo come mascolinità e femminilità. È il sesso che non solo determina la produzione da parte di un individuo di uova o di spermatozoi attraverso le gonadi, ma determina anche il differenziamento della gonade stessa a partire da una struttura embrionale, indifferenziata e bipotenziale, come pure la successiva differenziazione del tratto genitale e influenza in pratica ogni aspetto delle funzioni e della forma del corpo. Possiamo infatti parlare di configurazione scheletro-muscolare maschile o di uno schema di distribuzione del grasso di tipo femminile; perfino la chimica del sangue è strettamente legata al sesso. In parte queste caratteristiche somatiche sono influenzate dall'azione di ormoni prodotti dalle gonadi maschili e femminili, ma le differenze hanno un fondamento più profondo. Un individuo sviluppa la sua sessualità in un processo graduale, che inizia con lo stabilirsi del sesso genetico alla fecondazione, prosegue col differenziamento del tratto genitale e di altri caratteri sessuali secondari ben noti e infine coinvolge in pratica tutto l'organismo, incluso il cervello. Di conseguenza, lo sviluppo della sessualità influenza atteggiamenti, reazioni e altri aspetti del comportamento.
In molte forme di animali inferiori le uova e gli spermatozoi possono essere prodotti dallo stesso individuo: questi organismi sono noti come ermafroditi. In organismi che sono naturalmente ermafroditi la sessualità è, quindi, legata a caratteristiche genetiche del gamete, dal momento che non sono riscontrabili altre differenze somatiche tra gli individui.

2. Determinazione del sesso
Il sesso genetico è stabilito al momento della fecondazione e, fino al differenziamento delle gonadi durante lo sviluppo embrionale, l'assetto cromosomico può essere considerato la sola manifestazione del sesso. Il termine ‛determinazione del sesso' è spesso usato per indicare lo stabilirsi dell'assetto cromosomico nel momento in cui si ha la fusione dell'uovo con lo spermatozoo. Poiché ogni gamete presenta un assetto cromosomico aploide, il processo di fusione gametica, cioè la fecondazione, ristabilisce il numero cromosomico diploide caratteristico della specie e presente nel nucleo di ogni cellula somatica.
Nell'uomo, per esempio, l'assetto diploide è di 46 cromosomi. Sia nel maschio che nella femmina, 44 di questi cromosomi possono essere classificati in 22 coppie e sono detti autosomi; gli altri cromosomi femminili sono anch'essi accoppiati e sono noti come cromosomi sessuali, indicati con XX. I maschi, invece, hanno cromosomi sessuali morfologicamente distinguibili: uno è di aspetto simile al cromosoma X della femmina, mentre l'altro, il cromosoma Y, è molto più piccolo. La costituzione cromosomica sessuale del maschio è dunque XY e il sesso maschile viene detto eterogametico. Di conseguenza, quando nel processo di formazione dello sperma (spermatogenesi) si ha la riduzione dei cromosomi al numero aploide, metà degli spermatozoi sono forniti di un corredo di autosomi e di un cromosoma X, mentre l'altra metà presenta 22 autosomi e un cromosoma Y. I primi sono detti ginospermi e i secondi androspermi. È ovvio che la femmina produce un solo tipo di uovo, contenente il cromosoma X; il sesso femminile è pertanto detto omogametico (v. genetica: Citogenetica).
I tentativi di manipolare il rapporto tra i sessi nei Mammiferi si sono basati sulla separazione degli androspermi dai ginospermi. La possibilità più studiata è stata quella di separare fisicamente gli spermatozoi con il cromosoma X da quelli con il cromosoma Y, in modo tale che la fecondazione artificiale con l'una o con l'altra frazione dell'eiaculato avrebbe portato alla nascita di organismi di un determinato sesso. Questo tipo di ricerca si fonda sulla presunta esistenza di differenze chimico-fisiche tra gli spermatozoi con differenti costituzioni cromosomiche. Si è cercato di ottenere questa separazione tramite elettroforesi, centrifugazione in controcorrente e sedimentazione differenziale. Si è trovato che il rapporto maschi/femmine nei vitelli risultava aumentato quando le mucche venivano fecondate con spermatozoi che erano stati separati mediante centrifugazione; tuttavia, i casi studiati erano pochi e poichè un gran numero di spermatozoi risultava danneggiato, questo metodo non è mai stato approfondito.
L'elettroforesi degli spermatozoi è stata tentata da numerosi ricercatori. Gli spermatozoi di coniglio, ad esempio, se posti in un campo elettrico, presentano una diversa mobilità elettroforetica: alcuni migrano all'anodo, altri al catodo e altri ancora rimangono dove si trovano. Tale tecnica è basata sul principio che piccole differenze di carica elettrica sulla superficie delle cellule danno luogo a comportamenti differenti in un campo elettrico. Nel 1933 alcuni scienziati sovietici affermarono che gli spermatozoi che migravano all'anodo portavano preferenzialmente il cromosoma X. Circa 20 anni dopo si riaccese negli Stati Uniti un certo interesse per questa possibilità, e secondo un lavoro su questo argomento il rapporto tra i sessi era alterato in maniera prevedibile se lo sperma di coniglio usato per la fecondazione artificiale era sottoposto a elettroforesi. Tale conclusione era basata, come le precedenti, su un piccolo numero di casi e su piccoli squilibri nel rapporto tra i sessi e pertanto la sua validità non può essere valutata. Di tanto in tanto vengono annunciati nuovi successi, ma quando questi annunci vengono sottoposti a un numero sufficientemente elevato di prove e a un'adeguata procedura sperimentale si dimostrano eccessivamente ottimistici.
Un secondo tentativo di determinare il sesso è basato sull'eliminazione selettiva, chimica o immunologica, degli spermatozoi che portano il cromosoma X o quello Y. Durante gli anni trenta alcuni medici consigliavano lavande vaginali acide o alcaline per influenzare la determinazione del sesso. La procedura era basata sull'assunto di un medico tedesco che sosteneva che l'alcalinità della vagina danneggiava o distruggeva selettivamente i ginospermi, così che la fecondazione in un ambiente di questo tipo determinava la nascita di un maschio. Tale assunto non si basava su alcun fatto concreto e, quando fu sottoposto a vaglio sperimentale, non si dimostrò attendibile. Allo stesso modo, l'inattivazione immunologica selettiva degli spermatozoi che portano il cromosoma X o quello Y non si è ancora dimostrata un valido metodo per la determinazione del sesso, anche se la base teorica su cui è fondato è accettabile.
Si è dimostrato che la struttura cromosomica può essere rilevata colorando la cromatina con derivati dall'acridina (v. Casperson, 1970). Il preparato antimalarico dicloridrato di chinacrina provoca la fluorescenza del cromosoma Y quando viene osservato mediante un microscopio con una sorgente luminosa a vapori di mercurio. È possibile, ad esempio, studiare un campione di sperma umano colorando gli spermatozoi e stabilire quali di questi portino il cromosoma X e quali quello Y. Tale tecnica dovrebbe stimolare le ricerche sulla separazione degli androspermi dai ginospermi; prima che questo metodo fosse disponibile, per separare con qualche successo i cromosomi X da quelli Y in un campione sottoposto a prova era necessario ricorrere alla fecondazione artificiale per determinare il rapporto tra i sessi della progenie. Ciò richiedeva, quindi, un elevato numero di inseminazioni, al di là dello scopo e della possibilità sperimentale, prima di poter giudicare se era stato ottenuto un qualche successo seppur minimo nell'alterazione del rapporto tra cromosomi X e Y di un campione di sperma. Così, a meno di non aver la fortuna di un notevole successo al primo tentativo di separazione, il ricercatore non poteva sapere neanche se il lavoro procedeva nella direzione giusta. Attualmente, con l'applicazione della tecnica di fluorescenza alla chinacrina, il rapporto tra spermatozoi con cromosoma X e spermatozoi con cromosoma Y in campioni di sperma può essere stabilito all'esame visivo.
Il meccanismo biochimico o cellulare mediante il quale è espressa la costituzione genetica del sesso non è stato ancora chiarito. Secondo una delle teorie il sesso è determinato geneticamente in base a un bilancio quantitativo tra fattori che determinano la mascolinità e fattori che determinano la femminilità. Sebbene i cromosomi sessuali siano il principale veicolo dei geni che determinano il sesso, in alcuni animali anche fattori autosomici possono contribuire al bilancio quantitativo che stabilisce il sesso (v. Goldschmidt, 1955). Il sistema del ‛bilancio' opera in maniera tale che una dose doppia di determinanti femminili sul cromosoma X (XX) ha la meglio sui determinanti maschili presenti al di fuori della X, ma una singola dose (XY) non è sufficiente a far predominare i fattori femminili. La teoria del bilancio quantitativo per la determinazione del sesso mette in evidenza che i determinanti sessuali maschili e femminili sono presenti in entrambi i sessi e spiegano il fatto che in ogni sesso è presente la potenzialità dell'altro. Secondo una variante di tale teoria quantitativa il gene maschio-determinante è presente nel cromosoma Y in più copie, e in tal modo si spiega perché la presenza di un cromosoma Y abbia una così forte influenza maschio-determinante. Vi sono alcune interessanti variazioni del meccanismo genetico che implicano cromosomi sessuali distinti. In alcune specie il cromosoma Y è attaccato a uno degli autosomi; tale meccanismo è presente nella mangusta. In alcuni marsupiali e pipistrelli, invece, è il cromosoma X a essere legato a uno degli autosomi.
Nell'uomo il cromosoma X porta molti geni che controllano altri caratteri oltre alla sessualità. Esso, per esempio, è il locus genico che determina il tipo di gruppo sanguigno, il daltonismo e alcuni errori congeniti del metabolismo. È molto raro, invece, che nel cromosoma Y sia presente un gene che controlla fattori diversi dalla determinazione del sesso. In questo caso si parla di geni legati al sesso (sex linked). Un gene legato al sesso è localizzato sul cromosoma X o su quello Y (quasi sempre sull'X). Poiché il cromosoma X, a differenza di quello Y, porta molti geni legati al sesso, è evidente che nelle femmine XX tali geni saranno presenti in dose doppia, mentre nei maschi XY ne sarà presente una sola dose. Nelle femmine dei Mammiferi sembra si sia evoluto un meccanismo di compensazione del dosaggio. Secondo un'ipotesi proposta per la prima volta da M. F. Lyons (v., 1970), a uno stadio molto precoce dello sviluppo embrionale uno dei cromosomi X di ogni cellula del corpo diviene inattivo; di conseguenza tutta la progenie di quella cellula rifletterà questa inattivazione di un cromosoma X, che viene detto cromosoma X eterocromatico. Sembra che il processo di inattivazione avvenga in maniera completamente casuale, sebbene in base ad alcuni dati pare che, se c'è un cromosoma X in qualche modo difettoso, è proprio questo a essere inattivato. Una conseguenza di tale inattivazione casuale è che gemelle identiche (gemelle monozigotiche, cioè derivate da un singolo uovo fecondato) tendono a essere meno uguali nell'aspetto e in altre caratteristiche che non due gemelli monozigotici maschi.
I primi indizi del processo di inattivazione del cromosoma X furono rilevati nel 1949 da M. L. Barr, che tuttavia non correlò subito le sue scoperte morfologiche alla teoria dell'azione del cromosoma X Barr notò che nei nuclei delle cellule di gatta era presente una piccola, densa massa di eterocromatina (v. Barr e Bertram, 1949). La presenza o l'assenza di questo corpuscolo, che è diventato noto col nome di ‛corpo di Barr', poteva essere usata per differenziare al microscopio cellule provenienti da animali di sesso femminile o maschile. Da allora è stato individuato in un gran numero di specie. Nei nuclei dei leucociti polimorfonucleati si presenta come una protuberanza a forma di bastoncino (drumstick) attaccata alla massa principale di cromatina. Grazie a questa scoperta, divenne possibile determinare il sesso di un feto studiando i nuclei delle cellule presenti nel liquido amniotico ottenuto mediante amniocentesi. Questo procedimento è di notevole importanza per la diagnosi di anomalie che riguardano i cromosomi sessuali e che sono alla base di alcune forme di intersessualità negli esseri umani. Ogni massa di cromatina sessuale eteropicnotica è indice dell'inattività di un cromosoma X. Quindi, se nelle cellule di un maschio si trova cromatina sessuale, si deve concludere che esse presentano, oltre a un cromosoma Y, un cromosoma X in più, inattivo (extra X). Questa costituzione sessuale, XXY, è caratteristica di una forma di intersessualità maschile nota come sindrome di Klinefelter. Al contrario, se le cellule di una femmina sono prive del cromosoma X inattivo (cromatina sessuale negativa) si potrà dire che la costituzione genetica è del tipo XO. Questa costituzione è caratteristica della sindrome di Turner, una forma di agenesia gonadica (ovarica).

3. Differenziazione sessuale primaria
Le ghiandole sessuali hanno la doppia funzione di produrre gameti e di secernere ormoni. Sia nel maschio che nella femmina si originano come blastemi simili e non differenziati, costituiti da una regione corticale e da una midollare. La corticale induce la differenziazione in senso femminile, la midollare quella in senso maschile (v. Witschi, 1956). Nel caso di sviluppo in senso maschile prevarrà la midollare embrionale, che andrà a formare la maggior parte del testicolo; la corticale, invece, regredirà. Lo sviluppo in senso femminile è caratterizzato dalla predominanza della corticale, che darà luogo a un ovario. Normalmente lo schema della differenziazione per formare testicoli od ovari è stabilito dal sesso genetico determinato alla fecondazione. Nondimeno, questo processo può essere influenzato da fattori non genetici. È stato dimostrato che tra gli Anfibi, gli Uccelli o i Mammiferi i testicoli possono benissimo svilupparsi, in individui che sono geneticamente femmine, se si fa uso di ormoni o di influenze fisiche adatte quando la gonade embrionale è ancora in uno stato indifferenziato. Si può, viceversa, indurre un individuo geneticamente maschio a produrre un ovario. I fattori che determinano la differenziazione alternativa in testicolo od ovario possono essere distinti in tre gruppi: genetici, ambientali, o agenti interni localizzati.
Negli Anfibi, condizioni ambientali come una temperatura troppo alta o una fecondazione ritardata possono invertire parzialmente o completamente la determinazione del sesso genetico. In natura un esempio dell'importanza delle condizioni ambientali durante la differenziazione delle gonadi è fornito dal caso dell'anguilla. Il rapporto tra i sessi nelle popolazioni di anguille differisce grandemente nelle diverse località geografiche, nonostante che il meccanismo genetico per la determinazione del sesso dovrebbe produrre un rapporto 50:50. Fra alcune anguille europee le femmine sono prevalenti nei tratti di fiume più alti, mentre negli estuari e lungo le coste marine sono più frequenti i maschi. Inoltre, ai confini delle aree di distribuzione geografica di una specie tendono a essere predominanti le femmine. I dati raccolti e le prove sperimentali suggeriscono che alcune condizioni ambientali, come la temperatura e l'affollamento, possono annientare la determinazione genetica del sesso ed esercitare un'influenza primaria sulla sua determinazione. L'influenza esercitata da fattori esterni non fa cambiare la costituzione genetica, ma contrasta l'azione dei sistemi che operano nella differenziazione della gonade e che attivano la midollare o la corticale.
L'influenza dei fattori ambientali esterni sulla determinazione del sesso è stata riscontrata in molte specie di Invertebrati. In Bonellia, un verme sessile, i maschi sono piccoli e vanno incontro al differenziamento sessuale mentre sono attaccati parassiticamente alle femmine, che sono più grandi. La maggior parte delle larve che nuotano liberamente nell'acqua si differenzia in maschi quando si poggia sulla proboscide della femmina, mentre quelle che si fissano al fondo si trasformano in femmine. Estratti di proboscide, aggiunti all'acqua in cui si trovano le larve indifferenziate, sono efficaci nel promuovere la differenziazione in maschi. In un anellide, Ophryotrocha, tutti gli individui giovani sono funzionalmente maschi, ma diventano femmine in condizioni ambientali favorevoli. Condizioni non favorevoli, come la carenza di ossigeno o l'accumulo di rifiuti dovuto al sovraffollamento, fanno sì che la femmina diventi nuovamente maschio. Tali esempi sono utili per dimostrare che molti invertebrati presentano un meccanismo genetico talmente labile che alterazioni naturali o sperimentali dell'ambiente possono essere sufficienti a produrre una inversione sessuale.
Il ruolo dei fattori interni locali nel differenziamento sessuale diventa evidente mediante un'analisi delle inversioni sessuali sperimentali o naturali nei Vertebrati. La descrizione fatta da Lillie (v., 1916) dei gemelli di bovini di sesso diverso illustra tale concetto. Quando le membrane fetali di embrioni di vitello maschio e femmina si uniscono nell'utero così che si sviluppa una circolazione sanguigna comune, l'embrione femminile viene modificato in senso maschile, dando origine a una vitella sterile (freemartin). La trasformazione è così completa che la femmina sviluppa un testicolo sterile anzichè un ovario. Un'inversione sessuale completa, al punto da trasformare individui geneticamente maschi o femmine in individui di sesso opposto riproduttivamente funzionali, è stata ottenuta sperimentalmente mediante somministrazione di sostanze ormonali prima della differenziazione embrionale delle gonadi. Un esempio è rappresentato dall'inversione sessuale di Xenopus, il rospo sudafricano. Se si allevano giovani girini in un acquario contenente piccole quantità di estrogeni non si manifesterà l'atteso rapporto tra i sessi di 50: 50; tutte le larve si trasformeranno invece in femmine con ovario. Che questi maschi genetici possano riprodursi funzionalmente come femmine, pur non presentando un'alterazione della costituzione genetica originaria, può essere dimostrato mediante incroci sperimentali tra questi maschi di sesso trasformato e maschi normali. Poiché in questa specie il maschio è omogametico (ZZ), il 100% dei nati da tale incrocio saranno maschi. Mediante tale sistema è stato possibile ottenere la completa inversione sessuale di molte specie di Anfibi. La inversione della funzione sessuale può essere ottenuta anche negli Uccelli; ed è del tutto lecito supporre che tale evento possa verificarsi altresì nei Mammiferi, anche se non è stato ottenuto sperimentalmente nè è stato trovato in natura.
È stata proposta di recente un'interpretazione più specifica per l'espressione biochimica dell'azione genetica che porta alla differenziazione gonadica (v. Ohno e altri, 1979). Ohno ha proposto che il cosiddetto antigene H-Y, correlato con la istocompatibilità (v. trapianti) e determinato da un locus del cromosoma Y, svolga un importante ruolo nella differenziazione del testicolo. L'ipotesi suggerisce che l'antigene H-Y possa essere il prodotto di geni che inducono lo sviluppo del testicolo nei Mammiferi e che la gonade primordiale di un mammifero si differenzi in testicolo in presenza di questo antigene e in ovario in sua assenza. L'ipotesi è basata su un gran numero di prove, anche se indiziarie. Secondo gli studiosi che si occupano dell'argomento, l'architettura testicolare della gonade è invariabilmente associata alla presenza dell'antigene H-Y, qualunque sia il sesso genetico o il sesso fenotipico: l'antigene H-Y è infatti presente in maschi XX o veri ermafroditi XX e anche in femmine XY con sindrome di femminilizzazione testicolare. Questi sono tutti esempi di individui dotati di testicoli, a prescindere dal genotipo o dal fenotipo sessuale secondario. Un esempio di maschio genetico senza testicolo è la femmina fertile XY del lemming Myopus schisticolor: questi animali sono privi dell'antigene H-Y. Il supporto sperimentale alla teoria è fornito dal fatto che antigeni H-Y esogeni inducono la formazione del testicolo quando vengono aggiunti in vitro a gonadi XX di feto di vitello. I dati suggeriscono che possa esistere una famiglia di determinanti per il testicolo H-Y localizzata vicino alla porzione centrale del cromosoma Y umano. Si è dedotto che la produzione dell'antigene H-Y da parte dei geni strutturali del cromosoma Y sia regolata da geni del cromosoma X. Un'altra ipotesi propone che i geni del cromosoma X siano strutturali e quelli del cromosoma Y regolatori. L'antigene H-Y è probabilmente rilasciato durante l'embriogenesi analogamente a un ormone e si lega ai recettori specifici della gonade che sono presenti in entrambi i sessi. La teoria suggerirebbe quindi che l'antigene H-Y svolga un ruolo attivo nell'indurre la trasformazione della gonade primordiale in testicolo. Per riassumere la sua ipotesi Ohno scrive: ‟La gonade embrionale indifferenziata dei Mammiferi possiede l'intrinseca tendenza a evolvere in ovario. È probabile che il significato preciso di questa affermazione generale sia nell'espressione bisessuale della membrana plasmatica dei componenti che organizzano l'ovario e dei loro specifici recettori di membrana. L'organogenesi del testicolo, che normalmente, ma non sempre, dipende dalla presenza del cromosoma Y, è dovuta all'attività di due componenti della membrana plasmatica: l'antigene H-Y specifico del maschio ma ubiquitario e i suoi recettori specifici presenti solo sulle cellule gonadiche ma di entrambi i sessi. Di questi quattro componenti dell'organogenesi gonadica dei Mammiferi, solo l'espressione dell'antigene H-Y è limitata al sesso maschile eterogametico. Di conseguenza, questo componente della membrana plasmatica, che si è sempre conservato inalterato nel corso dell'evoluzione, emerge come il principale regolatore del meccanismo primario (gonadico) di determinazione del sesso nei Mammiferi. Il fatto che sia ubiquitario e che nel maschio sia espresso costitutivamente riflette il suo ruolo regolatore dominante, poiché un dominante, per definizione, non è soggetto a subordinazione genetica".
Molte delle prove secondo le quali esiste un rapporto causale tra antigene H-Y e differenziazione del testicolo sono prove indiziarie, basate sulla relazione tra morfologia della gonade e presenza dell'antigene H-Y negli individui normali e intersessuali, ma sono venute in luce anche alcune prove sperimentali a sostegno di tale teoria. È stato affermato che anticorpi contro l'antigene H-Y aggiunti a colture di cellule dissociate di testicolo di ratti neonati ne impediscono la riaggregazione in tubuli seminiferi e promuovono una nuova organizzazione simile a quella dei follicoli ovarici. Inoltre, se un antisiero specifico contro l'antigene H-Y viene usato per bloccare i siti antigenici H-Y in sospensioni di cellule testicolari di topi neonati, queste cellule dissociate si riaggregano in ammassi simili a follicoli ovarici. Questi esperimenti, comunque, sono basati su risultati morfologici che possono essere ambigui. Esistono alcuni risultati sperimentali contrari all'ipotesi che considera l'antigene H-Y come un ormone sistemicamente attivo sulla gonade, che induce l'inversione del sesso. In un esperimento, alcuni ovari fetali di criceto furono fatti crescere in coltura di organo a contatto con testicoli fetali di animali della stessa età: il normale sviluppo dell'ovario non ne risultò influenzato.
Il preciso ruolo dell'antigene H-Y nella differenziazione gonadica, se esiste, non è ancora stato stabilito con esattezza. Il chiarimento dipenderà da ulteriori prove sperimentali, come, ad esempio, da un'analisi della presenza di H-Y nel caso di inversioni sessuali, sia normali sia sperimentali, in specie, come quelle menzionate precedentemente, in cui la bipotenzialità della gonade embrionale consente ai fattori ambientali di influenzare la direzione della differenziazione.

4. Differenziazione sessuale secondaria

La differenziazione delle strutture sessuali accessorie segue la differenziazione primaria delle gonadi; quasi senza eccezione, nella classe dei Vertebrati questi organi non sono sotto diretto controllo genetico ma subiscono l'influenza delle secrezioni delle gonadi neoformate. Nell'embrione, durante lo stadio indifferenziato, l'ovidutto (dotto di Müller) e il dotto mesonefrico (di Wolff) sono presenti in entrambi i sessi. L'ovidutto costituisce l'abbozzo che darà luogo alle tube di Falloppio, all'utero e alla parte superiore della vagina. Il dotto mesonefrico dà origine all'epididimo, ai vasi deferenti e alle vescicole seminali. Nel maschio l'ovidutto degenera, durante il processo della differenziazione sessuale secondaria, mentre nella femmina a regredire è il dotto mesonefrico. I genitali esterni di entrambi i sessi si sviluppano da abbozzi bipotenziali: il seno urogenitale e il tubercolo genitale, che hanno la capacità di svilupparsi in senso maschile o femminile. Ogni embrione possiede quindi potenzialmente la capacità di sviluppare genitali interni ed esterni di entrambi i sessi. Esperimenti condotti mediante l'impiego di tecniche di castrazione fetale hanno chiarito l'influenza della gonade fetale sul differenziamento degli organi sessuali accessori (v. Jost, 1970). In assenza di gonadi, i feti di Mammifero sviluppano strutture accessorie femminili, indipendentemente dal fatto che gli individui castrati siano geneticamente maschi o femmine. Se maschi genetici sono privati delle loro gonadi fetali dopo che è iniziata la mascolinizzazione della parte superiore del dotto del sistema genitale, solo la parte inferiore e i genitali esterni saranno di tipo femminile. In questo modo è possibile ottenere sperimentalmente pseudoermafroditi che possiedono strutture genitali sia femminili sia maschili. Mediante castrazione unilaterale è possibile dimostrare che la capacità morfogenetica del testicolo fetale di Mammifero agisce localmente sopprimendo l'ovidutto e attivando il mesonefro. La rimozione di un singolo testicolo fetale dà luogo alla comparsa di dotti femminili dal lato operato, mentre, nella parte integra, continua lo sviluppo maschile.
Questi esperimenti di Jost su feti di coniglio hanno contribuito notevolmente alla comprensione dello pseudoermafroditismo e dell'intersessualità umana. Esperimenti analoghi sugli Uccelli hanno messo in luce un fatto interessante e cioè che in questo gruppo di Vertebrati è l'ovario che deve essere presente per sopprimere la tendenza a una differenziazione in senso maschile (v. Wolff, 1953). I principi inerenti al ruolo induttivo della gonade nel differenziamento degli organi sessuali accessori sono gli stessi. Il motivo per cui la rimozione della gonade determina la mascolinizzazione in un gruppo di Vertebrati e in un altro la femminilizzazione è, senza dubbio, una questione problematica. Con ogni probabilità, la spiegazione è legata al fatto che nei Mammiferi sono omogametiche le femmine, mentre negli Uccelli lo sono i maschi. Non sappiamo però come questo fattore genetico agisca nella differenziazione secondaria.

5. Controllo dei caratteri sessuali secondari nell'adulto
La stabilità e il mantenimento dei caratteri sessuali secondari, sia morfologici sia comportamentali, implica abitualmente il coordinamento delle interazioni ormonali. Alcuni dimorfismi sessuali, in particolare tra gli Uccelli, non sono controllati da fattori ormonali, ma sono direttamente determinati dalla costituzione genetica. Questo è il caso delle normali differenze nel piumaggio che si riscontrano tra i sessi di molte specie aviarie. Nel passero inglese non si osserva alcun rilevante mutamento nel dimorfismo del piumaggio né asportando le gonadi nè iniettando ormoni. Un caso intermedio è rappresentato dal fagiano, nel quale il pieno sviluppo del piumaggio caratteristico del sesso dipende dall'azione simultanea di fattori genetici e ormonali.
Nonostante questi esempi di controllo genetico diretto, riscontrati principalmente tra gli Uccelli, la grande maggioranza delle espressioni comportamentali e morfologiche della sessualità sono determinate e controllate da meccanismi ormonali (v. Young, 1961). I caratteri sessuali controllati dagli ormoni vanno dagli elaborati riti di corteggiamento delle salamandre a quei maestosi ornamenti che sono le corna del cervo o la criniera del leone. Quasi tutte queste caratteristiche specifiche del sesso sono sotto l'influenza degli ormoni steroidi, prodotti dalle ghiandole sessuali. Sono stati tuttavia descritti casi eccezionali in cui gli ormoni proteici della ghiandola pituitaria esercitano una diretta influenza sui caratteri sessuali secondari. In molti generi di fringuello africano il maschio, all'inizio della stagione degli amori, assume un brillante piumaggio nuziale che conserva per 2 o 3 mesi; in seguito, dopo la muta, assume un piumaggio simile a quello della femmina, caratteristica che nelle femmine è costante. Questo cambiamento di piumaggio coincide con il passaggio ciclico delle gonadi dallo stato di quiescenza a quello di fertilità. I maschi castrati continuano, comunque, a sviluppare ritmicamente il piumaggio colorato. Questo fatto indica che la pigmentazione delle penne, durante la fase maschile del ciclo del piumaggio, non è controllata dalle gonadi; è stato infatti dimostrato che è un ormone luteinizzante a controllare direttamente questo carattere sessuale secondario. Questo è un caso isolato, forse una transizione evolutiva, perché quasi sempre gli ormoni dell'ipofisi esercitano la loro azione su ghiandole endocrine ed è il secreto di queste ghiandole-bersaglio a influenzare, in generale, le altre caratteristiche dell'organismo (v. ormoni nei vertebrati).
Man mano che un vertebrato si avvicina allo stadio della maturità sessuale, il contrasto tra maschi e femmine diventa sempre più evidente. I maschi di Lebistes reticulatus sviluppano un gonopodio; sulle dita dei maschi delle rane compaiono cuscinetti di grasso; nel maschio della tartaruga Pseudemys elegans iniziano ad allungarsi i tre artigli intermedi degli arti anteriori che saranno usati durante il corteggiamento per stimolare la femmina. Nei più diversi vertebrati, come nella rana leopardo (Rana pipiens), nella raganella, nel gallo delle praterie, nell'anatra domestica o nel visone maschio, divengono evidenti cambiamenti vocali non dissimili da quelli dei ragazzi all'approssimarsi della pubertà. Con la comparsa della funzione gonadica nel maschio del cervo - della Virginia cominciano a comparire le corna. Al momento in cui queste appendici saranno necessarie per il combattimento durante il corteggiamento, avranno eliminato la pelle che le riveste e si saranno indurite in conseguenza dello stimolo ormonale del testicolo. La zanna del verro, le corna del toro, le ghiandole odorifere del caprone, le corna del montone, la cresta e gli speroni del gallo domestico sono tutti caratteri sessuali secondari ben conosciuti che dipendono dall'azione degli ormoni testicolari. Anche nelle femmine lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari dipende dagli stimoli degli ormoni secreti dalle gonadi. Gli ovidutti filiformi della rana femmina si ingrandiscono fino a occupare la maggior parte della cavità addominale non appena si avvicina la prima stagione degli amori. Il dispettoso risentimento della femmina dell'opossum nei confronti degli ‛approcci' tentati dal maschio viene sostituito da una docile accettazione al momento in cui l'ovario diviene funzionante. Le femmine di Xenopus, indistinguibili dal maschio nella prima giovinezza, rispondono alla produzione di ormoni ovarici con una crescita tipicamente femminile, così come il risveglio dell'ovario stimola nelle ragazze durante la pubertà lo sviluppo delle forme femminili.

6. Cicli sessuali: influenze neurologiche sulla sessualità

In molti vertebrati la maggior parte delle caratteristiche specifiche del sesso compaiono e regrediscono stagionalmente nel periodo degli amori, mentre in altri, inclusi tutti i primati studiati, la maggior parte delle caratteristiche sessuali viene mantenuta dalla pubertà fino al sopraggiungere della senilità gonadica. Queste differenze dipendono dagli eventi che regolano la funzione delle gonadi. Tutti i vertebrati inferiori, la maggior parte degli uccelli e alcune specie di mammiferi selvatici hanno una stagione annuale per gli incroci, alla fine della quale ovari e testicoli regrediscono. Di conseguenza, i caratteri sessuali secondari dipendenti dagli ormoni divengono quiescenti, pronti a ricomparire alla primavera successiva. Il coniglio Sylvilagus sp. è un rappresentante caratteristico di questa categoria: a ogni autunno i testicoli ritornano a una completa condizione di immaturità, a metà inverno cominciano la loro crescita e all'inizio della primavera le gonadi raggiungono un peso pari a 50-100 volte quello della fase inattiva. Allo stesso modo, sia strutture sessuali, come le vescicole seminali e la prostata, sia gli schemi di comportamento sessuale regrediscono e ricompaiono ogni anno sotto l'influenza dell'abbassarsi e del rialzarsi dei livelli degli ormoni testicolari. Gli animali con estro annuale presentano anche un periodo di quiescenza dell'ovario. L'ovario dello storno aumenta di peso una trentina di volte dall'inizio dell'inverno alla primavera. Gli ormoni ovarici non sono prodotti durante la fase inattiva, ma ricompaiono gradualmente ogni anno non appena inizia la crescita dell'ovario. Di conseguenza lo sviluppo dell'ovidutto e altri fattori necessari per una buona funzione riproduttiva sono stimolati dall'ormone appropriato in tempo per la stagione degli amori.
Il carattere ritmico della funzione gonadica in entrambi i sessi degli animali con estro stagionale è il risultato di ondate concomitanti di ormoni che stimolano le gonadi (gonadotropine), prodotti dalla preipofisi. Nel coniglio maschio Sylvilagus il contenuto di gonadotropine dell'ipofisi aumenta del 600% dalla fase inattiva all'inizio del periodo riproduttivo. In molte specie è stato provato che i cambiamenti stagionali della durata del giorno hanno un importante ruolo nel controllo dei picchi di produzione delle gonadotropine: ad esempio, la trota di ruscello, che abitualmente depone le uova in dicembre, si riprodurrà in agosto se il ritmo luce-buio è opportunamente alterato. Analogamente, nella femmina del passero si può stimolare lo sviluppo dell'ovario, che è dovuto al risveglio della produzione di gonadotropine, anche in inverno purché si aumenti il periodo di luce. La luce non è l'unica causa che induce l'attività ciclica dell'ipofisi, ma gli altri fattori non sono stati ancora completamente chiariti. È chiaro però che essi esercitano la loro influenza sull'ipofisi attraverso il sistema nervoso: l'ipotalamo o i centri superiori del cervello. Pertanto il controllo della produzione e della liberazione di gonadotropine è un esempio di meccanismo neuroendocrino che connette i due più importanti sistemi di coordinazione dell'organismo. È evidente che le differenze nel ciclo sessuale delle femmine dei Mammiferi riflettono semplicemente diversi gradi di spontaneità nella funzione delle vie neuroendocrine che controllano la produzione e la liberazione di ormoni gonadotropi. Gli animali monoestrali, a estro stagionale come il coniglio Sylvilagus o il furetto, vengono stimolati dalla luce primaverile a elaborare gli ormoni gonadotropi che consentono lo sviluppo del follicolo ovarico e inducono l'ovario a produrre estrogeni. L'ovario può rimanere in questa condizione per tutta la durata del periodo riproduttivo. Nessun altro evento indotto dalle gonadotropine avviene spontaneamente. Quando lo stimolo neurale, innescato dall'accoppiamento, raggiunge l'ipofisi, vengono liberate le gonadotropine necessarie per l'ovulazione e l'ovario risponde a tale stimolo ormonale rilasciando le uova dai follicoli maturi e commutando la sua produzione di ormoni da quelli di tipo preparatorio della sessualità (estrogeni) a quelli di tipo preparatorio per la gravidanza (principalmente progesterone). Lo stimolo che deriva dall'accoppiamento attiva anche il rilascio dell'ormone gonadotropo necessario a che l'ovario continui a produrre progesterone. Questa sequenza rappresenta lo schema di base caratteristico della produzione di gonadotropine necessarie per la completa manifestazione della sessualità controllata dalla gonade in tutte le femmine dei Mammiferi. I meccanismi neuroendocrini degli animali poliestrali, come il ratto e il topo, provocano sia il rilascio delle gonadotropine follicolo-stimolanti sia quello delle gonadotropine che inducono l'ovulazione secondo una sequenza ripetitiva. In questo modo l'ovulazione spontanea diviene un evento regolare nel ciclo riproduttivo di questi animali, per i quali - è il caso, per esempio, del coniglio - l'attivazione di quei meccanismi neurali che controllano il rilascio delle gonadotropine, in modo che l'ovario continui a produrre progesterone, dipende dallo stimolo dell'accoppiamento. Nel caso dei riproduttori progestazionali (mucche e cavie) e dei riproduttori mestruali (uomo e altri primati), invece, anche quest'ultimo evento è un avvenimento spontaneo del ciclo riproduttivo e spiega la lunga fase postovulatoria del loro ciclo.
Il controllo neurale della liberazione delle gonadotropine può essere considerato l'evento chiave attraverso cui la ‛mascolinità' e la ‛femminilità' diventano contrapposte nell'attività degli ormoni sessuali degli individui di molte specie. Eccettuato il caso degli animali con estro stagionale, il maschio tende a rilasciare la quantità di gonadotropine necessaria per la completa funzione gonadica - sia ormonale che gametica - in maniera non ciclica (sebbene possa essere messo in evidenza un ciclo giornaliero); tale tendenza è riscontrabile anche negli animali con estro stagionale durante l'annuale periodo riproduttivo. Le femmine di ogni specie, invece, presentano un'attività gonadotropinica ciclica che controlla le note variazioni temporali della funzione ovarica e quasi tutti i caratteri sessuali secondari, inclusa la recettività sessuale. In molti ungulati esiste un parallelismo fra la durata dell'estro e la relativa preponderanza dell'ormone follicolo-stimolante nell'ipofisi, che in genere favorisce un utile sincronismo fra il periodo della massima recettività sessuale e la liberazione spontanea delle gonadotropine che inducono l'ovulazione.
La differenziazione sessuale a livello cerebrale è stata studiata piuttosto approfonditamente. A seconda della specie, tale differenziazione può avvenire nella vita fetale o neonatale, apparentemente sotto l'influenza del testosterone. Il testosterone può comunque essere convertito in estrogeno nel cervello, e secondo alcuni dati pare che possa essere proprio l'estrogeno la forma di androgeno biologicamente attiva a livello del sistema nervoso centrale. La differenziazione sessuale del cervello ha profonde conseguenze anatomiche, fisiologiche e comportamentali. È possibile, ad esempio, riscontrare grossolane differenze morfologiche, istologiche e ultrastrutturali tra i cervelli di animali adulti maschi e femmine.
In molte specie sono state riscontrate nette differenze fisiologiche tra maschi e femmine nella risposta ipotalamica o ipofisaria all'iniezione di estrogeni. Le femmine presentano una scarica a feedback positivo dell'ormone luteinizzante, assente nel maschio integro. Questo è stato dimostrato per gli esseri umani, per la scimmia Rhesus e per la pecora. Vi sono anche notevoli differenze comportamentali tra maschi e femmine nella risposta a un dato ormone sessuale (v. Short, 1979).

7. Riproduzione sessuale
Il processo riproduttivo sessuale, come illustrato dagli eventi della riproduzione umana, può essere considerato come un'intricata serie di fenomeni che devono necessariamente progredire in una determinata sequenza, dato che una qualsiasi interruzione può bloccare l'intero processo (v. Segal, 1974). Il ruolo del maschio, almeno per quanto riguarda il suo contributo biologico, termina con la fecondazione. La femmina, invece, continua il complicato processo, ospitando l'uovo appena fecondato in una particolare matrice nutritiva e protettiva, controllata da vari ormoni.
Ogni mese, dal momento in cui raggiunge la maturità sessuale, la femmina si prepara a una possibile gravidanza. Viene prodotto un uovo, la cervice uterina diviene recettiva al passaggio degli spermatozoi, le capacità muscolari e secretorie dell'utero e delle tube di Falloppio diventano adatte al trasporto degli spermatozoi e dell'uovo e il rivestimento endometriale dell'utero si prepara a ospitare l'uovo fecondato. Tutti questi eventi si verificano grazie a due sequenze, distinte ma correlate, di avvenimenti: il ciclo ovulatorio e quello uterino o mestruale.
L'evento chiave è lo sviluppo mensile dell'uovo. Fino dalla sesta settimana di vita embrionale, circa 2.000 oogoni ameboidi, o cellule germinative, migrano nell'ovario umano da una regione specializzata del sacco vitellino. Nel corso dello sviluppo embrionale e fetale il loro numero, grazie alla divisione cellulare, aumenta enormemente. Alla nascita, gli ovari di una neonata contengono circa 500.000 follicoli primari: singoli oociti, precursori dell'uovo, circondati da cellule follicolari; la maggior parte dei follicoli è, comunque, destinata a degenerare spontaneamente in un processo che continua durante l'infanzia, l'adolescenza e tutto il periodo della fecondità. Solo occasionalmente un uovo maturerà e avrà la possibilità di partecipare alla fecondazione - forse meno di 400 nell'intera vita riproduttiva di una donna.
Fra le migliaia di follicoli primari, pochissimi cominciano a svilupparsi non appena l'ipofisi aumenta la produzione di ormone follicolo-stimolante (FSH) facendone innalzare il livello in circolo; ciò si verifica ogni mese, pochi giorni prima del periodo mestruale. Dopo circa dieci giorni un solo follicolo, di solito, continua a progredire e diviene completamente maturo e pronto a liberare il suo uovo. A metà del ciclo, verso il 14° giorno, vi è un brusco aumento nella produzione, da parte dell'ipofisi, di ormone luteinizzante (LH), che provoca l'ovulazione; l'oocita viene allora espulso attraverso il punto di rottura dando luogo a una cascata di cellule follicolari e di liquido. L'uovo rilasciato viene portato via dalla superficie dell'ovario dall'estremità aperta e ondulante della tuba di Falloppio. A questo punto l'uovo ha ancora 46 cromosomi, il normale assetto umano; il processo di divisione riduzionale, detto meiosi (v. genetica: Citogenetica), mediante cui l'assetto viene ridotto a 23 cromosomi, per potersi unire con i 23 dello spermatozoo al momento della fecondazione, inizia durante la vita fetale ma resta sospeso per molti anni. Il modo in cui si riesca a mantenere questa sospensione dello sviluppo resta un enigma. All'ovulazione il processo viene ripreso con l'eliminazione del primo corpuscolo polare che porta 23 cromosomi. I rimanenti 23 si replicano ancora una volta e solo dopo che lo spermatozoo è venuto in contatto con la superficie dell'uovo viene espulso un secondo corpuscolo polare, riducendo di nuovo il materiale genetico a metà, in modo che l'unione dell'uovo con lo spermio produrrà il normale corredo di materiale ereditario (v. figura).
La fecondazione, che un tempo era considerata una semplice questione di interazione tra uova e spermi, implica in realtà un'intricata serie di passi che iniziano quando lo spermatozoo giunge in contatto con la zona pellucida, un rivestimento viscoso che circonda l'uovo. Mediante un'azione enzimatica lo spermio attraversa la zona ed entra in contatto con la superficie dell'uovo, innescando una serie di risposte funzionali e strutturali: evento chiave è il blocco immediato dell'entrata di altri spermatozoi. Infatti, senza lo sviluppo evolutivo di un mezzo per prevenire la polispermia (entrata di più spermi) la riproduzione sessuale non sarebbe un mezzo efficace per il mantenimento della specie, dal momento che la polispermia e quasi sempre incompatibile con la vita. La barriera contro la polispermia comporta cambiamenti nella zona pellucida, che la rendono impenetrabile, e alterazioni della superficie dell'uovo che impediscono l'attacco di altri spermatozoi; la precisa natura di questo blocco resta tuttavia sconosciuta. Lo spermatozoo che feconda l'uovo raggiunge il citoplasma dalla membrana esterna dell'uovo attraverso fasi successive, durante le quali stimola l'uovo stesso a completare la sua seconda divisione riduttiva e ne orienta l'asse del futuro sviluppo. Anche a questo punto non è ancora del tutto evidente che la fecondazione è avvenuta. Per circa 12 ore sono visibili all'interno del citoplasma le formazioni dei due pronuclei dell'uovo e dello spermatozoo. I pronuclei, che sono degli organelli a struttura complessa, si avvicinano gradualmente. Quindi, in seguito a ulteriori cambiamenti strutturali, i contributi dell'eredità materna e paterna si fondono e, con tale evento, inizia la prima divisione cellulare dello zigote. Dopo 36 ore la singola cellula si è duplicata. Dopo 2 giorni l'uovo può essersi diviso ancora 2 volte in modo da formare una microscopica pallina di otto cellule. È in questa condizione che l'uovo completa il suo passaggio attraverso la tuba di Falloppio ed entra nell'utero.
Quattro giorni dopo la fecondazione l'uovo è un ammasso di 32-64 cellule che stanno cominciando a dividersi più rapidamente. Questo stadio corrisponde circa al 19°-20° giorno del ciclo mestruale. L'ammasso di cellule rimane libero per uno o due giorni e assume la forma di un anello a castone: una massa interna di cellule attorniata da una singola fila di cellule trofoblastiche o nutritizie. Questo stadio pre-embrionale è chiamato blastocisti. In condizioni adatte, l'anello esterno di cellule si annida nell'endometrio e comincia a formare la placenta. La massa interna di cellule, dopo diversi giorni di divisioni cellulari e di riassestamenti interni, diviene un embrione umano.
Contemporaneamente, e in modo integrato, avviene una seconda serie di eventi tali da assicurare un alloggiamento che protegga e sostenga l'uovo all'interno dell'utero. In uno stadio precoce del ciclo mestruale di quattro settimane, prima dell'ovulazione, l'ovario secerne quantità sempre crescenti di steroidi estrogeni, principalmente estradiolo. Questi ormoni stimolano la proliferazione dell'endometrio, che diventa sempre più ricco di vasi sanguigni. Infine, l'aumentata produzione di estrogeno induce, grazie alla capacità dell'ipotalamo di riconoscere i livelli ematici di estrogeno, un picco a metà ciclo nei livelli di LH. L'ovulazione segue entro 24 ore e, all'incirca in tale periodo, nella produzione ovarica di steroidi si riscontra una prevalenza di progesterone anziché di estrogeno. Di conseguenza, le cellule endometriali diventano ancora più numerose e voluminose, le ghiandole endometriali crescono rapidamente in lunghezza e spessore e cominciano ad accumulare il secreto. Verso il 20° giorno del ciclo l'intera superficie endometriale diventa un nido vascolarizzato e spugnoso, pronto a ricevere, proteggere e nutrire un uovo fecondato in divisione, qualora ne arrivi uno proveniente dalle tube di Falloppio. La stessa tuba ha sviluppato delle ciglia e ha incrementato la produzione di liquidi ghiandolari atti a trasportare l'uovo verso l'utero.
Il rivestimento interno dell'utero è ora sotto la forte influenza del progesterone prodotto dal corpo luteo. Nei mesi senza fecondazione le cellule luteiniche cominciano a ridurre la loro produzione di progesterone circa 10 giorni dopo l'ovulazione; 4 o 5 giorni dopo, il livello è sufficientemente basso da provocare l'eliminazione dell'endometrio e la mestruazione. Se un uovo viene fecondato, la prima difficoltà che deve essere superata è la mestruazione. Perché la gravidanza possa proseguire deve esistere una fonte di progesterone che continui a sostenere l'endometrio; senza progesterone la blastocisti - o, più avanti, il nuovo embrione - sarà eliminata insieme all'endometrio e al sangue mestruale.
Il sincronismo della maturazione, della liberazione e della fecondazione dell'uovo, da una parte, e la preparazione dell'utero come ambiente idoneo all'annidamento, dall'altra, sono ottenuti grazie alla perfetta integrazione e correlazione funzionale degli ormoni coinvolti in ciascun processo.
Consideriamo le relazioni tra gli eventi ormonali in un ciclo non fecondo. Dopo l'ovulazione, verso la metà del ciclo, gli steroidi delle gonadi agiscono con un meccanismo a feedback sulla secrezione ipofisaria di FSH e di LH, e la progressiva diminuzione della concentrazione di gonadotropine ipofisarie nel sangue previene qualsiasi ovulazione supplementare che possa interferire con una possibile gravidanza. In assenza di gravidanza, invece, la diminuzione della concentrazione degli steroidi ematici nella tarda fase luteinica causa un aumento di FSH e di LH. In altre parole, una volta chiarito che il ciclo non è fecondo, vi è un immediato segnale al cervello affinché inizino gli eventi che preparano la liberazione dell'uovo nel mese successivo. Sopravviene la mestruazione, ma il nuovo ciclo è già cominciato, perché, in risposta all'aumento di FSH e di LH, progredisce la maturazione di un altro follicolo. Questo porta allo sviluppo dell'uovo e all'aumento della produzione gonadica di ormoni steroidi. Nella tarda fase follicolare, avvicinandosi il momento in cui la velocità di crescita del follicolo, e quindi la produzione di steroidi, è massima, le strade dell'FSH e dell'LH divergono. La produzione di FSH diminuisce, mentre quella di LH aumenta gradualmente fino a che i crescenti livelli di estrogeni determinano il picco preovulatorio di LH e di FSH, legando in questo modo sia la maturazione follicolare sia la produzione di steroidi allo stimolo ovulatorio fornito dall'ipofisi e dall'ipotalamo.
In caso di gravidanza, per prevenire la crisi mestruale è necessario un continuo apporto di progesterone, fornito inizialmente dal corpo luteo, che riceve dalla blastocisti neoformata il segnale di continuare a produrre steroidi. Ancor prima di insediarsi nell'utero, le cellule esterne della giovane blastocisti producono notevoli quantità di una molecola gonadotropinica, usualmente chiamata gonadotropina corionica umana (HCG), molto simile per funzione e struttura all'LH ipofisario. La gonadotropina blastocistica stimola il corpo luteo materno a continuare la produzione di progesterone oltre il tempo previsto del primo periodo mestruale. Vi è tuttavia un secondo periodo critico. Il corpo luteo, infatti, nonostante il grande stimolo, ha vita breve e prima che tale vita abbia termine, più o meno alla quinta settimana di gestazione, la placenta stessa comincia a produrre quantità di progesterone sufficienti a far continuare la gravidanza. In altre parole, per superare la prima crisi l'embrione produce una gonadotropina che stimola la produzione ormonale materna; per superare la seconda, lo stesso embrione che si sta sviluppando assolve le necessarie funzioni endocrine divenendo, a questo riguardo, autosufficiente. Dopo cinque settimane e mezza la gravidanza può continuare anche se l'ovario materno cessa di funzionare o viene rimosso.
I più notevoli anelli della catena di eventi legati alla riproduzione nella femmina sono la limitazione della fase moltiplicativa dell'oogenesi all'ovario fetale, l'eccezionale quantità di deplezione di oociti e l'andamento ciclico dell'interazione gonado-ipofisaria. Il processo riproduttivo nel maschio differisce in ciascuno ditali aspetti nonostante che il sistema ormonale sia simile.
Il sistema riproduttivo del maschio è anch'esso caratterizzato dalla sincronizzazione di eventi successivi. La produzione, la maturazione e il trasporto dello sperma e la stimolazione delle funzioni sessuali secondarie, inclusa la formazione del liquido seminale, hanno luogo in un appropriato quadro ormonale. La principale differenza è che il livello di produzione ormonale, nel maschio, è più o meno costante e non ciclico come nella femmina.
Un uomo produce molti miliardi di spermatozoi durante la vita, e tutti derivano da 1.000-2.000 spermatogoni o cellule germinali che migrano nei testicoli embrionali prima della fine del secondo mese di vita intrauterina. Tale processo è reso possibile dal modo in cui le cellule germinali maschili si moltiplicano: quando gli spermatogoni si dividono, molte cellule figlie sono tenute di riserva, mentre altre vanno incontro a successive divisioni e quindi completano la spermatogenesi nei tubuli seminiferi. A differenza della fase moltiplicativa dell'oogenesi nell'ovario, che è limitata a poche settimane di vita fetale, la fase moltiplicativa della spermatogenesi nei testicoli inizia durante la vita fetale e continua per tutta la vita. Poiché le riserve di cellule germinali non vengono ridotte in maniera significativa, non vi è perdita graduale di funzionalità nella produzione di gameti come nell'ovario; il testicolo continua a produrre milioni e milioni di spermatozoi e, nella gonade normale, restano sempre cellule germinali a sufficienza da poterne produrre altri milioni. (Non è, comunque, raro che cambiamenti vascolari dovuti all'invecchiamento colpiscano il testicolo o l'ipofisi causando, indirettamente, una diminuzione della funzionalità testicolare). Nel corso della spermatogenesi, i due obiettivi importanti sono la riduzione del corredo cromosomico diploide (46) dello spermatogonio al numero aploide dello spermatozoo (23) e la preparazione dello spermatozoo al suo ruolo nella fecondazione. Una complessa serie di trasformazioni, che coinvolgono sia il citoplasma sia il nucleo, trasformano in circa 74 giorni il grande e rotondo spermatogonio in uno spermatozoo mobile e allungato.
Il testicolo, come l'ovario, deve essere stimolato dalle gonadotropine ipofisarie a produrre ormoni sessuali e spermatozoi, ma vi è ancora qualche incertezza sui ruoli relativi dell'FSH e dell'LH. Sembra che il ruolo primario dell'LH sia quello di stimolare le cellule di Leydig, che si trovano tra i tubuli seminiferi, a produrre ormoni steroidi, principalmente testosterone; il testosterone, a sua volta, influisce in modo notevole sulla produzione di spermatozoi, poiché i tubuli richiedono un'alta concentrazione locale di questo ormone per continuare la spermatogenesi. L'FSH si lega specificamente alle cellule del Sertoli dei tubuli seminiferi, il che indica che il suo ruolo è quello di mantenere attiva la spermatogenesi.
Si può descrivere il tragitto dello spermatozoo, anche se molti dei suoi meccanismi di controllo sono poco noti. Un limitato numero di dotti collettori dirige gli spermatozoi provenienti dai tubuli seminiferi verso l'epididimo, un lungo canale convoluto che forma un corpo compatto adiacente al testicolo. Questi spermatozoi immaturi non sono ancora in grado di fecondare un uovo, e neppure di muoversi con le proprie forze; passando dalla testa dell'epididimo, attraverso il suo sottile corpo, fino alla sua coda distesa, essi acquistano mobilità e un certo grado di maturità, ma i cambiamenti critici finali che consentono loro di penetrare e fecondare un uovo sono acquisiti solamente nel tratto genitale femminile e, anche qui, solamente se vi trovano un appropriato equilibrio ormonale, e cioè quella predominanza di estrogeni caratteristica del momento dell'ovulazione. In questo modo, le relazioni che legano la produzione di ormoni ovarici e la fisiologia dei gameti femminili agiscono anche sul gamete maschile, una volta che questo è stato depositato nel tratto genitale femminile.
Dalla coda dell'epididimo lo spermatozoo avanza nel proseguimento del dotto dell'epididimo, noto come vaso deferente, che si svuota nell'uretra sotto la vescica. Alcuni spermatozoi muoiono e sono eliminati dai leucociti del sangue; altri entrano nell'uretra con un flusso costante e sono trasportati via insieme con l'urina. I rimanenti lasciano il tratto genitale maschile con l'eiaculazione, quando gli spermatozoi sono rapidamente spinti nell'uretra dalle contrazioni muscolari. Gli spermatozoi sono mischiati alle secrezioni liquide di numerose ghiandole accessorie, inclusa la prostata, i cui dotti sboccano nella parte terminale del vaso deferente o nell'uretra. I secreti di tali ghiandole e le secrezioni del testicolo, dell'epididimo e del vaso deferente costituiscono il liquido seminale, che serve principalmente al trasporto degli spermi nella vagina. La maggior parte degli spermatozoi non va oltre. Delle centinaia di milioni presenti nell'eiaculato, solo una decina di migliaia entra nella cervice, dove ne vengono eliminati altri, così che solo poche migliaia arrivano all'utero. Poche centinaia di spermatozoi, infine, completano il percorso fino alla parte superiore delle tube di Falloppio, dove uno di questi può penetrare e fecondare un uovo.
La serie di eventi suddescritti, che culmina con la fusione dei patrimoni ereditari paterni e materni, produce una cellula che possiede tutta l'informazione genetica necessaria a fare tutto ciò che può fare una qualsiasi cellula in un essere umano adulto. Una fondamentale domanda della biologia resta d'altra parte senza risposta: come vengono programmati i geni ad attivarsi selettivamente nelle cellule embrionali?

8. Controllo delle nascite
Impedire la fecondazione vuol dire interrompere la catena degli eventi riproduttivi nel maschio o nella femmina. Se si rompe un anello l'intero processo viene meno. Per secoli l'umanità ha tentato di prevenire la gravidanza con la semplice e diretta procedura di impedire l'incontro tra spermio e uovo. Ciò era ottenuto tramite la pratica del coitus interruptus; con mezzi meccanici, come il profilattico e, successivamente, il diaframma; mediante spermicidi chimici introdotti nella vagina; o mediante lavanda post-coitale. La base scientifica su cui poggiavano questi metodi era la semplice cognizione del fatto che l'eiaculato contiene il fattore maschile responsabile della fecondazione.
La tecnologia contraccettiva cominciò ad aggiornarsi nel XX secolo, quando gli scienziati iniziarono a rivolgere la loro attenzione al ciclo ovulatorio femminile. Il metodo ritmico - periodica astinenza volta a evitare il coito nei giorni vicini all'ovulazione - fu il primo metodo di regolazione della fecondità basato su una moderna comprensione scientifica del processo riproduttivo. Il fatto che non si sia mai dimostrato altamente efficace nella pratica non toglie a questo metodo il merito di essere stato il primo a identificare nel ciclo ovulatorio l'evento chiave per il controllo della fecondazione. Fu molti anni dopo, alla fine degli anni cinquanta, che la moderna indagine fu indirizzata verso lo sviluppo di mezzi efficaci per prevenire l'ovulazione. Quando finalmente la scienza moderna mise a punto ‛la pillola', il metodo della contraccezione risultò rivoluzionato (v. Pincus, 1958). Iniziò allora l'era dei contraccettivi ormonali che in venti anni ha influenzato la vita di oltre cento milioni di coppie in tutto il mondo. Poco dopo, fecero la loro comparsa i moderni dispositivi intrauterini, un prodotto di moderna ingegneria tecnologica, e sofisticati studi epidemiologici che potevano rispondere alle molte domande che avevano fino a quel momento fatto dubitare dei contraccettivi intrauterini.
La pillola e la spirale (o IUD, Intra Uterine Device), come i mezzi più tradizionali di prevenzione delle nascite, hanno anche seri limiti. Da un punto di vista clinico e medico questi metodi presentano difficoltà programmatiche in molte situazioni. Entrambi possono causare fastidiosi effetti collaterali che spesso fanno interrompere il loro uso. Entrambi presentano il rischio di rare ma serie minacce alla salute e di tanto in tanto emerge la necessità di nuove misure di sicurezza. Le complicazioni più gravi, per le donne che usano la pillola, sono la sua possibile carcinogenicità, la sua associazione a malattie della coagulazione sanguigna, la sua potenziale correlazione con malattie epatiche, della cistifellea, renali e cardiache. Alcuni studi hanno dimostrato che il rischio della mortalità per trombo-embolia (coagulazione intravasale del sangue e obliterazione di un vaso a opera di un frammento del coagulo trasportato nel circolo), sebbene piccolo, è molto maggiore fra le donne che usano la pillola che tra le altre. Le donne che fanno uso della pillola da molto tempo sono più esposte all'infarto miocardico, fatale o non fatale, di quelle che non ne fanno uso, e tale rischio è molto maggiore se chi fa uso della pillola è anche fumatrice.
Le spirali spesso sono mal tollerate e, in rari casi, vi è il rischio di gravi conseguenze. La relazione tra spirale e infezione non è ancora pienamente appurata, ma le indicazioni sono abbastanza gravi da sconsigliare l'uso a donne che per altre ragioni sono predisposte a contrarre infezioni agli organi pelvici.
Ragioni di sicurezza pongono quindi un importante limite all'uso non solo della pillola e della spirale ma anche di altri metodi di controllo delle nascite. Negli ultimi anni i problemi non risolti legati alla salute hanno posto in discussione anche i metodi di sterilizzazione sia maschili che femminili e perfino l'uso degli spermicidi. Così, anche considerando solo le necessità di sicurezza e di salute, è ampiamente giustificata la grande quantità di ricerche scientifiche dirette a trovare metodiche per regolare la fecondazione, che devono essere più facili da usare, comode, poco costose ed efficaci (v. Segal, 1977).

9. Prospettive future delle ricerche sul controllo delle nascite

Per superare alcuni svantaggi della pillola, come la necessità di ricordare di prenderla ogni giorno e l'immediata entrata in circolo e direttamente nel fegato degli ormoni sessuali sintetici, sono stati intrapresi numerosi studi diretti a cercare differenti forme di contraccezione steroidea. Le donne desiderano un prodotto facile da assumere, i medici preferiscono livelli costanti di dosaggio nel sistema. Molti sono stati i sistemi studiati e la maggior parte è basata sullo stesso principio della pillola.
Per evitare la necessità di continue visite cliniche e per essere sicuri del rilascio costante e graduale dell'ormone, è stato studiato l'uso di capsule sottocutanee. Si tratta di tubetti o bastoncini di un composto simile a gomma (polidimetilsilossano), contenenti gli steroidi sintetici, che vengono inseriti sotto pelle, in genere nel braccio, mediante piccole incisioni. Una di queste capsule, contenente norgestrel (una sostanza comunemente usata in pillole), potrebbe durare sei anni. Attualmente vengono sperimentati gli impianti di capsule biodegradabili oppure di ormoni rivestiti da sostanze biodegradabili come quelle usate per suture chirurgiche che si riassorbono. Il vantaggio di tale soluzione è che non ci sarebbe bisogno di rimuovere l'impianto, perché si disintegrerebbe sotto la pelle via via che fosse utilizzato. L'impianto di norgestrel, che dura sei anni, agisce, in termini di capacità contraccettiva, molto bene, quasi con la stessa completa efficienza della pillola assunta secondo le prescrizioni. Il suo principale problema è l'emorragia irregolare.
Gli steroidi possono essere assorbiti attraverso la superficie cellulare della vagina. Traendo vantaggio da tale proprietà, i ricercatori hanno incorporato dei progestinici in anelli di plastica, simili, anche se più piccoli, al bordo del diaframma vaginale. La donna può inserire da sola questo anello e toglierlo dopo tre settimane, provocando così il flusso mestruale. Lo schema di applicazione - tre settimane si e una no - è simile, ma più semplice, a quello della pillola contraccettiva. Non solo l'utente non deve ricordare di prendere la pillola ogni giorno, ma gli ormoni contraccettivi si trovano nel sangue a un livello più costante. L'anello va sostituito con uno nuovo circa due volte all'anno, quando il contenuto di ormoni è esaurito.
L'obiettivo della ricerca di un vaccino contraccettivo a lungo termine, sicuro ed efficace, è l'ormone umano della gravidanza, la gonadotropina corionica (HCG). Questo ormone, secreto dall'uovo fecondato, segnala all'ovario di continuare a produrre il progesterone necessario per la continuazione della gravidanza appena iniziata. Lo sforzo è teso alla produzione di un vaccino che possa influenzare la risposta immunologica dell'organismo e formare anticorpi anti-HCG. Tali anticorpi potrebbero intercettare il cruciale messaggio (nel caso che l'uovo sia stato in effetti fecondato), i livelli di progesterone scenderebbero e si avrebbe la mestruazione accompagnata dall'eliminazione dell'eventuale uovo fecondato: ogni ciclo terminerebbe quindi con una mestruazione, indipendentemente dal fatto che si sia verificata o meno la fecondazione. Prima che il vaccino possa superare lo stadio di sperimentazione clinica preliminare devono essere studiati e risolti numerosi problemi; prima che il metodo possa essere concretizzato devono essere fatti ulteriori studi sulla sua sicurezza e affidabilità.
Una difficoltà riscontrata nel campo della ricerca sui contraccettivi nel maschio è il piccolo numero di anelli della catena riproduttiva, in confronto all'elevato numero di punti vulnerabili identificati nel sistema femminile. Sinora, l'attenzione è stata rivolta principalmente a sopprimere la produzione di spermatozoi mediante l'azione di ormoni sessuali maschili sintetici, in modo analogo a come sono soppresse la produzione di uova e l'ovulazione nella donna mediante la pillola. Il problema è trovare un equilibrio che porti al blocco della produzione di spermi senza colpire altri aspetti del comportamento riproduttivo maschile come, per esempio, la libido.
Sino a ora per bloccare la produzione di spermatozoi sono state usate combinazioni dell'ormone sessuale maschile, il testosterone, e di un progestinico. L'effetto è reversibile e i rischi sono accettabili. Il principale problema relativo ai composti e ai dosaggi usati è la breve durata dell'azione che essi esercitano: in troppi casi la produzione di spermi riprende dopo poche settimane o mesi. Un contraccettivo maschile, come alcuni contraccettivi femminili in studio, potrebbe concretizzarsi in una pillola, un impianto o un'iniezione.
Nel lungo processo dello sviluppo di metodi pratici per il controllo delle nascite, molte nuove possibilità sono ancora a livello di ricerca preliminare. Molte di esse si sono aperte in seguito a grossi progressi metodologici. Un progresso di grande significato è rappresentato dalla possibilità di determinare la sequenza amminoacidica e la struttura chimica di grosse molecole proteiche. L'applicazione di queste tecniche da parte di chimici delle proteine ha aperto la strada all'isolamento e all'uso dell'ormone della gravidanza HCG nel vaccino antigravidanza. La possibilità di tale vaccino è stata a lungo ipotizzata, ma il suo sviluppo ha dovuto attendere le metodologie per isolare e identificare la molecola purificata di tale ormone. La sintesi polipeptidica è stata un'altra grande scoperta metodologica che ha contribuito alla ricerca sulla riproduzione umana. È attualmente possibile, mediante tale tecnica, sintetizzare molecole identiche a quelle dell'organismo, che possono essere usate come succedanei. Un altro progresso, il microscopio elettronico, ha consentito lo studio dell'uovo e dello spermatozoo a livello subcellulare. Questi progressi metodologici e altre scoperte nella chimica delle proteine, nella neuroendocrinologia e nella biologia molecolare, potranno grandemente aumentare le nostre conoscenze del processo riproduttivo.

10. Considerazioni conclusive
In questo articolo sono stati presi in considerazione alcuni dei problemi e delle pubblicazioni relativi alla biologia del sesso. Senza dubbio, avrebbero potuto essere incluse numerose altre considerazioni e contributi di ricerca. Questa selezione, tuttavia, è stata operata nell'intento di suggerire che, per comprendere la riproduzione sessuale, non solo è significativo considerare il contesto biologico complessivo, ma occorre anche cercare di comprendere la regolazione del processo. Per la specie umana, questo può dimostrarsi un fondamentale processo adattativo non evolutivo.




Bibliografia


da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it

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