1. Introduzione
Il
complesso fenomeno della sessualità umana, inteso nella sua totalità,
non può essere esaurientemente trattato in un articolo che abbia
intenti descrittivi. Il nostro tentativo è dunque quello di mostrarne -
nello spirito di una presentazione della problematica in discussione e
in una prospettiva centrata sull'individuo, sessuologica e
mitteleuropea - alcuni aspetti e connessioni; rimanendo inteso che il
concetto di ‛sessualità' viene adoperato in un'accezione ampia, per
null'affatto limitata alla sfera genitale-sessuale.
Ogni
tentativo di conseguire una miglior comprensione della sessualità umana
deve partire dal fatto che, anche per quanto riguarda la sua
sessualità, l'uomo è portatore dell'intera eredità dell'evoluzione.
Indagare la sua sessualità significa quindi delimitare la sua ‛eredità
animale' di fronte a ciò che è ‛tipicamente umano'. In questa linea,
già tre secoli prima dell'Origine
delle specie di
Darwin, il grande medico e naturalista Ph. von Hohenheim, meglio noto
come
Già
quanto sappiamo circa l'‛eredità animale' può aiutarci a situare, e
quindi a ricercare, l'‛umano' non nella sfera degli automatismi, dei
riflessi, degli schemi ‛stimolo-risposta', cioè delle ‛possibilità
biologiche', bensì nella sfera (essa stessa, in linea di principio,
frutto dell'evoluzione e certo da non intendersi in termini assoluti)
della consapevolezza, della libertà di decisione, della responsabilità
e della capacità di cultura: la sfera quindi del ‛confronto' con le
possibilità biologiche.
La
sessualità umana si presenta dunque, già nella sfera biologica della
funzione e del comportamento sessuali, come plurideterminata e
pluristratificata. Essa assai bene esemplifica la necessità di un punto
di vista il più possibile globale per l'indagine dei fenomeni umani nel
loro indissolubile intreccio - nella filogenesi e ontogenesi di
ciascuno - di aspetti biologico-somatici, psicologico-spirituali e
socio-culturali. Se il medico vuole occuparsi in modo significativo ed
efficace della sessualità umana, può farlo soltanto sforzandosi di
conseguire un'impostazione globale, per lo più definita, non molto
felicemente, ‛psicosomatica' o ‛psicosociosomatica'. Se invece egli si
occupa solo degli aspetti di volta in volta somatici, psichici o
sociali, correrà il rischio di lasciarsi sfuggire ciò che è
propriamente umano.
Già
2. La
situazione odierna
In
un incessante avvicendarsi di ostile pruderie e
di libera apertura nei confronti del piacere sessuale, il nostro secolo
ha sperimentato mutamenti radicali negli atteggiamenti e nei
comportamenti in materia di sessualità, mutamenti che, orientati
all'ingrosso (con un'apice, per il momento, negli anni sessanta e
settanta) verso la detabuizzazione e la liberazione sessuale, hanno
prodotto - e si sono anzi già lasciati alle spalle - una ‛rivoluzione
sessuale', una ‛nuova morale' e una generale ‛pansessualità'. In questo
clima più libero, o comunque in una situazione che promuove un clima
più libero, la sessualità umana ha potuto diventare, più di quanto sia
mai stata in passato, oggetto d'interesse scientifico da parte delle
discipline più disparate.
Il
campo della medicina offre, già esso soltanto, un ampio arco, che va
dalla Psychopathia
sexualis di
Krafft-Ebing (1886) e dall'opera di pionieri come I. Bloch,
Come
conseguenza di questi mutamenti, che hanno dato origine a vedute nuove
e più adeguate alla natura umana, a una maggiore apertura e sincerità e
a un forte interesse verso lo sviluppo della ‛persona' -
all'integrazione di matrimonio, amore e sessualità all'interno di ‛un
solo' rapporto personale si dovrà in definitiva tornare -, sono pero
sorti nuovi standard, nuove costrizioni e nuovi tabù. Una società dei
consumi tecnologica - e quindi non erotica - si è impossessata, con la
sua coazione all'efficienza e al consumo, anche della sessualità; l'ha
in larga misura isolata, ha tentato di staccarla non soltanto dalla
procreazione ma anche dall'amore; l'ha tecnicamente perfezionata e
quindi svenduta e ha imposto, soprattutto agli adolescenti e ai
giovani, ma anche ai più anziani, l'onere di altissimi livelli di
efficienza sessuale. Dagli uomini moderni ‛sessualmente liberati' ci si
attende, e anzi si pretende, una libido sempre pronta, una superpotenza
e una costante capacità orgastica, nonché la disponibilità a ogni sorta
di pratiche sessuali, incessantemente propagandate dai mass
media,
e soprattutto un funzionamento senza problemi, sul modello di una
gioventù radiosa. Del resto, grazie ad anticoncezionali efficaci, non
c'è neppure la scappatoia della paura della gravidanza. A questa paura
è succeduta la nuova ansia dell'inadeguatezza, del blocco e di
un'eccessiva sollecitazione della potenza. Prima che potesse
dispiegarsi una - oltremodo necessaria - liberazione della sessualità
in direzione di una maggiore umanità, nuove costrizioni hanno dunque
sostituito le vecchie, e una liberalizzazione sessuale spesso
erroneamente intesa ha sostituito il vecchio ‟non devi" con il nuovo
‟devi". In tal modo non si consegue una liberazione della sessualità
nel senso di consentire scelte individuali più adeguate e umane; anzi
si diffonde un comportamento sessuale soggetto a norme, altrettanto
alienante dell'antico e, ancora una volta, eterodiretto. Come hanno
detto Pomeroy e Schäfer (v., 1980): ‟The
new freedom obviously is not free".
La confusione che, nelle cosiddette società pluralistiche con la loro
sovrabbondanza di opinioni e norme - spesso contraddittorie - in
materia sessuale, regna non soltanto tra i giovani, emerge con
particolare nettezza se si considera la persistente carenza, nel
cittadino medio, di conoscenze concrete e la latitanza della scuola
riguardo ai problemi ‛biologici', ai problemi di una convivenza umana
basata sull'eguaglianza, dello sviluppo psicosessuale e delle
differenze tra la sessualità maschile e quella femminile: ‟La
confusione culturale e il fraintendimento dei sessi sono
impressionanti. Questo caos si riflette nel crescente tasso di divorzi,
nell'aumento delle relazioni extraconiugali, nel crollo della famiglia
e nelle accuse di frigidità e di impotenza che si sentono negli studi
dei terapeuti e nei salotti familiari" (v. Marks, 1980).
Si
rivela così un altro lato ancora di quest'epoca di liberazione e
rivoluzione sessuale: la frantumazione delle famiglie (broken
home situation);
un'infinità di convivenze senza luce e senza gioia, che vegetano spesso
nell'amarezza; un tasso di divorzi pericolosamente alto; una folla di
bambini - vittime di cui nessuno difende gli interessi - gravemente
danneggiati nello sviluppo, maggiormente esposti all'avidità e alla
delinquenza, distruttivamente aggressivi verso se stessi e verso gli
altri, scarsamente capaci - o affatto incapaci - di stabilire legami e
relazioni (tutto ciò come risultato di carenze anzitutto nella
relazione precoce madre-bambino, la quale forma la base della
successiva capacità di fare esperienze autentiche, anche in campo
sessuale: è questa una bomba a orologeria, che già oggi si dimostra,
per i paesi cosiddetti sviluppati, altrettanto gravida di conseguenze
quanto lo è, per i paesi in via di sviluppo, l'esplosione demografica);
tassi crescenti di gravidanze in ragazze giovanissime (nonostante la
disponibilità di anticoncezionali), che si risolvono per lo più
nell'aborto o nella fuga in un legame compromesso sin dall'inizio e/o
in uno sventurato destino per il bambino; una preoccupante diffusione
delle malattie veneree e una vera epidemia di disturbi della funzione
sessuale negli adulti, e in misura crescente, negli adolescenti;
un'analoga frequenza dei cosiddetti disturbi psicosomatici, la cui
causa più frequente, ancora una volta, è da ravvisare in difficoltà
nelle relazioni matrimoniali e familiari (v. Strotzka, 1979).
L'esistenza
di tante umane sofferenze in campo sessuale, in cui il medico
sessuologo s'imbatte quotidianamente, come anche la quantità di
possibilità non sfruttate, di casi di mancata autorealizzazione e di
speranze disingannate e, in senso più ristretto, di frustrazioni
sessuali (sino ai disturbi funzionali), con le conseguenti difficoltà e
complicazioni individuali, matrimoniali e familiari, ci obbligano
proprio oggi, a onta dell'apparente detabuizzazione e liberalizzazione,
a porre nuovamente, come base per un riorientamento, il problema del
‛significato'. Questa situazione ci ha inoltre obbligato a delineare,
sebbene in modo incompleto - mancano fattori importanti come quello
sociopolitico e quello religioso - e inevitabilmente soggettivo, un
panorama introduttivo che serva da sfondo alla trattazione propriamente
scientifica dei problemi della sessualità umana.
3. La
comprensione della sessualità umana
Tra
i tanti possibili approcci al problema della sessualità umana, noi ne
isoliamo tre: quello delle determinanti neuroendocrinologiche prenatali
del comportamento sessuale umano (nuovo e fondamentale orizzonte
scientifico); quello basato sull'importanza della sessualità infantile
per la comprensione della continuità e della complessità dello sviluppo
sessuale umano; infine quello basato sul dispiegamento consapevole
della funzione comunicativa della sessualità umana: approccio,
quest'ultimo, inteso come guida potenziale al problema del
‛significato'.
a) Determinanti
prenatali della funzione e del comportamento sessuali
Come
abbiamo detto, la sessualità umana non può essere compresa senza le sue
basi biologiche, e queste a loro volta senza la conoscenza delle loro
condizioni evolutive. Per questa ragione, una qualche informazione
sulla bipotenza originaria di tutte le cellule, all'inizio sessualmente
indifferenziate, delle gonadi e degli organi sessuali, sui complessi
processi dello sviluppo sessuale primario e secondario e sulla
conseguente struttura, pluristratificata e dunque soggetta a disturbi,
della sessualità umana, sulla relatività del ‛maschile' e del
‛femminile' e sulla partecipazione dei due sessi alla procreazione (per
menzionare soltanto qualche tema), è un presupposto essenziale per
l'autocomprensione della sessualità umana.
Le
basi biologiche della sessualità sia animale sia umana sono trattate
nell'articolo di Segal, che precede il nostro; eviteremo quindi di
scendere nei particolari a questo proposito.
Giacché
le tappe essenziali nell'evoluzione delle funzioni e dei comportamenti
sessuali sono parallele allo sviluppo del cervello, le strutture e
funzioni neuroendocrine, che sottostanno al comportamento sessuale
umano, rivestono un particolare interesse. Il cervello è divenuto il
più importante organo sessuale dell'uomo: ‟one
of the most important organs in the body to become sexually
differentiated"
(v. Short, 1979).
1.
La situazione negli animali.
- Dagli esperimenti sugli animali risulta che la differenziazione
sessuale del cervello segue gli stessi principi dell'ulteriore
differenziazione sessuale e somatica. Anche qui il ruolo principale
sembra spettare agli androgeni nelle fasi sensibili, pre- o perinatali
a seconda delle specie. Il testosterone secreto dai testicoli del feto
- in alcune regioni cerebrali solo dopo la sua trasformazione
(aromatizzazione) in estradiolo - è il più importante ‛organizzatore'
prenatale delle funzioni e del comportamento sessuali che
successivamente, dopo la maturità sessuale, saranno attivati
dall'ormone. Esso induce la ‛mascolinità', cioè la secrezione tonica
delle gonadotropine (costante presenza nel sangue degli ormoni
ipofisari LH e FSH, che stimolano le gonadi), l'assenza di feedback positivo
degli estrogeni (aumento di LH in seguito a stimolazione con
estrogeni), nonché un comportamento specie-specifico di monta, di
penetrazione e di eiaculazione nella copula, un determinato
comportamento sociale e di gioco, di aggressione, ecc. Nel contempo,
esso inibisce o reprime lo sviluppo ‛femminile', che avrebbe altrimenti
luogo anche nel cervello, verso la secrezione ciclica delle
gonadotropine, il feedback positivo
degli estrogeni e l'ovulazione, il
Per
la funzione e il comportamento sessuali sono responsabili - per quanto
riguarda la secrezione tonica delle gonadotropine - un centro sessuale
posto nell'ipotalamo basale medio e, per quanto riguarda la secrezione
ciclica, un'‛area funzionale' sita nell'ipotalamo preottico anteriore e
collegata con il
Mentre
nei ratti la fase sensibile si prolunga per le prime settimane dopo la
nascita, cosicché le funzioni e il comportamento sessuali sono
sperimentalmente manipolabili, nei Primati, incluso l'uomo, la
situazione - a onta di principi di funzionamento, sembra,
fondamentalmente comuni - si presenta assai più complicata e non
immediatamente confrontabile (Télégdy). Per esempio, il trattamento con
androgeni di neonati di Primati non influenza più la differenziazione
sessuale. E vero che la somministrazione di androgeni in gravidanza
produce nei feti femminili fenomeni di virilizzazione nel senso di uno
pseudoermafroditismo; ma poi anche queste neonate, dopo qualche
indugio, stabiliscono un ciclo normale. Esse mostrano però, rispetto
agli animali di controllo, deviazioni del comportamento sociale e
sessuale, per esempio nei giochi - per lo più rudi e violenti -, nel
comportamento di minaccia e di aggressione, negli inseguimenti
scherzosi e nella frequenza della monta; il loro comportamento
corrisponde insomma assai più al normale comportamento maschile che a
quello femminile. Da tali esperimenti si è tratta la conseguenza che ‟è
ben possibile che differenze sessuali nel comportamento tra maschi e
femmine normali delle scimmie Rhesus siano
influenzate da differenze sessuali nei livelli ormonali prenatali"
(Ehrhard).
2.
La situazione nell'uomo.
- Le conoscenze sullo sviluppo prenatale e sui fattori che influenzano
il comportamento sessuale umano sono ancora estremamente lacunose e
provvisorie. Esse derivano dai cosiddetti ‛esperimenti della natura',
per esempio da difetti nella predisposizione, da affezioni endocrine
della madre o del feto durante la gravidanza o da interventi medici:
per esempio trattamenti ormonali - diretti a prevenire l'aborto - con
effetti collaterali non previsti.
Da
tali ‛esperimenti' risulta che, in linea di principio, i dati
riscontrati negli esperimenti con animali sono validi anche per lo
sviluppo sessuale umano: già dal secondo mese di gravidanza s'instaura,
e funziona, il sistema gonadi-ipofisi-ipotalamo, cosicché gli androgeni
fetali inibiscono, come abbiamo detto, lo sviluppo femminile altrimenti
spontaneo, e producono invece una corrispondente differenziazione - in
direzione maschile - dei genitali interni ed esterni, come anche del
cervello e nel vasto campo dei cosiddetti caratteri sessuali secondari,
ivi comprese le caratteristiche sesso-dimorfiche - nella costituzione
corporea, nel metabolismo, nella composizione del sangue ecc. - che
predispongono le basi delle differenze sessuali successive. Anche
nell'uomo è da ipotizzare un influsso sulla strutturazione cerebrale
neuroanatomica a opera dell'ambiente endocrino in certe fasi sensibili
e riguardo a certe regioni del cervello. Ne conseguono la ‛funzione
cerebrale maschile', per esempio la secrezione tonica - anziché ciclica
- delle gonadotropine, l'assenza di feedback positivo
degli estrogeni, caratteri ‛tipici' della funzione e del comportamento
sessuali, come anche, senza dubbio, delle differenze sessuali
secondarie: per esempio, l'aggressività, la facoltà di orientamento
spaziale, le minori capacità linguistiche, ecc. (v. Maccoby e Jacklin,
1975), tutti fenomeni sui quali sappiamo ancora pochissimo. Per evitare
qui il malinteso di una prospettiva unilateralmente biologistica,
sottolineiamo esplicitamente la stretta concatenazione di momenti
biologici, psicologici e sociali, il fatto che lo sviluppo ha luogo in
un'inestricabile interazione di predisposizione e ambiente e
l'incomparabile plasticità della sessualità umana.
Nel
più ristretto campo delle determinanti prenatali della funzione e del
comportamento sessuali (ivi inclusi l'identità e l'orientamento
sessuali), anche la patologia ha fornito importanti conoscenze alla
fisiologia. Per esempio, i quadri morbosi della cosiddetta ‛sindrome di
Turner' e dei ‛testicoli femminilizzanti' confermano anche nell'uomo la
tendenza spontanea (mancando l'influsso di androgeni) allo sviluppo
femminile. I soggetti affetti da sindrome di Turner - cioè con corredo
cromosomico XO e assenza di gonadi efficienti - mostrano inclinazioni,
predilezioni, interessi - per esempio riguardo ai giochi,
all'abbigliamento, alle attività sportive - che sono per la nostra
cultura tipicamente femminili, e normalmente femminili risultano dunque
anche nell'identità e nell'orientamento sessuali. Lo stesso dicasi del
quadro morboso dei testicoli femminilizzanti, nel quale si riscontra un
difetto ereditario nei recettori degli androgeni, cioè nella capacità
degli organi implicati di reagire agli androgeni. Sebbene questi
pazienti siano di sesso maschile quanto ai cromosomi e alle gonadi, i
loro livelli di androgeni, in sé normali, non possono dispiegare la
loro efficacia: essi si sviluppano quindi come donne normali, con
l'eccezione del sistema genitale interno e dell'assenza di pelosità
secondaria; vengono di conseguenza allevati come ragazze e vivono poi
come donne, pur non potendo procreare.
Inversamente,
un'esposizione prenatale non fisiologica agli androgeni, come nel caso
di soggetti con sindrome adrenogenitale innata (AGS), conduce non
soltanto alla mascolinizzazione degli organi sessuali esterni, ma anche
a ben definite modificazioni del comportamento: questi soggetti
virilizzati nell'utero, ma trattati precocemente e adeguatamente (cessa
dunque l'esposizione a livelli eccessivi di androgeni), mostrano,
rispetto alle ragazze normali o alle loro stesse sorelle sane, un
comportamento violento con grande dispendio di forza, interesse allo
sport, scarsa inclinazione alla cura dei bambini e alla maternità.
Prediligono in genere vestiti e giocattoli maschili e preferiscono i
ragazzi come compagni di gioco. Cionondimeno, essi non escono dal
quadro del comportamento femminile nella nostra cultura, e la loro
identità sessuale rimane femminile. Le prime relazioni sul loro
sviluppo psicosessuale nella pubertà indicano che i tratti
summenzionati possono, in questo periodo, subire un ulteriore
rafforzamento. Lo stabilirsi di contatti eterosessuali sembra
ritardato, e reso più difficile l'allacciamento di relazioni erotiche;
ma l'orientamento sessuale, le fantasie e gli interessi sono
tipicamente eterosessuali e sinora non sembra sussistere in loro una
particolare frequenza di comportamenti omosessuali, anche se donne
trattate tardivamente mostrano, circa nella metà dei casi, inclinazioni
omosessuali in sogni e fantasie e in parte anche comportamenti
omosessuali concreti (v. Kolodny e altri, 1979, cap. 2).
Analogamente,
il trattamento ormonico in gravidanza con gestageni, metabolizzati
dall'organismo in androgeni, ha prodotto modificazioni simili: nessun
effetto, è vero, sugli organi sessuali interni, ma gradi diversi di
virilizzazione esterna e mutamenti del comportamento, come
un'accentuazione del dispendio di forza e degli interessi sportivi, un
attenuato comportamento materno, anche in relazione al desiderio di una
famiglia e di figli propri, preferenza per i ragazzi come compagni di
gioco, diminuito interesse per l'abbigliamento, i cosmetici, le belle
acconciature, gli ornamenti, l'aspetto esterno, ecc.; l'identità
sessuale rimane, tuttavia, manifestamente femminile. Un'eccedenza di
androgeni in feti maschili con sindrome adrenogenitale non conduce
invece ad alcuna modificazione nella differenziazione sessuale e
psicosessuale maschile, salvo che per un dispendio di forza ancora
maggiore che nei bambini normali (Money, Ehrhardt).
In
tempi recentissimi grande interesse, nella discussione sull'importanza
degli influssi ormonali prenatali, è stato attribuito a una causa da
poco riconosciuta dello pseudoermafroditismo maschile: il quadro
morboso della carenza ereditaria di 5α-riduttasi. Per lungo tempo, si
era generalmente riconosciuto che ‟the
gender identity gate is open at birth"
(v. Money e Tucker, 1975), che cioè a quest'epoca la successiva
identità sessuale è ancora indipendente dagli influssi ormonali
prenatali, e può dunque essere indirizzata verso l'uno o l'altro sesso
da un'educazione univoca. Il menzionato quadro morboso di uno
pseudoermafroditismo maschile dovuto a una carenza ereditaria di
5α-riduttasi rafforza i dubbi circa questa concezione. In questa
sindrome, l'enzima 5α-riduttasi, responsabile della trasformazione del
testosterone in 5α-dudrotestosterone (DHT), non è presente a
sufficienza; ne risulta un disturbo nello sviluppo - dipendente dal DHT
- dei genitali esterni durante la vita intrauterina, sebbene nella
pubertà sia possibile un certo grado di maturazione ritardata. Si hanno
quindi maschietti che sembrano femminucce (ipospadia perineo-scrotale
pseudovaginale), ma che durante la pubertà si trasformano
spontaneamente in ragazzi con costituzione corporea maschile, erezione
ed eiaculazione (ipospadica). Sebbene allevati come ragazze, questi
‛ragazzi' non incontrano difficoltà nel loro nuovo ruolo sessuale e
mostrano un orientamento sessuale univocamente maschile. Giacché dal
5α-dudrotestosterone dipende soltanto lo sviluppo del pene e dello
scroto e non la differenziazione cerebrale, questa sindrome
testimonierebbe a favore di un ruolo degli androgeni prenatali ai fini
dell'identità e dell'orientamento sessuale maschile successivo, ‟the
effect of testosteron overriding the effect of rearing as girls"
(Imperato, MacGinley, Peterson).
Un
altro problema irrisolto deriva dall'ipotesi, formulata originariamente
da Dörner e collaboratori sulla base di esperimenti con ratti, circa la
possibilità di una base o predisposizione neuroendocrina
dell'iposessualità, bisessualità, o anche omosessualità e
transessualità umana. Analogamente agli esperimenti sui ratti, nei
quali si era potuto ottenere un comportamento sessuale eterotipico
mediante castrazione di neonati maschi e, rispettivamente,
androgenizzazione di feti o neonati femmine, e si era potuto similmente
attivare un feedback positivo
degli estrogeni con la castrazione neonatale di maschi ma non con
l'androgenizzazione neonatale di femmine, Dörner descrisse un feedback positivo
degli estrogeni anche in certi omosessuali uomini effeminati, ma non in
uomini normali, e, correlativamente, un feedback positivo,
sebbene debole, in certe lesbiche e transessuali donne. Anche se oggi
l'opinione unanime è che l'omosessualità, sia maschile che femminile,
ha cause assai complesse e verosimilmente disparatissime, la
possibilità di una omosessualità condizionata per via endocrina non può
tuttavia essere scartata. Da questo punto di vista, un deficit di
androgeni in feti maschili o una loro eccedenza in feti femminili nello
stadio in cui l'ipotalamo è sensibile potrebbero svolgere un certo
ruolo nell'aprire la strada a una predisposizione neuroendocrina. Una
delucidazione di questo punto avrebbe conseguenze di vasta portata non
soltanto per la comprensione e il trattamento dell'omosessualità, ma
anche - come ritiene Dörner - per l'ideazione di misure preventive
future. Sebbene quest'ipotesi rimanga soggetta a forti contestazioni,
oltre ai dati forniti da Dörner su omosessuali uomini effeminati e
certe donne transessuali, esistono altri indizi di disfunzioni
ipotalamico-ipofisarie in disturbi dello sviluppo sessuale normale,
indizi che possono essere interpretati nel senso di una difettosa
costituzione: per esempio, van Look e collaboratori hanno segnalato
l'assenza di feedback degli
estrogeni in pazienti con testicoli femminilizzanti, i quali si
comportano sotto questo aspetto come uomini normali, mentre, in un caso
di disgenesia gonadica (con corredo cromosomico XY), e quindi di
sviluppo spontaneamente femminile a causa della mancanza di gonadi
maschili efficienti, il comportamento è quello femminile normale.
Seyler e collab. hanno riscontrato in nove transessuali donne che la
secrezione di gonadotropine dipendente da LRH non produceva, dopo
stimolazione con estrogeni, una risposta tipicamente femminile, ma una
forma intermedia tra la risposta femminile e quella maschile. Anche noi
abbiamo riscontrato l'assenza di feedback positivo
in un transessuale donna, assenza associata a legami -O2-
affini emoglobinici eterotipici, cosicché sono verosimili ulteriori
differenze anche in altri caratteri sesso-dimorfici (v. Loewit e altri,
1982). Recentemente, Eicher e altri (v., 1980) hanno mostrato per primi
che, nella maggior parte dei transessuali, anche l'antigene H-Y si
comporta eterotipicamente, come è stato ulteriormente confermato (v.
Engel e altri, 1980). Riguardo ai disturbi della differenziazione
sessuale a condizionamento genetico precoce e alle possibili
conseguenze e connessioni con sviluppi endocrini sesso-dimorfici, si
aprono dunque nuove prospettive, i cui esiti non sono oggi prevedibili.
Sugli
effetti degli estrogeni e gestageni prenatali si sa ancor meno che
sull'influsso degli androgeni prenatali.
Mentre
il periodo prenatale in cui l'ipotalamo è sensibile non è noto con
precisione - si parla in via d'ipotesi del quinto (quarto-settimo) mese
- conoscenze affatto nuove possono venire dallo studio dei livelli
ormonali postnatali. Con metodi di misurazione più sensibili, si è
scoperto che nel neonato maschio, a una caduta del livello ormonale nei
primi giorni di vita segue una risalita dapprima di LH e poi del
testosterone, risalita in cui vengono superati persino i valori
prenatali; per due o tre mesi il livello rimane stazionario, per poi
ricadere, dopo il quarto-quinto mese di vita, ai noti valori
prepuberali. Nel sesso femminile questo aumento degli androgeni manca;
si riscontra invece un chiaro aumento delle gonadotropine (in
particolare di FSH) sino al secondo-terzo mese di vita, accompagnato da
un incremento degli estrogeni; i valori delle gonadotropine si
mantengono sino al quarto anno di vita superiori a quelli tipici per
l'infanzia (v. Borghi, 1980; v. Kolodny e altri, 1979). Queste
differenze sessuali nei livelli postnatali delle gonadotropine, degli
androgeni e degli estrogeni potrebbero forse incidere sui processi
della differenziazione sessuale (periferica e/o centrale?). Ciò che è
in gioco in tutti questi problemi non è solo la comprensione di
disturbi psicosessuali, ma anche, e anzitutto, la comprensione dello
sviluppo sessuale umano normale. In nostre ricerche sulla
determinazione del sesso nel feto attraverso l'escrezione di androgeni
da parte della madre all'ottava settimana di gravidanza, cioè al
momento della prima attivazione intrauterina - nel caso di un feto
maschile - della funzione dei testicoli, abbiamo riscontrato una grande
molteplicità di ambienti ormonali diversi, con la tendenza a valori più
alti degli androgeni materni nelle donne con più di 35 anni,
indipendentemente dal sesso del feto (v. Loewit e altri, 1980). Sarebbe
assai desiderabile saperne di più sull'importanza della partecipazione
degli androgeni all'ambiente ormonale del feto: potrebbe esserci qui
una chiave, infatti, per la comprensione della varietà degli intrecci
di elementi maschili e femminili nonché del ruolo, in tale varietà, dei
fattori formativi sia neuroendocrini sia socioculturali; Dörner ha
inoltre richiamato l'attenzione sul possibile ruolo di gravi stress in
gravidanza come fattore di soppressione degli androgeni e quindi,
forse, come fattore predisponente all'iposessualità, bisessualità e
omosessualità maschile.
Se
lo stato odierno delle conoscenze in questo campo lascia aperti, o
suscita, più problemi di quanti non ne risolva, tuttavia il ruolo, che
appare con sempre maggior chiarezza, dei fattori endocrini individuali
prenatali nello sviluppo del comportamento sessuale sia normale sia
disturbato sembra consentire una migliore comprensione dell'azione
reciproca di predisposizione e ambiente, e forse, in futuro, anche una
più netta delimitazione tra sviluppo normale e sviluppo disturbato; in
tal modo, le discussioni sulla sessualità umana si allontanano dalla
sfera dell'ideologia e delle reazioni emotive in direzione di una
maggior concretezza e aderenza alla realtà (per una rassegna
bibliografica, v. Loewit, Neuro-psicoendocrinologia...,
1980).
b) La
sessualità infantile
Il
postulato freudiano di una sessualità infantile rappresentava qualcosa
di ‛inaudito', sia nel senso che questa non era mai stata prima presa
in considerazione, sia nel senso che porre il problema appariva quasi
una sfida (v. Freud, 1905). La sessualità cominciava a quei tempi con
la pubertà ed era assente nei ‛bambini innocenti'. Il quadro sopra
delineato di una ininterrotta continuità del pluristratificato sviluppo
sessuale umano esige invece la fase della sessualità infantile, così
come, nel generale sviluppo dell'uomo, il raggiungimento dell'età
adulta sarebbe impensabile senza l'antecedente fanciullezza.
In
questo senso, la sessualità infantile getta un ponte tra la
determinazione genetica delle gonadi nella fecondazione, lo sviluppo,
sotto controllo endocrino, dei genitali sia interni sia esterni, nonché
la differenziazione cerebrale sessuale durante la vita intrauterina e
le differenze sessuali ormonali forse ancora operanti nei primi mesi o
anni di vita da un lato e, dall'altro, gli influssi ambientali, che si
stabiliscono subito dopo la nascita con l'attribuzione del sesso,
l'apprendimento sociale, necessario per il conseguimento della prima
identità sessuale, e infine le prime esperienze con la propria
sessualità corporea sino alla definitiva realizzazione della sessualità
adulta con la pubertà.
La
considerazione di Masters e Johnson della sessualità come di un
‛processo naturale' trova una conferma sul piano fisiologico, dato che
l'erezione spontanea o la lubrificazione vaginale possono essere
osservate già nei neonati, nei quali esse sono evidentemente innate e
non apprese. Analogamente, nel cosiddetto onanismo del lattante, quale
si presenta in entrambi i sessi già nel primo anno di vita, c'è già la
possibilità della reazione orgastica, con tutti i suoi contrassegni
fisiologici, come la conosciamo nell'adulto. Ora, come non v'è cesura
tra sviluppo sessuale pre- e postnatale, così manca anche una netta
delimitazione nei confronti della pubertà, come può vedersi nella
crescita graduale del livello delle gonadotropine e degli ormoni
sessuali, e in particolare nel verificarsi spontaneo di secrezioni
episodiche di FSH - e specialmente di LH - durante il sonno REM
all'inizio della pubertà, come transizione verso la secrezione di
gonadotropine che, per un lungo periodo oscillante, si stabilizza poi
come tonica o come ciclica nell'adulto (v. Borghi, 1980).
Ma
più importante di tali basi fisiologiche appare in verità sia
l'apprendimento sociale sulla sessualità in senso lato, sia
l'esperienza di elementi della sessualità in senso stretto (ivi
compreso il ruolo di eventuali vissuti traumatici). È in questa sede
impossibile addentrarsi ulteriormente nello sviluppo psicosessuale del
bambino e dei suoi disturbi (v. Money e Tucker, 1975; v. Kolodny e
altri, 1979; v. Müller-Küppers, 1980). Ricordiamo soltanto che le prime
forme dell'amore - nella prima relazione madre-bambino - costituiscono
la base e il nucleo della successiva intimità e sessualità dell'adulto.
In esse tutti i sensi - tatto, vista, udito, olfatto, gusto - si
destano, e diventanò percettibili ed esperibili messaggi non verbali,
su cui si fondano il desiderio e la capacità di intimità, come vedremo
meglio discutendo della funzione comunicativa della sessualità.
L'educazione sessuale comincia dunque al ‛seno materno' e al fasciatoio
(v. Musaph, 1978). Già in quest'epoca comincia a decidersi - per fare
solo qualche esempio - se la ‛vicinanza' viene vissuta e investita in
modo positivo, ambivalente o negativo; se viene vissuta una sufficiente
fiducia e può dunque dispiegarsi l'abbandono; se gli organi sessuali
vengono trattati in modo diverso dal resto del corpo e si annuncia
quindi una individuazione della sessualità, ecc. Le modalità di
reazione degli adulti alle manifestazioni della sessualità infantile -
per esempio le nascenti pulsioni parziali di toccare, di guardare, di
esibirsi, la masturbazione infantile o la curiosità e le domande
infantili, e in seguito i giochi sessuali, ecc. - danno un contributo
decisivo al costituirsi dell'atteggiamento del bambino: se cioè, e in
qual misura, egli affermerà la sua sessualità, vi si sentirà come a
casa propria, ‛senza colpa', e potrà quindi integrarla nel complesso
della sua vita, o se invece egli sentirà, di là dall'ineluttabile
fatica dell'incivilimento e delle limitazioni a esso associate, che il
processo originariamente ‛naturale' è stato spogliato della sua
naturalezza e della sua integrità e caricato invece di sentimenti di
disgusto, colpa e
Dagli
adulti, soprattutto dalle figure parentali fondamentali - di norma il
padre e la madre - si richiede comprensione benevola per le esigenze
dell'apprendimento infantile e il consenso alle prime esperienze con il
proprio corpo e le sue fonti di piacere, ma anche rispetto per la sfera
d'intimità del bambino e il senso del pudore che sorge spontaneamente
in lui; si richiede insomma di accompagnare, o guidare, con cauta
accortezza il processo dello sviluppo. Ciò può riuscire se l'adulto
cerca di vivere consapevolmente la sua propria sessualità e non valuta
il comportamento sessuale infantile dal suo punto di vista, come
sembrano rivelare le espressioni ‛onanismo del lattante' e
‛masturbazione infantile precoce'; e se, infine, nello sforzo di
superare le proprie inibizioni, l'adulto non si preoccupa troppo della
naturalezza, e d'altra parte non cade in atteggiamenti né di severo
controllo né di laissez
faire.
La sessualità infantile, ancora troppo poco considerata e soprattutto
non presa abbastanza sul serio nel suo significato a lunga scadenza,
mette l'adulto di fronte al capitale problema della sua propria
sessualità, al cui modello il bambino deve rifarsi per conseguire la
sua identità sessuale, con l'obiettivo di una posizione - maschile o
femminile - il più possibile univoca e tuttavia con una sufficiente
flessibilità nei ruoli, per valorizzare ciò che è universalmente
‛umano' dinanzi a ciò che è ‛specifico di ciascun sesso'. Si pone così
automaticamente il problema dei modelli o principi guida che stanno
sullo sfondo di ogni educazione sessuale, cioè di nuovo il problema del
‛senso' o ‛significato'.
c) La
funzione comunicativa della sessualità umana
Ci
siamo sinora interrogati sulla situazione odierna, sulle basi
biologiche, in particolare sui correlati neuroendocrini della
sessualità umana, e sull'importanza della sessualità infantile.
Dobbiamo ora porci il problema del ‛significato', che - anche per il
medico sotto il profilo terapeutico - è diventato ineludibile
nell'attuale situazione di sconvolgimento e di crisi.
1.
Aspetti evolutivi.
- Per secoli e millenni, le più disparate filosofie e religioni hanno
dato una risposta univoca al problema del significato: il significato
prevalente, o addirittura esclusivo, della sessualità umana risiede
nella riproduzione. Quest'antichissima equiparazione di sessualità e
riproduzione non è per nulla confinata al passato e, per tacere
dell'esperienza quotidiana dei medici sessuologi, può essere illustrata
da un'inchiesta condotta dall'autore durante una lezione dinanzi a 183
studenti. Con l'affermazione ‟l'unico significato della sessualità
umana è, per natura, la conservazione della specie" si dichiararono
d'accordo il 29% degli studenti e il 44% delle studentesse. Inoltre,
anche l'asserzione ‟il desiderio sessuale della donna è massimo al
tempo dell'ovulazione" (scorretta, in questa forma generale) fu
confermata dal 53% degli studenti e dal 72% delle studentesse.
Tali
risposte mostrano la mancanza di consapevolezza di un passo decisivo
nell'evoluzione della sessualità dai Primati inferiori a quelli
superiori, e cioè la scomparsa, che s'annuncia tra i Primati per
diventare ancor più netta nell'uomo, dei periodi di estro e di calore,
che regolano nel contempo l'interesse sessuale e l'accoppiamento come
anche la capacità di riproduzione biologica, associando strettamente
comportamento sessuale e riproduzione. Man mano che si sviluppa, la
corteccia cerebrale si costituisce, anche in questa come nelle altre
sfere della vita, come il supremo organo di controllo. La sessualità
viene così sottratta in misura crescente all'imperio del livello
ormonale, guadagnando nel contempo in multiformità e plasticità.
L'essere umano dispone così di un interesse sessuale sempre attivo,
indipendente dai periodi fecondi della donna, interesse che sopravvive
alla perdita della facoltà di generare e persino nella vecchiaia. Non
esistono più, dunque, periodi di accoppiamento promiscui e
automaticamente regolati; cessa ogni lotta dei maschi per le femmine in
calore del gruppo: uomini e donne diventano in linea di principio
liberi di scegliere il tempo e il partner dei
propri incontri sessuali (v. Ford e Beach, 1957). Dopo la scomparsa dei
periodi di calore, l'antica stretta connessione tra sessualità e
riproduzione viene meno.
Ci
si offre qui, inoltre, una delle poche radicali differenze tra
sessualità umana e sessualità animale. Com'è noto, nella ricerca di ciò
che è ‛tipicamente umano' come premessa per la scoperta del
‛significato', s'incontrano più tratti comuni che differenze tra
sessualità preumana e sessualità umana. Per esempio, alla
differenziazione sessuale a partire da una predisposizione comune,
all'orgarnizzazione ormonale pre- o perinatale e all'attivazione
postpuberale della funzione e del comportamento sessuale, presiedono
essenzialmente gli stessi principi in tutti i Mammiferi. Moltissime
differenze sono tali solo di grado: per esempio, nell'uomo la
dipendenza del comportamento sessuale dagli ormoni decresce sì in
misura decisiva, ma non è interamente scomparsa; gli stimoli visivi,
olfattivi e acustici perdono, è vero, d'importanza come iniziatori e
attivatori del comportamento sessuale, ma sono pur sempre operanti. Il
decorso riflesso del coito, con movimenti ritmici del bacino nel
maschio e con rilevanti modificazioni - diverse nel maschio e nella
femmina - delle funzioni cardiache, circolatorie e respiratorie, sembra
una caratteristica generale dei Mammiferi. È da precisare che la
posizione a
tergo,
stereotipa sino al livello evolutivo dei Primati, si fa con essi più
variata (soprattutto i giovani animali, per gioco e per il gusto di
sperimentare, la integrano con altre posizioni) per cedere infine il
posto nell'uomo - certo anche come effetto della sviluppatissima
funzione comunicativa della sessualità umana - alla prevalente
posizione ‛faccia a faccia'.
Giochi
amorosi, preliminari, stimolazione orale e manuale dei genitali,
La
separazione tra sessualità e riproduzione, e tra funzione riproduttiva
e funzione sociale della sessualità (separazione che ha i suoi inizi
già nel regno animale) emerge ancor più chiaramente nelle copule senza
eiaculazione - riscontrabili in numerose specie, sino ai Primati - le
quali sembrano servire anzitutto all'apprendimento sessuale, a
stabilire il legame col partner,
o anche come dimostrazione di predominanza e di rango, e infine al
consolidamento delle coppie o dei gruppi.
È
dunque possibile considerare come una grande tendenza evolutiva quella
alla crescente liberazione della sessualità - in corrispondenza con lo
sviluppo della neocorteccia - dai vincoli dei cicli automatici
dipendenti dai livelli ormonali, ‛stimolo-riflesso-risposta', e la
progressiva assunzione della sessualità a significati e funzioni di
natura non riproduttivo-sessuale. Appunto questa funzione sociale,
comunicativa, della sessualità acquista nell'uomo un tale sviluppo che
si deve ravvisare in essa un decisivo elemento di distinzione tra la
sessualità umana e quella animale. In altre parole, ciò che è
‛tipicamente umano' non va ricercato nella sfera delle funzioni e
modalità di comportamento sessuali, dove i principi fondamentali comuni
prevalgono di gran lunga sulle differenze (d'altronde, spesso tali solo
di grado), bensì là dove l'uomo anche per altri aspetti si distingue
più radicalmente dagli animali: nella sfera della coscienza, della
lingua e della cultura. Sembra inoltre ovvio e logico che proprio nel
nostro tempo, che si occupa con tanta intensità dei problemi della
comunicazione sul piano filosofico come su quello tecnologico, la
sessualità umana diventi accessibile alla comprensione attraverso la
sua funzione comunicativa, dunque linguistica, importante anche in
relazione ai complessi problemi della vita odierna di coppia. Questa
funzione comunicativa si presenta come una caratteristica tipicamente
umana - solo l'uomo dispone di una capacità comunicativa verbale, oltre
a quella non verbale, posseduta anche dagli animali - anche dal punto
di vista della riproduzione, in relazione cioè ai bisogni della prole,
in quanto espressione e rafforzamento della comunicazione e relazione
tra genitori: fattore d'importanza vitale per il bambino e presupposto
di una fecondità intesa non soltanto biologicamente, ma anche come
responsabilmente umana.
Nell'uomo,
dunque, la funzione comunicativa e quella riproduttiva possono essere
considerate come due aspetti non indipendenti l'uno dall'altro e
tuttavia autonomi, dei quali il primo sembra essere il presupposto del
secondo. Di conseguenza, la sessualità umana non riceve il suo
significato o la sua
2.
Contenuti della comunicazione sessuale.
- Nel seguito, adopereremo il concetto di comunicazione sessuale non
già in un senso generico, vago e allegorico, bensì concreto,
chiarendone i reali contenuti. Poiché affrontare il problema generale
dei fondamenti, delle forme e dei possibili disturbi della
comunicazione umana ci porterebbe troppo lontano dal nostro tema,
rinviamo a questo proposito a Watzlawick e altri (v., 1967). Il primo
assioma di questi autori enuncia l'impossibilità di non comunicare:
l'intero comportamento è infatti comunicazione. Ciò significa anche che
non esiste un comportamento ‛che non dice nulla'; pertanto ogni
comportamento, anche quello sessuale, ha carattere enunciativo.
Il
comportamento sessuale umano si rivela come una forma di comunicazione
prevalentemente non verbale, di natura analogica, come una specie di
linguaggio di segni, affine alla mimica o al linguaggio dei gesti. La
comunicazione ha luogo attraverso la funzione comunicativa del corpo
che, esprimendosi con il suo linguaggio fatto di comportamenti, produce
‛enunciati' - ambigui -, che debbono essere spiegati e tradotti. Si
tratta di recepire e di prendere sul serio, nella sua funzione
enunciativa, questo comportamento, come avviene, per esempio, con le
espressioni del volto, il portamento, l'andatura, il modo di parlare,
ecc.
La
funzione espressiva e comunicativa della mimica e del linguaggio
gestuale sembra in verità essere registrata con consapevolezza assai
maggiore di quanto non accada con i messaggi della comunicazione
sessuale, che rimangono per lo più in una sfera inconscia e irriflessa.
Nel seguito, noi non cercheremo di interpretare simbolicamente, ma
piuttosto di isolare ciò che il linguaggio sessuale del corpo - questa
dimensione generalmente trascurata - concretamente esprime (v. Loewit, The
communicative...,
1980, p. 234).
Nel
tentativo di tradurre il linguaggio analogico dei segni nel linguaggio
digitale, c'imbattiamo anzitutto nella necessità di rendere univoca la
polisemia contraddittoria del linguaggio corporeo analogico. Ciò ha
come necessaria conseguenza una limitazione della polisemia analogica e
una perdita d'informazione. Una traduzione univoca diventa possibile
soltanto attraverso la metacomunicazione (comunicazione sulla
comunicazione) della relazione di coppia: al pari di quella verbale,
anche la comunicazione non verbale ha un aspetto di contenuto e un
aspetto di relazione. L'aspetto di contenuto riguarda la parte
informativa del messaggio, mentre l'aspetto di relazione, in quanto
‛metacomunicazione' - cioè comunicazione addizionale sulla relazione -,
dice come il contenuto debba essere inteso. È il secondo aspetto che
decide se, per esempio, un abbraccio significhi vicinanza, trattenere
nel senso di accogliere, trarre a sé, proteggere, o invece
imprigionare, bloccare, privare della libertà.
Così,
comportamenti sessuali (in senso più o meno stretto) come: guardarsi
l'un l'altro, avvicinarsi, simpatizzare, toccarsi, stare insieme, stare
nudi l'uno dinanzi all'altro, aprirsi, accettarsi, affidarsi, unirsi,
penetrarsi e avviticchiarsi, giocare, possono essere l'espressione
corporea di: considerazione, condiscendenza, simpatia, commozione,
comprensione, sensibilità, contatto, vicinanza, calore, sicurezza,
assenza di riserve e autenticità, autorealizzazione, accordo,
sincerità, fiducia, accettazione, conferma, unità, soddisfazione,
attaccamento, coesione, dare e ricevere ecc.; ma anche di persecuzione,
attacco, presa di possesso, lotta, assoggettamento, oppressione,
costrizione, spoliazione, mancanza di protezione, ‛essere in balia di',
sfruttamento, oltraggio, distruttività o anche allontanamento,
freddezza, distanza, chiusura ecc. Soltanto la metacomunicazione può
informare sulla effettiva relazione, e decidere quindi
l'interpretazione corretta.
I
contenuti espressi dal linguaggio sessuale del corpo rappresentano
anche bisogni umani fondamentali, ‛vitali', la cui ragionevole
soddisfazione decide del ‛senso' e della felicità della vita dalla
prima relazione madre-bambino sino alla più tarda vecchiaia. In
particolare, essi sono elementi essenziali, presupposti irrinunciabili
di relazioni duali intime. In altre parole, l'accettazione, la
conferma, la simpatia, il calore, la sicurezza, la sincerità, la
fiducia, il senso di comune appartenenza, ecc. (tutti elementi
suscettibili di essere presi nel duplice senso del dare e del ricevere)
sono, almeno nella nostra cultura, bisogni umani elementari, che
esigono di essere soddisfatti. Nella terminologia della psicologia del
profondo può parlarsi di caratteristiche narcisistiche, orali, anali e
genitali che, stabilitesi nella prima fondamentale relazione duale, si
sviluppano nelle relazioni successive, cui danno intensità individuale,
colore e orientamento; come anche di strutture di bisogni sane e/o
nevrotiche, ovvero di pretese che sono o non sono suscettibili di
soddisfazione. Ognuno è destinato a vivere in relazione con i suoi
simili, a esperire, e a rendere esperibili ad altri, la vicinanza, il
calore, la fiducia, la sincerità e
L'amore,
dunque, significa più che attrazione, simpatia, fascino e incontro
sessuale; esso viene sperimentato là dove c'è la preoccupazione
autentica, o supposta tale - da parte di ciascuno dei due partners -,
di soddisfare i bisogni fondamentali dell'altro. Ora, poiché esprime
proprio questi contenuti attraverso una duplice dimensione, analogica e
sensuale, il linguaggio sessuale del corpo possiede una forza
enunciativa incomparabile, e viene inoltre esperito come fonte di
piacere, con ciò intendendo non soltanto il piacere sessuale, ma anche
il ‛piacere di relazione'. Questi rapporti sono rappresentati
graficamente nella figura.
4. Conclusioni
Poiché
le espressioni hanno senso solo in quanto comunicano contenuti veri, la
questione decisiva è in qual misura i messaggi, e le promesse
inconscie, comunicati nel linguaggio sessuale del corpo, corrispondano
alla realtà. Vicinanza, calore, accettazione, autenticità, sincerità,
sicurezza, comune appartenenza, unità ecc.: tutti questi contenuti,
espressi - e dunque esperiti - nelle attività sessuali, sono
fondamentalmente veri, rispecchiano cioè, almeno come disponibilità o
possibilità di sviluppo, la realtà della relazione? Ovvero l'attività
sessuale è spogliata sin dall'inizio, in tutto o in parte, del suo
significato essenziale, e si riduce più o meno agli aspetti parziali di
una sessualità mutilata? In quanto tale, non potrà realizzare le
possibilità che pure contiene, e alla lunga risulterà tediosa e
deludente, né alcuna tecnica sarà in grado di surrogare il senso
mancante, mentre invece tutti gli aspetti parziali derivanti dalle
pulsioni parziali o da ogni sorta di inclinazioni, predilezioni e
tecniche personali possono trovare spazio in una cornice adeguata. In
conclusione, la sessualità umana avrà le maggiori opportunità di
scoprire il proprio senso e di raggiungere il totale dispiegamento là
dove può esser vissuta come elemento costitutivo integrato della
personalità e come espressione adeguata di un rapporto, il che
presuppone maturità personale - anzitutto capacità di relazione e di
contatto -, autonomia, capacità e disponibilità ad assumersi
responsabilità, e un'adeguata scelta del partner.
Al contrario, una sessualità intesa come isolata fonte di piacere,
fatta servire in primo luogo alla bramosia di novità, all'autoconferma
e al prestigio sociale, o esercitata come uno sport eccitante, o
considerata come un venale articolo di consumo che non impegna a nulla,
non potrà offrire che un soddisfacimento parziale. Ciò vale anche
quando la sessualità è posta sotto l'onere impersonale dell'efficienza,
quando viene adoperata come arma nella lotta dei sessi o come vendetta
nei confronti dell'altro sesso o quando, orientata unicamente su se
stessa, non trova la via dell'altro. Un tale soddisfacimento parziale
potrebbe bastare se l'oggetto del desiderio fosse appunto soltanto un
soddisfacimento parziale. Ma gli irrinunciabili bisogni fondamentali
dell'uomo non cercano un soddisfacimento parziale, bensì totale, e gli
inevitabili compromessi o riduzioni sembrano riguardare la sua quantità
piuttosto che la sua natura essenziale. Di conseguenza, alla lunga e
specialmente tenendo conto dei bisogni dei partners,
le speranze deluse, le promesse non mantenute eppure sempre trasmesse
attraverso il linguaggio sessuale del corpo, la frustrazione permanente
possono condurre a vissuti privi di significato e di valore, al rifiuto
e al disgusto e persino a disturbi della funzione sessuale. Tali
disturbi possono a loro volta, come ‛disfunzioni funzionali',
costituire comunicazioni autentiche sullo stato effettivo della
relazione. Si può allora dire che, contrariamente alla separazione tra
sessualità e riproduzione, perfettamente ragionevole e nel solco di
un'evoluzione umana - qual è oggi resa possibile dalle tecniche
anticoncezionali -, una separazione tra sessualità e relazione intima,
o tra sessualità e i contenuti espressi dal linguaggio sessuale del
corpo non rende giustizia al senso della sessualità umana.
Una
tale visione della sessualità umana come una possibilità comunicativa
psicosomatica globale o come un linguaggio del corpo con contenuti
affatto concreti non costituisce certo nulla di fondamentalmente nuovo;
essa tenta però di sottoporre a nuova riflessione e di rendere conscio
ciò che oggi appare come anche troppo scontato, e per questa via
contribuire a superare l'abisso tra sessualità e amore, tra sessualità
e pudore e persino tra sessualità e religione. Questa visione può, sul
terreno terapeutico, richiamare l'attenzione del medico sessuologo sui
profondi disturbi relazionali che sottendono spesso gli apparenti
disturbi della funzione sessuale, e aiutare a considerare - di nuovo e
consapevolmente - la sessualità come possibilità d'espressione di quei
valori ricercati anche da chi rifiuti ogni avvicinamento ‛sessuale'. In
tal modo sarebbe altresì possibile superare la frequente contraddizione
tra l'esigenza di tenerezza nelle relazioni umane e la negazione della
sessualità genitale, e quindi riunire Eros e sesso.
La
nostra prospettiva può condurre così in generale a relazioni tra i
sessi più umane e soprattutto più vere, e quindi a una liberazione
autentica della sessualità (sul terreno cristiano, perfettamente in
linea con il paolino ‟la verità vi farà liberi" o l'agostiniano ‟ama, e
fa' ciò che vuoi"), mentre l'estinzione del significato ha come
contropartite lo scambio della libertà con l'arbitrio, l'isolamento e
l'assolutizzazione degli aspetti parziali e sinanche l'abuso del partner.
Essa dovrebbe poter servire anche da punto di partenza per il
superamento dell'ostilità verso il sesso, che si riscontra in parecchie
religioni, specie nei loro orientamenti ortodossi: l'esperienza vitale,
sensuale degli elementi essenziali di ogni relazione personale è
infatti non soltanto il presupposto di una vita realizzata, ma anche la
sostanza dei valori religiosi; e il loro trascendimento nel senso di
una ‛teologia della sessualità' può dischiudere nuove dimensioni
religiose, come per millenni molte religioni hanno considerato ovvio e
come in ambito cattolico si comincia di nuovo ad ammettere (v. i
contributi di Greeley; v. Rotter, 1979). Parimenti, la nostra
concezione può contribuire alla fondazione antropologica di un'etica -
e di una pedagogia - sessuale più adeguata alla natura dell'uomo;
potrebbe costituire un aiuto a orientarsi e a decidere, guardandosi da
prevedibili disillusioni, come quelle che possono nascere dallo scambio
dell'espressione con il contenuto. Esperire consapevolmente la
sessualità come possibilità di comunicazione potrebbe infine, non da
ultimo, contribuire a evitare il fallimento di un'altra, verosimilmente
più autentica, rivoluzione sessuale del nostro secolo: quella fondata
sulla possibilità (in linea di principio), e anche sull'attesa, della
coincidenza di matrimonio, amore e sessualità. Greeley parla di questa
rivoluzione sessuale come ‟dell'idea, molto moderna, che matrimonio,
amicizia e soddisfacimento sessuale possano sussistere in un'unica
relazione" (v. Greeley, 1953). In verità, la vecchia contrapposizione
tra impegno obbligante e amore spontaneo sembra non avere più che un
interesse storico, e le sfere, per l'innanzi separate, del matrimonio
come istituzione e dell'amore come esperienza personale sembrano venire
a coincidere anziché esdudersi, sebbene il collegamento tra sessualità
e vita di coppia non appaia consolidarsi in egual misura. Ancor oggi,
come in passato, la sessualità si presenta nei rapporti di coppia
scissa, isolata e ‛muta'; oppure viene prevalentemente considerata, e
assunta, come mezzo riproduttivo o come qualcosa che semplicemente
inerisce alla vita della coppia; ovvero infine come il prezzo del
mantenimento di rapporti amichevoli. La presa di coscienza dei
contenuti comunicati nell'incontro sessuale potrebbe proprio oggi - in
particolare a una gioventù orientata verso relazioni personali durevoli
e guidata dalle migliori intenzioni - offrire un modello di pensiero
per la ricerca di una via mirante al conseguimento di mete
autonomamente fissate. Non per questo, però, pretendiamo che il nostro
approccio possa spiegare ogni cosa, né che sia l'unico valido ai fini
della comprensione della sessualità umana: la realtà rimane
necessariamente più ampia e più sfaccettata di tutti gli sforzi che si
possano fare per afferrarla. (v. anche psicanalisi).
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it