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Sonno e sogno
Sonno e sogno
Nella maggioranza delle lingue occidentali sonno e sogno sono indicati con parole diverse; non così nella lingua spagnola, dove esiste un medesimo termine, sueño, per denotare entrambi i fenomeni. Tuttavia la differenza tra questi due concetti non potrebbe essere più grande: con 'sonno' si indica infatti un fenomeno oggettivo, chiaramente dimostrabile con le normali apparecchiature neurofisiologiche mentro esso è ancora attivo; invece, per 'sogno' si intende il contenuto cosciente che accompagna il sonno e che può essere studiato soltanto attraverso il racconto del soggetto dormiente dopo che questi si è risvegliato e, dunque, ha interrotto sia l'uno che l'altro. Il rapporto tra i due fenomeni non è dissimile da quello che nella veglia raccorda una palese oggettività a una diversa qualità di coscienza. Il paragone serve a chiarire, tra l'altro, perché la fenomenologia del sonno sia molto più nota e certa di quella concernente il sogno.
Il sonno è uno stato fisiologico del cervello del tutto peculiare che si riscontra sia nell'uomo che negli animali, la cui presenza è indicata da variabili oggettive misurabili con metodi poligrafici. Se ne è reso così possibile lo studio in condizioni di laboratorio. In questo saggio ci occuperemo degli aspetti biologici del sonno, specificandone i meccanismi di innesco, mantenimento e conclusione. Presenteremo inoltre in breve sintesi l'intero quadro di modificazioni a cui va incontro tutto l'organismo e che spaziano dagli aspetti comportamentali a quelli ormonali e metabolici; un argomento a cui verrà data una speciale rilevanza sarà costituito dai meccanismi neurofisiologici che risiedono soprattutto nella formazione reticolare e nell'ipotalamo caudale e che regolano le transizioni dallo stato di veglia a quello di sonno e viceversa. Sul ruolo fisiologico del sonno gli studiosi non sono ancora concordi, ma vi è una sostanziale coincidenza di opinioni sulla sua importanza e sulla sua funzione riorganizzatrice e ristoratrice, che comprende tra l'altro l'elaborazione delle memorie di veglia e la modulazione della risposta immunitaria. In particolare, vedremo come le ipotesi sulle funzioni del sonno possano distinguersi in selettive e unitarie, a seconda che esse tentino di spiegare esclusivamente la funzione del sonno sincronizzato o del sonno paradossale, oppure abbiano come oggetto di analisi il sonno nella sua globalità di rapporti con il cervello e il resto del corpo e nelle sue relazioni con lo stato di veglia.
Ci occuperemo infine degli studi scientifici che sono stati realizzati sul sogno come funzione psicologica e che ancora oggi suscitano accesi dibattiti, soprattutto nei riguardi del significato che l'attività onirica assume per la mente e la coscienza. Il sogno ripropone infatti la classica distinzione tra fisica del cervello e dinamica mentale, a cui si aggiunge la particolarità di uno stato di coscienza profondamente diverso da quello della veglia. Per la maggioranza degli psicologi il sogno costituisce una fonte insostituibile di informazioni sugli aspetti inconsci della vita cognitiva ed emotiva. Nei riguardi dei pazienti, esso rappresenta uno strumento essenziale di studio e terapia. Faremo perciò un breve cenno alle tecniche psicoanalitiche di interpretazione del sogno, che Sigmund Freud, il quale definiva il sogno "la via regia verso l'inconscio", elaborò per primo alla fine del XIX secolo. La concezione freudiana del sogno è stata più volte rielaborata da altri studiosi della mente e tutt'ora essa rimane una delle ipotesi più solide in merito alla funzione emotiva e cognitiva del sogno nell'economia psichica degli esseri umani.
sommario
1. La fenomenologia del sonno. 2. La transizione veglia-sonno e la regolazione del sonno. 3. Le ipotesi sulle funzioni del sonno. 4. Il sogno e il suo significato. □ Bibliografia.
Il sonno è uno stato fisiologico eterogeneo, che riguarda tutto l'organismo e si distingue dalla veglia per le molteplici variazioni funzionali che interessano il cervello e il resto del corpo, tra cui risalta la perdita di coscienza, che tuttavia ritorna nel sogno in veste diversa e a volte bizzarra. Come nella veglia vi sono fasi di quiete e di attività, anche nel sonno si distinguono momenti diversi che si avvicendano in modo ciclico. La distinzione principale riguarda il sonno a onde lente, o sonno sincronizzato, e il sonno paradossale. Nell'uomo adulto il sonno sincronizzato occupa circa l'80% del totale ed è convenzionalmente suddiviso in quattro sottostati di profondità crescente. A prescindere dalle caratteristiche posturali e di comportamento, buona parte dei criteri utilizzati per la definizione degli stati di sonno si basa sulla registrazione delle onde EEG (elettroencefalografiche) dalla superficie del cranio. Si tratta per lo più di variazioni sincrone del potenziale elettrico di vaste popolazioni sinaptiche, la cui estensione è rispecchiata dall'ampiezza.
Le onde lente del sonno sincronizzato (onde δ: 0,5÷4 Hz), di notevole ampiezza, arrivano a coprire dal 20 al 50% del tracciato EEG (stato 3) o anche percentuali maggiori (stato 4). Nel loro insieme, gli stati 3 e 4 sono indicati come 'sonno a onde lente' vero e proprio. Infatti, nello stato 2 la percentuale di onde δ non supera il 20%, e sono presenti altre forme d'onda note come 'fusi' e complessi K. I fusi sono oscillazioni EEG tra 12 e 14 Hz, la cui ampiezza tende ad aumentare e poi a diminuire con le corrispondenti variazioni della popolazione sinaptica. Quanto ai complessi K, essi sono costituiti da una rapida variazione iniziale seguita da un'oscillazione più lenta. Attualmente si assimilano a singole onde lente. Infine, lo stato 1, in genere di breve durata, rappresenta la transizione tra veglia e sonno, caratterizzata da una progressiva diminuzione delle frequenze di veglia e dalla comparsa di onde ϑ (4÷7 Hz). Anche nella veglia si distinguono stati diversi, designati come 'veglia quieta' e 'veglia attiva'. La prima si manifesta in assenza di percezioni visive e uditive (occhi chiusi e ambiente silenzioso) e in uno stato di rilassatezza mentale. In queste condizioni si registrano frequenze EEG tra 8 e 12 Hz (onde α) prevalentemente dalla regione posteriore del cranio. Ma non appena il soggetto riapre gli occhi o si concentra su un semplice calcolo, le onde α sono sostituite da frequenze più elevate (onde β, da 15 a 30 Hz, e onde γ‚ di maggiore frequenza). Si passa così alla veglia attiva, nella quale sono presenti anche onde ϑ.
Un tracciato simile a quest'ultimo si ritrova nel sonno paradossale, il cui nome sottolinea il paradosso di un tracciato simile a quello della veglia attiva che si manifesta in uno stato di sonno profondo. Il sonno paradossale è noto anche come 'sonno REM' (Rapid eye movements) per la caratteristica presenza dei movimenti rapidi degli occhi che ne hanno consentito l'iniziale identificazione. I REM appaiono in maniera periodica, per il ripetersi di cicli di sonno che iniziano con il sonno sincronizzato e si chiudono con il sonno paradossale. Nell'uomo si succedono in genere 4-5 cicli di circa 90 minuti ciascuno, che differiscono tra loro per la relativa durata dei diversi tipi di sonno. Nel primo ciclo il sonno a onde lente è particolarmente lungo e intenso, laddove quello paradossale è breve, mentre nei cicli successivi la proporzione si inverte gradualmente. È degno di nota che l'uomo, fin dai primi anni di vita, si addormenta sempre attraversando i vari sottostati di sonno sincronizzato e risalendoli in parte per poi entrare nel primo episodio di sonno paradossale. La latenza di comparsa di quest'ultimo si riduce notevolmente negli episodi di narcolessia e nella depressione.
Il sonno dell'adulto si va strutturando nel corso dello sviluppo fetale e neonatale. L'attività EEG compare solo negli ultimi mesi della vita fetale e si configura come sonno attivo, precursore diretto del sonno paradossale. Nel feto, il sonno attivo copre gran parte delle 24 ore, lasciando il tempo residuo a tracciati EEG interpretabili come episodi immaturi di veglia o di sonno quieto, precursore del sonno sincronizzato. La prevalenza di sonno attivo persiste nel periodo neonatale, durante il quale appaiono episodi sempre più lunghi e differenziati di veglia e di sonno quieto. Nei primi mesi, è normale che dalla veglia si passi tanto al sonno attivo quanto al sonno quieto, ma con il progressivo differenziarsi degli stati di vigilanza si afferma la sequenza veglia-sonno quieto-sonno attivo, che diventa infine veglia-sonno sincronizzato-sonno paradossale. Queste variazioni sono associate al progressivo ridursi del sonno paradossale (che nell'adulto costituisce circa il 20% del totale) e al concentrarsi nel periodo notturno dei periodi di sonno che erano inizialmente distribuiti lungo tutto l'arco della giornata. Nella terza età, la durata del sonno notturno decresce fino a meno di sei ore per notte e il sonno si frammenta; diminuiscono sia il sonno paradossale sia quello a onde lente. A ciò si accompagnano modifiche nella qualità della veglia, che tende a divenire meno attenta.
Aspetti filogenetici
La precoce comparsa del sonno paradossale (sonno attivo) nel feto e la successiva differenziazione del sonno sincronizzato (sonno quieto) nel periodo neonatale sono state considerate per molto tempo in contrasto con la tardiva comparsa filogenetica del sonno paradossale, presente solo negli omeotermi (Uccelli e Mammiferi), e la precoce comparsa del sonno sincronizzato, già evidente nei pecilotermi (Pesci, Anfibi e Rettili). Questa discrepanza è stata ridimensionata dall'adozione di criteri meno rigidi di identificazione dei due tipi di sonno. Si sono così riscontrati molteplici indizi della commistione di versioni più primitive di ambedue le tipologie nei Vertebrati meno evoluti. Si ritiene dunque che il sonno estremamente differenziato dei Mammiferi derivi filogeneticamente da uno stato primitivo, che compare nel periodo di riposo dei primi Vertebrati e va progressivamente differenziandosi insieme alla graduale differenziazione della veglia. Di particolare interesse è il caso di molte specie di Uccelli e di Mammiferi marini (in particolare il delfino), nei quali il sonno interessa solo un emisfero per volta mentre l'altro viene mantenuto sveglio per il controllo di funzioni e comportamenti essenziali. Periodi di sonno identificati con criteri comportamentali, omeostatici, farmacologici ed elettrofisiologici sono presenti anche tra gli invertebrati, per esempio in alcuni Insetti (scarafaggio, ape, moscerino della frutta).
Aspetti comportamentali e fisiologici
Nel sonno sono normalmente assenti i comportamenti di veglia, a eccezione dello stato di sonnambulismo che può verificarsi nel sonno sincronizzato. Tuttavia sono presenti movimenti, che nel sonno sincronizzato prendono la forma di grossolani spostamenti del corpo mentre nel sonno paradossale si manifestano come contrazioni di distretti muscolari limitati. Oltre ai muscoli esterni degli occhi, responsabili dei REM, contrazioni fasiche interessano i muscoli dell'orecchio medio e delle estremità degli arti. Nello studio dei meccanismi responsabili dei REM, particolare attenzione è stata rivolta alle ampie oscillazioni di voltaggio che si registrano in diverse regioni cerebrali (onde ponto-genicolato-occipitali, PGO). Anche il tono muscolare varia nel corso del sonno. In particolare, quello dei muscoli posturali, elevato nella veglia, si riduce ma non si annulla nel sonno sincronizzato, mentre scompare quasi del tutto nel sonno paradossale a causa dell'inibizione esercitata da un gruppo di cellule nervose del tronco dell'encefalo. Tale atonia ha permesso di mettere a punto un metodo automatico di privazione selettiva di questa fase di sonno. Infatti, se un animale viene confinato su una piccola piattaforma circondata da acqua, il suo tono muscolare gli consente di rimanervi solo se è quello caratteristico della veglia o del sonno sincronizzato, mentre l'atonia del sonno paradossale comporta la caduta nell'acqua e il conseguente risveglio.
Variazioni di pari interesse riguardano le funzioni vegetative, regolate dalle sezioni simpatica e parasimpatica del sistema nervoso. Poiché l'attivazione di una delle due comporta la ridotta attività dell'altra, la descrizione di un quadro particolarmente complesso può essere semplificata ricordando che nel sonno sincronizzato e nelle fasi toniche del sonno paradossale prevale il parasimpatico, mentre negli aspetti fasici del sonno paradossale prevale il simpatico. Pertanto, pressione arteriosa, gittata cardiaca e frequenze cardiaca e respiratoria diminuiscono nel sonno sincronizzato, ma raggiungono e a volte superano i valori di veglia nel sonno paradossale. Inoltre, mentre il controllo omeostatico persiste nel sonno sincronizzato, la sua ridotta efficacia o completa assenza nel sonno paradossale produce un'instabilità che si riflette in improvvisi sbalzi pressori e in rapide variazioni delle frequenze cardiaca e respiratoria. L'instabilità vegetativa è probabilmente associata a contenuti mentali particolarmente emotivi. Anche i livelli ormonali si modificano nel sonno: nei Primati e nell'uomo, il tasso ematico dell'ormone della crescita aumenta drasticamente durante il primo episodio di sonno a onde lente, anche quando il sonno ha luogo durante il giorno. Il tasso ematico dell'ormone adrenocorticotropo (ACTH) e del cortisolo aumenta nella seconda metà del sonno, quando prevalgono gli episodi di sonno paradossale e ci si avvicina al risveglio. Inoltre, l'aumento del tasso di ACTH continua a prodursi nelle prime ore del mattino anche se il sonno ha luogo durante il giorno. Anche altri ormoni anabolici, come prolattina e ormoni sessuali, manifestano un maggior rilascio nel sangue durante il sonno.
Metabolismo cerebrale
In analogia con le variazioni che un muscolo presenta a seconda che si trovi in condizioni di attività o di riposo, il metabolismo energetico del cervello è stato a lungo considerato elevato nella veglia e ridotto nel sonno, fin da prima che fossero disponibili adeguati dati sperimentali. In tempi più recenti, una complessa serie di esperimenti ha dimostrato che nel cervello che dorme il consumo di energia si riduce in diretta proporzione alla densità delle onde δ, rimanendo quindi poco al di sotto del livello di veglia nello stato 2, ma diminuendo del 20% e oltre negli stadi 3 e 4 del sonno sincronizzato. D'altra parte, nel sonno paradossale il consumo cerebrale di energia ritorna a valori simili o superiori a quelli della veglia. Queste differenze concordano con misure del flusso sanguigno di diverse regioni del cervello.
Variazioni di particolare interesse sono state descritte nel metabolismo delle proteine e degli acidi nucleici cerebrali. Nel cervello del ratto, il livello globale di sintesi proteica aumenta in funzione diretta della durata del sonno sincronizzato. D'altra parte, in esperimenti sul coniglio si è dimostrato che gli RNA sintetizzati durante il sonno sono quantitativamente diversi da quelli sintetizzati durante la veglia. Infatti, nei nuclei di grandi dimensioni derivati da astrociti e cellule nervose, la sintesi di RNA ribosomale prevale durante la veglia, mentre nel sonno sincronizzato prevale la sintesi degli mRNA. Il sonno sincronizzato sembra quindi la condizione in cui si verifica una massiccia rimodulazione degli mRNA astrocitari e/o neuronali. A conferma di questa conclusione, in studi dettagliati effettuati sul ratto e sul moscerino della frutta si è giunti all'identificazione di una classe di geni selettivamente attivati nella veglia e di un diverso gruppo di geni selettivamente attivati nel sonno. Tra i primi sono da sottolineare quelli che promuovono il potenziamento sinaptico, fattori di trascrizione e di crescita, proteine antistress, proteine che favoriscono la risposta immunitaria, recettori e trasportatori di neurotrasmettitori. Tra i secondi occorre ricordare geni gliali, geni del metabolismo lipidico e delle membrane cellulari, e geni che promuovono la sintesi proteica e i fenomeni plastici.
2. La transizione veglia-sonno e la regolazione del sonno
Il passaggio dalla veglia al sonno e viceversa è controllato da centri nervosi in opposizione reciproca. La veglia è indotta e mantenuta dal sistema reticolare attivante, localizzato nel tronco encefalico e nella parte caudale dell'ipotalamo, mentre il sistema ipotalamico del sonno, localizzato nell'ipotalamo anteriore, promuove e mantiene il sonno. Il sistema che attiva la veglia include diversi insiemi di neuroni che raggiungono gran parte dei neuroni talamici e della neocorteccia e li mantengono tonicamente attivi attraverso il rilascio di acetilcolina, istamina o glutammato. Il sistema colinergico raggiunge la corteccia per il tramite di neuroni talamici, del prosencefalo basale, e dell'ipotalamo posteriore. I neuroni delle ultime due regioni sono rispettivamente di tipo colinergico e istaminergico, mentre la maggioranza degli altri neuroni è di tipo glutammatergico. Si tratta in ogni caso di cellule che inviano fibre diffusamente in tutta la corteccia. Un importante gruppo di neuroni del sistema attivante la veglia, anch'esso a proiezione diffusa, è situato nel locus coeruleus ed è di tipo noradrenergico. La sua attività è massima durante la veglia, diminuisce nel sonno sincronizzato e scompare del tutto nel sonno paradossale. È di notevole interesse che il ruolo di questi neuroni riguardi l'espressione di geni che favoriscono il potenziamento a lungo termine della trasmissione sinaptica e quindi la ritenzione delle memorie. Il ridursi della loro attività nel sonno sincronizzato e il suo scomparire nel sonno paradossale potrebbero giustificare l'incerto funzionamento della memoria dei sogni. Un profilo di attività simile a quello del sistema noradrenergico è mostrato dai neuroni serotoninergici dei nuclei del rafe, anch'essi a proiezione diffusa, il cui ruolo è tuttavia meno chiaro. Diversamente dai due ultimi sistemi, i neuroni dopamminergici della substantia nigra inviano fibre alla corteccia frontale, alle regioni limbiche e a quelle del prosencefalo basale, ma non sembrano modificare la loro attività nei diversi stati di vigilanza. Essi sono implicati nei processi di motivazione e di gratificazione. Sono infine da ricordare i neuroni dell'ipotalamo laterale che producono il peptide ipocretina (coinvolto nella patogenesi della narcolessia) e innescano gli altri elementi del sistema attivante la veglia.
Il passaggio dalla veglia al sonno sincronizzato, certamente facilitato dalla riduzione delle afferenze sensoriali, richiede tuttavia l'attivazione del sistema ipotalamico del sonno che, insieme a neuroni del prosencefalo basale, inibisce il sistema attivante la veglia. A loro volta, i neuroni del sistema ipotalamico del sonno sono inibiti dal sistema attivante la veglia quando prevale quest'ultimo. La relativa prevalenza dei due sistemi è governata dal nucleo suprachiasmatico dell'ipotalamo, il cui orologio circadiano, sincronizzato dal ciclo giornaliero della luce, stabilisce quale debba essere la fase destinata al sonno (la notte per l'uomo e gli animali diurni, il giorno per gli animali notturni) e ne mantiene la continuità. Infine, il passaggio dal sonno sincronizzato al sonno paradossale avviene in gran parte per riattivazione degli stessi sistemi colinergici del tronco encefalico e del prosencefalo basale che generano la veglia. Tuttavia, al contrario che nella veglia, nel sonno paradossale tacciono i sistemi noradrenergici e serotoninergici. Gli eventi fasici del sonno paradossale, tra cui le onde PGO, i REM e le altre contrazioni muscolari, sono attribuiti all'attività intermittente ad alta frequenza di neuroni del tronco encefalico.
Oltre ai meccanismi nervosi esistono anche fattori chimici che esercitano un controllo del sonno. Il più noto è il fattore S, un muramilpeptide costituito da alcuni amminoacidi e dagli acidi muramico e diamminopimelico, noti per essere costituenti delle pareti batteriche. Il fattore S si accumula nel liquor cefalorachidiano durante la veglia, e a dosi picomolari è in grado di indurre lunghi periodi di sonno sincronizzato in diverse specie animali. Un altro fattore di sonno, il peptide DSIP (Delta sleep inducing peptide) che induce il sonno a onde δ, è stato invece identificato in esperimenti di circolazione crociata tra due conigli, in cui il sonno indotto per stimolazione talamica in uno di essi induceva il sonno anche nell'altro. Il filone di studi aperto da queste osservazioni ha portato all'identificazione di molti altri composti con attività simile, tra cui melatonina, citochine, prostaglandine e adenosina, ma anche metaboliti apparentemente banali come uridina e glutatione. L'efficacia e le eventuali interazioni di questi composti sono note solo in parte.
Le influenze circadiane non sono le sole a modulare il sonno. Un rilevante condizionamento è esercitato dalla durata, dall'intensità, dalla rilevanza e dalla novità delle percezioni di veglia. Si parla quindi di una regolazione omeostatica del sonno, che si ritiene basata su meccanismi locali (come indicato dal sonno uniemisferico) oltre che centrali. È bene notare che privazioni selettive di sonno a onde lente o di sonno paradossale comportano tentativi sempre più frequenti di rientrare selettivamente nella fase di sonno impedita, e ne condizionano infine il recupero specifico. Nell'uomo, la privazione di sonno mantenuta per tempi ragionevoli produce irritabilità e deterioramento cognitivo. D'altra parte, nei ratti privati di sonno per alcune settimane si instaura una condizione nella quale un maggior consumo di cibo si accompagna a un maggior dispendio di energia e a una marcata perdita di peso che ha per esito la morte dell'animale. A una conclusione simile vanno incontro i pazienti affetti da insonnia fatale familiare, una malattia prionica caratterizzata da insonnia marcata e degenerazione del talamo, che nei casi meno acuti interessa anche la corteccia cerebrale. In un modello regolativo del sonno dell'uomo generalmente accettato, le distinte oscillazioni dei fattori circadiani e omeostatici sono considerate interagenti e accomunate dal loro crescere durante la fase di luce e di veglia e diminuire nella fase di buio e di sonno. Le oscillazioni circadiane sono di tipo sinusoidale, mentre quelle omeostatiche sono di tipo logaritmico.
Le ipotesi sulle funzioni del sonno possono distinguersi in selettive e unitarie, a seconda che esse si riferiscano al sonno sincronizzato o al sonno paradossale, oppure prendano in considerazione il sonno nella sua interezza e nelle sue relazioni con la veglia. Nelle ipotesi selettive è implicito il concetto che sonno sincronizzato e sonno paradossale svolgano funzioni diverse e indipendenti, mentre per le ipotesi unitarie i loro ruoli sono diversi ma complementari nell'ambito del ciclo sonno-veglia.
Secondo l'ipotesi del risparmio energetico, il ridotto consumo energetico del sonno sincronizzato consentirebbe un risparmio particolarmente opportuno in ambienti con limitate risorse alimentari. Nell'uomo, tuttavia, tale risparmio, in gran parte dovuto alla riduzione del tono muscolare, è di meno del 10% rispetto alla veglia quieta. Un risparmio di maggiore entità è possibile nei Mammiferi di piccola taglia, caratterizzati da un più elevato metabolismo di base. Secondo l'ipotesi immunitaria, è compito del sonno sincronizzato potenziare le risposte immunitarie. Il maggior sostegno a tale ipotesi deriva dal riconoscimento che il fattore S è un muramilpeptide dotato, in quanto tale, di attività pirogena e immunomodulatoria. Si è inoltre osservato che la somministrazione di agenti patogeni inattivati aumenta la durata del sonno sincronizzato, e che una più efficace condizione immunitaria si instaura dopo prolungati periodi di sonno. L'ipotesi anabolica sostiene, infine, che il sonno sincronizzato promuove i processi anabolici, tra cui la sintesi di macromolecole. La principale osservazione a favore di questa ipotesi riguarda l'aumentato rilascio dell'ormone della crescita che nell'uomo e nei Primati si verifica durante il primo episodio di sonno a onde lente.
Ipotesi selettive sul ruolo del sonno paradossale
Secondo l'ipotesi sentinella, gli episodi di sonno paradossale faciliterebbero il risveglio degli animali che vengono predati, consentendo loro un'eventuale ricognizione dell'ambiente. L'ipotesi non riguarda quindi i predatori, che sono tra l'altro caratterizzati da una maggiore percentuale di sonno paradossale. Non vi sono inoltre prove che nel sonno paradossale la soglia di risveglio sia più bassa. D'altra parte, secondo l'ipotesi del trofismo delle vie visive, il ruolo del sonno paradossale si limiterebbe alla periodica comparsa dei REM che, attivando le vie visive, ne interromperebbe l'inattività imposta dal sonno sincronizzato, impedendone quindi l'eventuale atrofia. Ambedue le ipotesi sono riportate soprattutto come esempi di una riduttiva tendenza a definire il ruolo del sonno paradossale (e anche del sonno sincronizzato) enfatizzando solo alcuni aspetti secondari del complesso assetto fisiologico del sonno.
Fondatezza ben diversa hanno invece l'ipotesi ontogenetica e quella dell'elaborazione delle memorie. La prima parte dalla constatazione che la comparsa del precursore del sonno paradossale nel feto (sonno attivo) e la sua prevalenza nel periodo postnatale si manifestano in stretta concomitanza con il progressivo formarsi del cervello e dei suoi circuiti di base. Ciò rende ragionevole pensare che il sonno paradossale favorisca lo sviluppo iniziale del cervello. Ulteriore sostegno a questa ipotesi proviene dal fatto che manipolazioni del sonno attivo interferiscono con lo sviluppo cerebrale.
La seconda ipotesi afferma che il sonno paradossale favorisce l'elaborazione delle memorie acquisite durante la veglia. Ve ne sono in realtà due diverse versioni. Secondo la prima, sperimentalmente ben fondata, il sonno paradossale promuove la ritenzione delle memorie adattative, utili cioè all'adattamento dell'organismo all'ambiente. In animali di laboratorio si è infatti dimostrato che l'apprendimento di compiti complessi è associato a un aumento degli episodi di sonno paradossale. L'aumento non si verifica se i compiti sono relativamente semplici rispetto alle capacità cognitive della specie. Inoltre, la privazione selettiva del sonno paradossale subito dopo la seduta di apprendimento comporta la perdita o il declino della memoria a lungo termine. Si è quindi ipotizzato che il sonno paradossale favorisca il consolidamento delle memorie mediante l'attivazione dell'espressione genica. Quest'ultimo concetto è stato tuttavia messo in dubbio dall'osservazione che incrementi di sonno paradossale si osservano anche molti giorni dopo la fase di acquisizione, in periodi della durata di qualche ora (finestre di sonno paradossale). La privazione di sonno paradossale imposta negli stessi periodi produce perdita di memoria. Il tardivo aumento del sonno paradossale non può più essere attribuito all'attivazione di un processo di espressione genica già completato subito dopo la fase di acquisizione. Resta tuttavia possibile che negli intervalli tra le finestre di sonno paradossale le memorie già consolidate possano destabilizzarsi, e debbano quindi essere riconsolidate all'interno di esse. Questa interpretazione è sostenuta dal fatto che il semplice richiamo di una memoria già consolidata è sufficiente a innescare un nuovo processo di consolidamento, come è evidenziato dal rinnovarsi dell'effetto amnesico di inibitori della sintesi proteica. La seconda versione dell'ipotesi dell'elaborazione delle memorie non poggia su basi sperimentali, ma solo su considerazioni teoriche. Queste ultime suggeriscono che il sonno paradossale favorisca la cancellazione di memorie inutili o dannose. Pertanto, le due versioni possono considerarsi complementari piuttosto che contrastanti, dal momento che il processo di elaborazione richiede sia la formazione di nuovi circuiti sia l'indebolimento di quelli precedentemente esistenti. Una più concreta obiezione all'ipotesi dell'elaborazione delle memorie è basata sull'osservazione che la capacità di memorizzare è presente anche in pazienti che sono stati trattati a lungo (per mesi o anni) con farmaci che riducono notevolmente il sonno paradossale.
Secondo l'ipotesi omeostatica, le attività di veglia alterano le caratteristiche funzionali del cervello, portandole vicino o addirittura oltre i limiti omeostatici entro i quali riesce poi a ricondurle la condizione di sonno. È certamente omeostatica l'antica maniera di considerare il sonno come momento di recupero rispetto all'attività di veglia, ritenuta responsabile del consumo di sostanze utili o della generazione di prodotti dannosi. È evidente che la prima versione ha suggerito l'ipotesi anabolica e che la seconda ha portato all'individuazione dei fattori di sonno. L'ipotesi del sonno come istinto sostiene invece che, in quanto parte di un comportamento istintivo, il sonno deve considerarsi la fase consumatoria rispetto al precedente periodo di veglia, che rappresenta la fase appetitiva. L'identificazione del sonno paradossale e del suo periodico alternarsi al sonno sincronizzato ha anche suggerito che il secondo possa costituire la fase appetitiva del primo. Le ipotesi appena descritte, pur apprezzabili per il tentativo di inserire il sonno nell'ambito del ciclo sonno-veglia, restano tuttavia prigioniere di formalismi che non chiariscono la natura dei processi cerebrali modificati dalla veglia e ristorati dal sonno.
Di diverso tenore è l'ipotesi sequenziale, secondo cui all'elaborazione delle memorie acquisite durante la veglia il sonno partecipa nella sua interezza, cioè non soltanto con il sonno paradossale, ma in primo luogo con il sonno sincronizzato. L'elaborazione richiede infatti due passaggi successivi, il primo dei quali ha luogo durante il sonno sincronizzato, che è il primo tipo di sonno che succede alla veglia. Le memorie così modificate sono ulteriormente trasformate durante il sonno paradossale. La conferma dell'ipotesi sequenziale è stata inizialmente ottenuta in ratti addestrati per un compito complesso di tipo associativo o per un compito più semplice di tipo non associativo. In ambedue i casi si è dimostrato che un aumento iniziale nella durata media degli episodi di sonno sincronizzato è seguito da un aumento del numero degli episodi di sonno paradossale. È bene ricordare che nel ratto gli episodi di sonno sincronizzato non durano più di qualche minuto, e quelli di sonno paradossale anche meno. Analoghe sequenze temporali, ma più diluite nel tempo, si riscontrano in ratti che mostrano di apprendere solo il giorno dopo la seduta di acquisizione.
Poiché non tutte le memorie di veglia sono rilevanti e meritano di essere trattenute, è presumibile che la loro selezione si verifichi durante il sonno sincronizzato, in concomitanza con l'indebolimento o con l'eliminazione di quelle non trattenute. Nel passaggio successivo, cioè nel sonno paradossale, le memorie trattenute ('ripulite' dagli elementi non essenziali) sarebbero reintegrate nei circuiti cerebrali per potenziarne la reperibilità. Questa sequenza di operazioni trova conferma nell'osservazione che le onde EEG ad alta frequenza che caratterizzano il sonno paradossale sono simili a quelle che nella veglia riflettono l'iniziale processo di memorizzazione. È quindi ragionevole che una modalità analoga sia utilizzata per operazioni di memorizzazione che hanno luogo durante il sonno. Altrettanto ragionevole appare che il processo opposto di indebolimento delle memorie richieda una modalità funzionale del tutto diversa, quale è quella che si riflette nelle onde a bassa frequenza del sonno sincronizzato.
Una considerazione più convincente riguarda le modalità di sviluppo ontogenetico dei due tipi di sonno. Lo sviluppo del cervello richiede inizialmente istruzioni innate e solo successivamente informazioni acquisite dall'ambiente. Le prime sono necessariamente prive di errori o 'rumore', mentre le seconde ne sono notevolmente 'inquinate'. Appare quindi ragionevole che le prime possano promuovere la formazione dei circuiti cerebrali senza preventive modifiche, e che le seconde invece le richiedano. Di conseguenza, l'operazione di pulizia attribuita al sonno sincronizzato si trova in accordo con la maturazione ontogeneticamente tardiva di questo tipo di sonno (in concomitanza con quella della veglia), e soprattutto con il suo obbligatorio inserimento tra veglia e sonno paradossale. D'altra parte, la comparsa ontogeneticamente precoce del sonno paradossale, in un periodo di assenza del sonno sincronizzato, è compatibile con il suo ruolo di diretto promotore della formazione di circuiti cerebrali. In quel momento dello sviluppo, i circuiti cerebrali di base si formano infatti per istruzioni innate che non richiedono pulizie preventive.
Il coinvolgimento di ambedue i tipi di sonno nell'elaborazione delle memorie di veglia è confermato dai risultati di numerosi esperimenti eseguiti sull'uomo, oltre che da dati neurofisiologici che dimostrano il riprodursi, sia nel sonno sincronizzato sia nel sonno paradossale, delle sequenze spazio-temporali di attivazione neuronale registrate durante precedenti sedute di apprendimento in animali di laboratorio. Infine, per quel che riguarda l'uomo, è degno di nota che le stesse aree cerebrali attive nel corso dell'apprendimento si riattivino durante gli episodi di sonno paradossale. D'altra parte, nel ratto, l'esposizione a un ambiente ricco di stimoli sensoriali induce nel successivo periodo di sonno paradossale la rinnovata espressione di fattori di trascrizione.
4. Il sogno e il suo significato
L'approccio scientifico al sogno risente degli stessi problemi e delle stesse limitazioni che riguardano lo studio della coscienza durante la veglia e la comprensione della sua intima natura. Già oggi metodi sofisticati di indagine consentono l'identificazione di regioni cerebrali e modalità funzionali necessarie al manifestarsi dei diversi scenari della veglia e del sogno, e ricerche ulteriori chiariranno meglio quali siano questi indispensabili correlati del mondo fisico. Non sembra tuttavia probabile che tale approccio possa contribuire a farci decifrare la natura della mente e le inesprimibili qualità della coscienza, che comunque non esaurisce la gamma dei fenomeni mentali. Per procedere nello studio scientifico del sogno e dei suoi contenuti non c'è altro modo che raccogliere quanto i soggetti ricordano e descrivono quando sono svegli o quando vengono svegliati in corrispondenza delle diverse fasi di sonno. Si tratta evidentemente di un'approssimazione di seconda mano, che subisce gli effetti del precario funzionamento della memoria e delle capacità di descrizione dei soggetti esaminati. Pur tuttavia, l'utilizzo di questa procedura ha consentito di stabilire che i risvegli da sonno paradossale sono seguiti da resoconti di sogno molto più frequentemente dei risvegli da sonno sincronizzato. Si è così giunti alla conclusione che i sogni sarebbero caratteristica quasi esclusiva del sonno paradossale, indicato anche come 'sonno con sogni'. Ricerche successive hanno però dimostrato che un'attività cosciente persiste in tutte le fasi del sonno, inclusi gli stati 3 e 4 del sonno sincronizzato, benché i contenuti di quest'ultimo siano di tipo più concettuale rispetto a quelli del sonno paradossale. Anche durante il sonno a onde lente permane una capacità onirica propriamente detta, consistente in genere in sogni meno allucinatori, più brevi, meno bizzarri ed emotivi. Questa più corretta conclusione non è rimasta senza implicazioni per quanto riguarda i meccanismi di generazione dei sogni.
La prima ipotesi fisiologica in questa direzione è nota come 'ipotesi attivazione-sintesi'. Partendo dal presupposto che i sogni si verifichino soltanto durante il sonno paradossale, si è proposto che essi siano innescati da brusche e massicce attivazioni a caso, le onde PGO che originano nel tronco encefalico e raggiungono la corteccia visiva. La conseguente attivazione di ampie zone di corteccia associativa e prefrontale e di aree limbiche porterebbe quindi alla sintesi di stimoli del tutto casuali in storie oniriche complesse e bizzarre. Data la loro origine da eventi a caso, i sogni non avrebbero dunque alcun significato. Sostanziali critiche a questa ipotesi sono venute da diversi versanti. Sotto il profilo fisiologico, si è fatto notare che lesioni del tronco encefalico non impediscono il manifestarsi dei sogni, al contrario di lesioni della corteccia frontale. D'altra parte, psicologi delle più diverse scuole hanno rifiutato l'idea che i sogni siano privi di significato. I risultati di dettagliate analisi quantitative dei contenuti di migliaia di sogni ne dimostrano statisticamente il rapporto con il vissuto dei soggetti. Non si è inoltre tralasciato di osservare che sogni e contenuti mentali sono presenti anche in fasi di sonno prive di onde PGO. In breve, queste obiezioni hanno costretto a notevoli rimaneggiamenti dell'ipotesi attivazione-sintesi. Essa rimane comunque una spiegazione meramente fisiologica, incapace di rendere conto del significato dell'attività onirica.
Non si può tuttavia disconoscere che questa ipotesi ha avuto il merito di opporsi all'accettazione spesso acritica della precedente visione psicoanalitica, alla quale d'altra parte si deve il fondamentale riconoscimento dell'inconscio come oggetto di studio scientifico. Secondo il paradigma di Freud, il sogno è strettamente legato alla storia dell'individuo, di cui riproduce passaggi antichi e recenti spesso di particolare rilevanza. Al momento attuale sono sempre meno numerosi coloro che sostengono l'iniziale ipotesi psicoanalitica, ancorata al sorgere del sogno da desideri infantili di natura prevalentemente sessuale. Rimossi da attività censorie e spostati nell'inconscio, tali desideri troverebbero la loro espressione in contenuti onirici superficiali e apparentemente bizzarri, atti a mascherarli. Nella più recente teoria psicoanalitica di tipo relazionale, il sogno continua a essere la via principale per lo studio dell'inconscio, ma quest'ultimo si arricchisce delle memorie non consciamente recuperabili dei primi anni di vita relative ai rapporti complessi e densamente affettivi del soggetto con il suo ambiente, in primo luogo con la madre. Tale primo nucleo non si forma per rimozione di desideri inaccettabili, ma semplicemente per la maturazione ancora assente o incompleta del sistema di memorie esplicite. Esso condiziona l'ulteriore sviluppo della personalità del bambino, partecipando dietro le quinte al gioco delle parti che nel corso del tempo andrà quotidianamente svolgendosi nel teatro interno del sogno tra l'Io del soggetto e quello degli altri, in un confronto dialettico continuo e multiforme.
Le concezioni radicalmente opposte a cui si è brevemente accennato ripropongono in campo onirico, nel contrasto tra ipotesi fisiologiche e psicoanalitiche, la perdurante contrapposizione tra fisico e psichico. Nella prospettiva unitaria già ricordata, si tratta presumibilmente di un contrasto solo apparente. Se fisico e mentale sono aspetti isomorfi della sostanziale unità del reale, qualunque fisiologia non può che essere associata a contenuti mentali, che tuttavia diventano coscienti solo in ben definite condizioni. In un quadro più ampio, l'incessante lavorio del cervello appare diretto, oltre che all'acquisizione dei dati sensoriali, alla loro continua elaborazione sulla falsariga di quanto suggerito dall'ipotesi sequenziale: in breve, selezione, pulizia, integrazione. Durante la veglia l'elaborazione può svolgersi solo in piccola parte, per via del continuo arrivo di stimoli che riempiono quasi tutti gli spazi di coscienza, pur lasciando circolare visioni di sottofondo generalmente vaghe (sogni a occhi aperti). D'altra parte, nel sonno, la sostanziale chiusura delle finestre sensoriali consente che le memorie di veglia oltrepassino il filtro del sonno sincronizzato e l'integrazione del sonno paradossale per addentrarsi in cicli elaborativi ripetuti diverse volte nel corso della notte. Si tratta di un procedere a valanga, che inizia con l'integrazione di memorie relativamente semplici in insiemi più complessi, e prosegue con la successiva rielaborazione di questi ultimi attraverso ulteriori filtri e integrazioni, fino alla ricostituzione di una rinnovata unità mentale.
Quali che siano le condizioni che rendono cosciente il sotterraneo lavorio del cervello, diventa ragionevole assumere che l'accendersi di memorie ripulite durante il primo sonno sincronizzato si rifletta in contenuti coscienti in genere astratti e poco vistosi, e che la loro successiva integrazione in complessi di memorie pregresse induca invece nel sonno paradossale contenuti onirici vivaci, bizzarri e variabili. Anche il fatto che, nel corso della notte, i sogni si strutturino in forme sempre più complesse si trova in sostanziale accordo con il procedere a valanga del processo di rielaborazione e con l'attivarsi di settori sempre più ampi di memorie. Pur essendo di carattere fisiologico, questa maniera di vedere mette da parte qualsiasi tentazione riduzionista, e lascia campo aperto a una visione che affonda profonde radici nella storia biologica dell'individuo e della specie. In essa è implicita l'idea che l'elaborazione delle memorie durante il sonno obbedisca a criteri di ordinamento per categorie dei singoli elementi mnemonici, criteri che tuttavia ne consentono il recupero secondo i modelli percettivi della veglia. Tutto questo operare procede sopra o sotto il limite della coscienza, in presumibile dipendenza dalla complessità dei contenuti via via elaborati. Quando quel limite si supera, e con esso la soglia di memorizzazione, ecco che compaiono sogni che vengono ricordati e che possono essere descritti. Ma chi potrà mai disconoscere l'esistenza di sogni che non vengono ricordati?
Bibliografia
da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it