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Stress




Il termine inglese stress, che significa propriamente "sforzo" (dal francese antico estrece, "strettezza, oppressione", derivato del latino strictus, "stretto") al contempo indica, nell'uso corrente, tensione nervosa, logorio, affaticamento psicofisico, e anche il fatto, la situazione che ne costituiscono la causa. Nel linguaggio medico designa invece la risposta funzionale con la quale l'organismo reagisce a uno stimolo, più o meno violento, di qualsiasi natura (microbica, tossica, traumatica, termica, emozionale ecc.).

sommario: 1. Definizione. 2. L'attuale concezione dello stress. 3. Stress e alterazioni dei sistemi biologici. 4. Stress e malattie psichiatriche. 5. Stress e malattie somatiche. □ Bibliografia.

1. Definizione

Il termine stress, ormai divenuto di uso corrente, impiegato in ingegneria per indicare la tensione o lo sforzo cui viene sottoposto un materiale rigido in condizioni di sollecitazione, fu introdotto in biologia e in medicina da H. Selye (1956). Lo studioso osservò, nel corso di alcune ricerche, che animali da esperimento, cui venivano inoculate particolari sostanze, reagivano in modo simile con una sindrome caratterizzata da ipertrofia corticosurrenale, atrofia del timo e delle ghiandole linfatiche e ulcere gastriche. Selye rilevò che questo tipo di risposta si produceva indifferentemente come reazione a diversi stimoli nocivi, fisici, chimici, biologici, e definì con il termine stressor l'agente nocivo e con quello di stress la reazione biologica dell'organismo caratterizzata dal comune stato di attivazione dell'asse ipofisi-corticosurrene; inquadrò poi lo stress all'interno della risposta generale dell'organismo a stimoli ambientali.
Studiando le alterazioni della fisiologia dell'organismo stressato, egli definì come 'sindrome generale di adattamento' il complesso di tali alterazioni mostrando come esse fossero organizzate in tre fasi successive. La prima fase, di allarme, è contrassegnata da una reazione di stress acuto in cui sono mobilizzate le difese dell'organismo (iperattivazione ipofisi-corticosurrene). Nella seconda fase, di resistenza, l'organismo è impegnato nel fronteggiare lo stressor; la reazione di stress è sempre attiva e continua l'iperproduzione di cortisolo. La terza fase, di esaurimento, subentra quando l'esposizione allo stressor si protrae in modo abnorme e l'organismo non può mantenere più a lungo lo stato di resistenza; in questa fase la corteccia surrenale entra in stato di esaurimento funzionale e si possono sviluppare nell'organismo patologie difficilmente reversibili che portano, nei casi estremi, alla morte.
L'importanza della concettualizzazione sopra esposta risiede soprattutto nel fatto che per la prima volta in fisiologia e in medicina veniva stabilita l'esistenza di un rapporto tra stimoli esterni, per es. di minaccia, e reazione interna dell'organismo, dimostrabile, obiettivabile e misurabile sulla base di specifici dati di laboratorio. Sebbene questo meccanismo fosse probabilmente conosciuto da molti medici, sulla base delle osservazioni derivate dall'esperienza clinica quotidiana, la formulazione del concetto di stress rese possibile uno studio scientifico sistematico del rapporto tra organismo e ambiente e, più strettamente, tra stimoli ambientali, modificazioni fisiologiche e sviluppo di malattie. Negli anni successivi, numerosi studi a opera di Selye e di altri ricercatori in varie parti del mondo hanno permesso di approfondire gli aspetti biologici e, soprattutto a partire dagli anni Sessanta del 20° secolo, gli aspetti psicologici dello stress. L'insieme di questi studi ha portato a una teoria unificata psicobiologica dello stress, a un'approfondita conoscenza delle modificazioni biologiche dell'organismo indotte dall'esposizione a stimoli psicosociali, e all'indagine sistematica del ruolo dello stress nella patologia.
È importante sottolineare che stress non è necessariamente sinonimo di qualcosa di negativo o di uno stato di malattia, come spesso è implicito nell'uso comune del termine, ma rappresenta un'importante reazione di difesa e di adattamento dell'organismo al variare delle richieste ambientali: questa reazione, tuttavia, in determinate condizioni, può avere effetti negativi sull'organismo stesso e portare allo sviluppo di malattie sia psichiatriche sia somatiche. Secondo Selye la completa libertà dallo stress è rappresentata dalla morte. Contrariamente a quanto si possa pensare, noi non dobbiamo, e in realtà, non possiamo evitare lo stress, ma possiamo andargli incontro in modo efficace traendone vantaggio, imparando di più sui suoi meccanismi, e adattando a esso la nostra filosofia dell'esistenza.

2. L'attuale concezione dello stress

Lo studio della reazione di stress nell'uomo ha messo in luce l'importanza di due fattori chiave, rilevanti quanto lo stimolo stressante stesso: l'attivazione emozionale e il ruolo dei fattori cognitivi. Varie ricerche hanno dimostrato che la reazione biologica di stress (in particolare l'aumento del cortisolo nel sangue) è innescata non tanto dallo stimolo di per sé quanto dalla reazione emozionale che esso suscita. Così, l'esposizione a stimoli puramente fisici (caldo, freddo, rumore, alterazioni somatiche ecc.) o di tipo psicosociale (interazioni personali con carattere di minaccia, pericolo per l'incolumità fisica, per la vita ecc.) produce una reazione di stress soprattutto perché attiva una significativa reazione emozionale, per es. di paura, minaccia o aggressività.
Sul piano neurofisiologico tale reazione è dovuta all'attivazione di strutture cerebrali a livello limbico-ipotalamico e ipotalamico-ipofisario, cui consegue tutto il complesso delle modificazioni dell'equilibrio neurovegetativo, neuroendocrino e immunitario. Si è poi chiarita l'importanza dei fattori cognitivi nel determinare l'innesco, l'entità e la durata della reazione di stress. Le teorie attualmente più accreditate mettono in evidenza come ogni stimolo proveniente dall'esterno sia sottoposto a livello cerebrale a una veloce e automatica 'processazione', nel corso della quale vengono valutati in sequenza caratteristiche e significato potenziale dello stimolo per il soggetto stesso. Per es., la visione di un cane genererà reazioni diverse da persona a persona, a seconda sia delle caratteristiche del cane e del contesto sia, soprattutto, del significato che individualmente viene attribuito a tale immagine: significato influenzato dalle precedenti esperienze, dalle proprie credenze, convinzioni e aspettative circa i cani. Il tipo di valutazione cognitiva dello stimolo 'cane' darà luogo pertanto a differenti reazioni emozionali, che possono andare da piacere, interesse, tenerezza, fino a disgusto, paura, terrore. Il ruolo dei fattori cognitivi è quindi determinante nella genesi della reazione di stress e nella spiegazione della differente reattività individuale a uno stesso tipo di stimolo. La reazione si manifesta contemporaneamente con risposte biologico-somatiche e psicologico-comportamentali che sono in genere strettamente integrate tra loro.
Un esempio classico possono essere le risposte di lotta o di fuga della vittima di fronte all'aggressore. In tale circostanza l'organismo, impegnato nell'attacco o nella fuga, attiva un complesso di risposte, veri e propri 'programmi' di stress geneticamente preordinati (ed eventualmente modificati dalle esperienze successive). Un primo programma, di tipo biologico, porta all'attivazione di sistemi fisiologici come i sistemi muscolare, neurovegetativo ed endocrino. L'attivazione di tale programma funge da supporto metabolico per la messa in atto delle risposte di lotta o di fuga. Un secondo programma, comportamentale, innesca tutte le sequenze motorie e i comportamenti necessari sempre per l'esecuzione della risposta di lotta o di fuga. Di norma l'attivazione di questi due programmi è sinergica, integrata e chiaramente finalizzata ad assicurare la sopravvivenza.
In seguito a varie ricerche, P. Pancheri (1984) ha specificamente sviluppato un modello dello stress fondato sul presupposto che in condizioni naturali esista una sorta di 'bilanciamento' ottimale tra reazioni comportamentali e reazioni biologiche e che la rottura di tale equilibrio sia la base per lo sviluppo di molte patologie. Una condizione, che di frequente costituisce la causa di patologie psicosomatiche e psichiatriche, è quella di blocco o impossibilità ad attivare il programma di risposte comportamentali adeguate, come per es. l'impossibilità di affrontare apertamente la situazione percepita come stressante, lottando, oppure fuggendo e mettendosi in salvo. Le situazioni stressanti tipiche della specie umana sono assai complesse e coinvolgono più spesso non tanto minacce dirette alla sopravvivenza fisica immediata quanto minacce su piani simbolici (legami di attaccamento e sicurezza affettiva, fattori economici, appartenenza al gruppo e status ecc.), egualmente importanti e potenzialmente altrettanto stressanti. La necessità di indagare con metodi scientifici il rapporto tra stress e rischio di malattie somatiche e psichiatriche ha spinto a sviluppare questionari e test, finalizzati a rilevare e 'misurare' lo stress di una persona in un certo arco di tempo. Questi test consistono in questionari o liste dei più comuni avvenimenti che possono capitare durante la vita; in alcuni viene anche chiesto di giudicare se l'evento è stato negativo o positivo, attribuendo a esso un punteggio. Si ricavano in tal modo informazioni sulla frequenza di eventi e si ottengono veri e propri 'punteggi di stress'.
È stato dimostrato che un accumulo di episodi esistenziali stressanti può costituire un fattore di rischio per varie malattie sia psichiatriche sia somatiche, e che il rapporto stress/malattia non è rigido e automatico, ma modulato da molte variabili, come le capacità individuali di gestire le situazioni, la personalità, il supporto sociale disponibile, le esperienze precedenti e la fase della vita.

3. Stress e alterazioni dei sistemi biologici

Durante la reazione di stress si sono riscontrate numerose modificazioni di sistemi biologici: il sistema nervoso vegetativo (o neurovegetativo, o autonomo) è stato uno dei più indagati. Le modificazioni delle funzioni neurovegetative più documentate sono rappresentate da aumento della frequenza cardiaca con possibili anomalie elettrocardiografiche, attivazione del sistema renina-angiotensina ed elevazione della pressione arteriosa, vasocostrizione periferica, aumento dell'attività elettrica cutanea, a seconda dei casi inibizione o incremento della secrezione e della motilità gastrointestinale, alterazioni della reattività dell'albero bronchiale, dilatazione della pupilla e maggior consumo di ossigeno.
Un secondo sistema altamente sensibile e reattivo a stimoli stressanti è risultato quello neuroendocrino: esso presenta modificazioni in situazioni sia di stress psicofisico - come affrontare una competizione sportiva, il parto, partecipare a una missione bellica, sottoporsi a un intervento chirurgico o subire un incidente d'auto -, sia di stress puramente emozionale (e questo ha costituito una novità), come l'attesa di un esame scolastico, quella di un intervento chirurgico, un colloquio su temi personali stressanti, eventi di perdita affettiva. Sono documentati in condizioni di stress acuto aumenti dei livelli plasmatici di ormoni ipofisari come l'ormone adrenocorticotropo (ACTH, Adrenocorticotropic hormone), il somatotropo (GH, Growth hormone), la prolattina, e diminuzione di gonadotropine come l'ormone follicolostimolante (FSH, Follicle stimulating hormone) e luteinizzante (LH, Luteinizing hormone). A livello delle ghiandole periferiche si rilevano un aumento di cortisolo, di noradrenalina e adrenalina, e una riduzione di ormoni sessuali come il testosterone.
Lo stress acuto produce inoltre complesse modificazioni anche a carico dei sistemi peptidergici, con aumento dei livelli di β-endorfina e metencefalina, e alterazione di vari altri peptidi. Il terzo importante sistema influenzato da esposizione a condizioni di stress è il sistema immunitario (v. immunità). Sono stati rilevati in ricerche sia negli animali sia nell'uomo riduzione della funzionalità immunitaria umorale, con riduzione e ritardo della sintesi di anticorpi, e cellulare, con minore reattività dei linfociti T a mitogeni, ridotta risposta a test di ipersensibilità cutanea (skin tests), diminuzione del numero e dell'attività delle cellule natural killer.
Altri studi, inoltre, hanno mostrato possibili alterazioni dei linfociti helper e soppressori. È importante sottolineare che le alterazioni di tutti questi sistemi nello stress sembrano legate, oltre che all'intensità dell'evento stressante, alle modalità di reazione del soggetto stesso all'evento, alle caratteristiche di personalità e alla presenza di supporto sociale. Queste conoscenze hanno reso sempre più complesso e interessante il rapporto tra stress, personalità e suscettibilità a malattia, un problema che è ancora oggi oggetto di studio.

4. Stress e malattie psichiatriche

Si è frequentemente rilevato, in campo psichiatrico, che eventi e situazioni stressanti sono spesso fattori che precedono, talvolta con ruolo preparante, altre volte con ruolo precipitante o scatenante, la manifestazione di disturbi psichiatrici, come disturbi depressivi, disturbi d'ansia, disturbi psicotici quali la schizofrenia e le psicosi reattive, disturbi d'adattamento e da stress post-traumatici. Studi neurobiologici hanno inoltre dimostrato che i principali sistemi neurotrasmettitoriali cerebrali sono sensibili ad agenti stressanti, aprendo interessanti prospettive per comprendere il rapporto tra alterazioni centrali nello stress e sviluppo di disturbi psicopatologici. L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e l'American psychiatric association prevedono specifiche categorie di malattie stress-dipendenti come il 'disturbo d'adattamento' e il 'disturbo da stress post-traumatico'.
La diagnosi psichiatrica di disturbo dell'adattamento è riservata ai casi in cui il soggetto manifesta una sofferenza psicologica, in genere ansiosa o depressiva, in chiaro rapporto causale e temporale con recenti eventi o situazioni della vita. La diagnosi di disturbo da stress post-traumatico è invece riservata a casi di manifestazioni susseguenti all'esposizione a situazioni traumatiche non comuni (gravi incidenti, catastrofi, traumi di guerra, prigionia ecc.), in cui siano presenti il rinnovarsi dell'esperienza angosciosa dell'evento, incubi, l'evitamento di situazioni che ricordano l'accaduto, e un'iperreattività psicofisiologica cronica. In altri settori della psichiatria, il rapporto tra stress esistenziale e sviluppo di patologie è riconosciuto soprattutto per i disturbi depressivi, dove sono frequentemente in causa avvenimenti di perdita affettiva, i disturbi d'ansia dove agiscono condizioni di stress cronico, il disturbo di panico che segue spesso a eventi di separazione affettiva.
Più controverso è il ruolo dello stress nelle schizofrenie: in linea di massima, si ritiene che esso rivesta un ruolo significativo più che nell'insorgenza della patologia, soprattutto nel favorire ricadute in episodi psicotici attivi della malattia. Particolare rilievo è dato da vari studi alle condizioni di stress legate all'ambiente familiare. È accertato infine il ruolo di eventi stressanti nello scatenamento di disturbi psicotici (psicosi reattiva breve), generalmente temporanei e con buona prognosi.

5. Stress e malattie somatiche

La possibile insorgenza di malattie fisiche in seguito, per es., a shock emotivi o in particolari situazioni e contesti emozionali (morte di persone care, gravi problemi familiari, di lavoro, difficoltà finanziarie, fallimenti ecc.) è presente, attraverso i secoli, nelle medicine tradizionali e in quella popolare di varie culture. Tale possibilità è stata confermata da ricerche clinico-sperimentali di psicosomatica. Gli studi sui correlati biologici dello stress hanno permesso infatti di identificare un sempre maggior numero di funzioni dell'organismo sensibili agli stimoli emozionali e psicosociali e di chiarirne il ruolo non solo in patologie funzionali (gastriti, cefalee, disturbi psicofisiologici e somatizzazioni), ma anche in quelle più strettamente 'organiche' e lesionali, come per es. patologie cardiovascolari (cardiopatia ischemica, ipertensione essenziale), gastrointestinali (ulcera peptica, rettocolite ulcerosa), malattie infettive e forse nelle patologie tumorali. Nelle patologie cardiovascolari, gli studi di psicosomatica hanno rilevato come lo stress costituisca un cofattore di rischio, che si affianca e sovrappone ai fattori di rischio epidemiologico già noti (dieta, fumo, scarso esercizio fisico ecc.). Per es., per la cardiopatia ischemica particolare rilievo è stato dato a situazioni di stress cronico, come insoddisfazione e sovraccarico lavorativo, perdita di persone care ('morte di crepacuore'); per l'ipertensione, allo stress in rapporto alle caratteristiche di personalità, quali la tendenza a sopprimere o vivere con conflitto l'aggressività nelle relazioni interpersonali.
Nel campo delle patologie gastrointestinali le aree più studiate sono state l'ulcera gastroduodenale, la colite e la rettocolite ulcerosa. Non sembra che le cause siano dovute ad accadimenti oggettivamente importanti (come per es. eventi di perdita), quanto piuttosto a situazioni stressanti, croniche, legate alla presenza di microstimoli quotidiani disturbanti e frustranti, verso cui il soggetto avverte di non poter reagire. Per quanto attiene alle comuni patologie infettive delle vie aeree superiori, è stato riportato da alcuni studi clinici come condizioni di stress emozionale possano favorire un'aumentata suscettibilità ad agenti virali e batterici: sul piano fisiopatologico interessanti prove a riguardo sono state fornite da indagini condotte su animali in condizioni sperimentali.
Situazioni di stress sembrano avere un effetto depressivo sul sistema immunitario e uno facilitante sul rischio infettivo. In riferimento all'asma bronchiale, varie ricerche in campo psicosomatico hanno rilevato il possibile rapporto tra stress e manifestazione della malattia o scatenamento delle crisi. Negli ultimi due decenni del 20° secolo è andato progressivamente crescendo l'interesse per un possibile ruolo dello stress nell'ambito della patogenesi multifattoriale dei tumori. Mancano dati definitivi a riguardo, ma ormai varie ricerche controllate sembrano aver offerto prove, difficilmente confutabili, almeno in alcuni casi, che particolari condizioni emozionali possono influenzare nell'animale insorgenza e decorso di tumori, sia spontanei sia indotti.
Nella maggior parte dei casi l'esposizione a stressor si accompagna a un aumento della suscettibilità. I meccanismi implicati coinvolgono, da un lato, processi di alterazione neuroendocrina innescati nello stress, e, dall'altro, alterazioni della funzionalità immunitaria, sia nel distretto cellulare T sia a carico delle cellule natural killer, di cui è riconosciuto il ruolo antineoplastico. Tuttavia è certamente prematuro trasferire tali risultati all'uomo. È possibile che particolari eventi esistenziali stressanti rappresentino un ulteriore cofattore di rischio, che si somma al rischio epidemiologico da esposizione a cancerogeni ambientali. Attualmente, è comunque verosimile ritenere che fattori psicosociali possano intervenire in alcuni casi di patogenesi delle malattie tumorali, e in vari altri influenzare il decorso della malattia.




Bibliografia


da Enciclopedia Treccani
www.treccani.it

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