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Tempo




Il tempo è considerato dagli antichi sotto vari punti di
vista: nella sua sequenzialità (χρóνoς in greco e tempus in
latino), nella sua durata eterna (αἰών in greco ed aevum in
latino) o come attimo fuggente, opportunità (καιρóς in greco
e occasio in latino). Nel sistema mitologico, Kairos è nipote
di Crono e figlio di Zeus. Aion è figlio di Crono. Il Giorno è
figlio di Erebo e della Notte (o, secondo un’altra tradizione,
deriva da Caos e Caligine).
In Fedro (5,8) si ritrova una narrazione di carattere
allegorico, che si rifà probabilmente a una scultura di
Lisippo. Il tempo corre con un piede sul filo del rasoio, che
rappresenta l’attimo fuggente, l’occasione. Condannando
ogni indugio dovuto alla pigrizia, il favolista «radica nel
principio di azione tutta la vita, e stabilisce un’antitesi
fondamentale tra la moralità dell’azione e l’immoralità
dell’infingardaggine» (Solimano 293). Intorno al tema
dell’occasione sono costruite numerose narrazioni esopiche:
ad esempio, quella del medico che elenca le cure necessarie
quando il paziente è già morto (Esopo 134 Ch.) o quella del
capretto che sbeffeggia il lupo, quando le circostanze glielo
consentono (Esopo 107 Ch.). Da segnalare anche un’altra
favola, che vede protagonisti il Giorno di Festa e il Giorno
Dopo (Plutarco, Temistocle 18): la loro personificazione è
funzionale, come è tipico della tecnica esopica, a esprimere
un conflitto concettuale dagli esiti paradossali. Non hanno
nulla a che vedere con la sfera mitologica.






Bibliografia


Stocchi C. Dizionario della favola antica, BUR, 2012

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