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Vulcano




Dio del fuoco, figlio di Giove e di Giunone; ed era fin dal suo nascere così debole e brutto, che sua madre, volendosene disfare, lo lasciò cadere dall'Olimpo. Ma lo raccolsero due divinità marine, Teti ed Eurinome, presso le quali egli stette nove anni, e durante questo tempo fece loro bei ornamenti. Tutte le volte che egli rammentava l'atto crudele di sua madre, sdegnavasi pensando al vergognoso trattamento che aveva ricevuto, ma del resto era assai mite ed era obbediente, e in un'occasione tenendone egli le parti contro Giove, questi lo afferrò per un piede e lo gettò giù dall'Olimpo. Egli rotolò per un giorno intero e cadde nell'isola di Lenno, dove fu benignamente accolto dagli Sinzi. Fece poi ritorno all'Olimpo, dove abitava in un palazzo fabbricato da lui medesimo. Quivi aveva la sua fucina con l'incudine e venti mantici che soffiavano a suo piacimento; e quivi faceva squisitissimi lavori per gli Dei e per i privilegiati mortali. A Vulcano fu dato Venere per moglie, perchè la generazione non si produce senza calore. Venere non gli serbò però la fedeltà coniugale, e mentre godeva l'amore di Marte, Vulcano informato dal Sole, tese una rete entro la quale pigliò gli amanti, e chiamò tutti gli Dei a mirare lo spettacolo. Ma alle preghiere di Nettuno, li mise in libertà. Gli furono attribuiti tre fabbri, chiamati Bronie, Sterope e Piracmone. I due primi rappresentano gli effetti dei fulmini, perchè Bronte significa tuono, e Sterope baleno; e Piracmone raffigura gli strumenti del fabbro, perchè significa il fuoco e anche l'incudine.







Bibliografia

Ronchetti G., Dizionario illustrato dei simboli, Hoepli, MIlano, 1928

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