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Joseph Wolpe
Joseph Wolpe
WOLPE JOSEPH, psicologo americano n. il 20 aprile 1915. Insegna Psichiatria all’Università della Virginia e, successivamente, alla Temple University School of Medicine in Pennsylvania. È uno dei più importanti esponenti della terapia del comportamento che risale all’esperimento condotto da Watson e Rayner sul piccolo Albert, e il cui presupposto teorico è già visibile negli esperimenti sulle "nevrosi indotte" o "sperimentali" di I.P. Pavlov, esperimenti condotti su animali e applicati successivamente all’uomo da altri studiosi, tra i quali N.I. Krasnogorski. Alla base della terapia del comportamento, che W. equipara a una "scienza applicata", è l’ipotesi che le nevrosi sono condizionate, ovvero apprese. Si tratta dunque di procedere al loro decondizionamento, ovvero, a seconda dei casi, al condizionamento di abitudini positive. Tra le tecniche generalmente impiegate in ambito comportamentale (addestramento affermativo, desensibilizzazione sistematica, terapia avversativa, condizionamento classico o rispondente o pavloviano, condizionamento operante o skinneriano, flooding emotivo ecc.) W. concentra la propria attenzione in special modo sulla cosiddetta "inibizione reciproca" cui dedica una monografia. In questo caso la nevrosi, o, anche, come la chiama W., l’"abitudine nevrotica", viene eliminata condizionando nel paziente un comportamento incompatibile con (e, dunque, inibitorio del) comportamento patologico. W. contesta la posizione polemica in ambito psicoanalitico secondo cui la terapia del comportamento opererebbe soltanto in superficie, senza riuscire a rimuovere il nucleo nevrotico profondo. In realtà, obietta W., la ripresentazione del sintomo, in seguito a una terapia del comportamento condotta con successo, è molto rara. Un’eventuale ricaduta va motivata non in base alla superficialità della terapia del comportamento, ma a un nuovo condizionamento. W. sostiene, partendo da studi statistici condotti nel settore, la maggiore efficacia della terapia del comportamento nei confronti di quella psicoanalitica. Dal momento che la percentuale dei successi e la brevità del trattamento favoriscono nettamente la terapia del comportamento, questa dovrebbe, secondo W., sostituirsi alle tecniche di tipo psicoanalitico.
Bibliografia
Carotenuto, A. (a cura di), Dizionario bompiano degli psicologi contemporanei, Bompiani, Milano, 1992