cosa significa andare in
terapia
Fare psicoterapia è una investigazione, un'avventura. Per essa vale la metafora del viaggio in mare, dell'entrata in una grotta, di una spedizione in terre selvagge e inesplorate, dello smarrimento in un labirinto, della discesa in un villaggio popolato da sconosciuti, della lotta con un drago, dell'ascesa a regni magici e celesti, di un confronto con popoli primitivi o animali esotici.
La psicoterapia la si inizia in uno stato di bisogno, la si porta avanti solo con coraggio. Poi vi si abbandona e inizia il bello.
Sedere su quella sedia non è facile, restarci lo è ancor meno, soprattutto nei primi mesi. Con gli anni le cose migliorano, i conflitti si placano.
Alcuni confronti col mondo degli inferi è amaro, cocente, umiliante. Viene voglia di fuggire, rinunciare, nascondersi. Sono emozioni del tutto normali, fanno parte del viaggio. La mente sa difendersi dalle angosce troppo accese e lo psicoterapeuta sa come evitare al paziente confronti troppo improvvisi con le paure.
In generale le sensazioni che accompagnano l'analisi sono più simili allo stupore, alla meraviglia, alla sorpresa, alla curiosità, all'interesse crescente per il proprio mondo. Col progredire delle sedute, rafforzandosi la fiducia nel terapeuta, come un bambino che sempre più si affida all'attenzione della madre, il paziente si spinge ad esplorare zone più profonde e buie di se stesso.
Non esiste viaggio per mare o per terra che possa vantare la complessità e la bellezza di un viaggio interiore. Anzi credo che i viaggi esterni siano metafore dei viaggi interiori.
Sintetizzare la complessità di un percorso psicoterapico è impossibile. Non solo perché è diverso per ciascuno ma perché la strada della psicoterapia è complessa per definizione, è indefinibile, incerta, mutevole, sempre alla ricerca di un nuovo equilibrio. Compiendosi e assestandosi essa si sposta in avanti aprendo nuovi territori e lasciando trasparire la presenza di qualcos'altro che non si è ancora approfondito. Essa allude e rimanda sempre a qualcosa, essa apre molti più scenari di quanti ne potrà mai elaborare. E più se ne elaborano e più ne sorgono, qui e lì come spiritelli, sentieri, sfondi. C'è un momento dell'analisi, circa verso la metà, dopo che il paziente si è messo alle spalle il dolore che l'ha spinto alla consultazione, in cui il viaggio si fa davvero stupendo.
Durante le sedute la persona è chiamata a esplorare il suo mondo interno. Per farlo deve mutare il modo in cui vede le cose, pensa la realtà e le persone. E' un cambiamento della modalità di guardare, un cambiamento di paradigma, di impostazione mentale. E' un processo lungo, tanto più per chi vive come noi in un mondo dominato dal razionalismo, dalla tecnologia, dall'informatica, dalle scienze dure.
Lentamente il paziente comprende quale funzione svolge il suo mondo interiore nel determinare la visione del mondo esteriore. Egli è indotto a considerare variabili mai prese in considerazione e a valutare quale sconosciuta parte di sé ha causato alcuni eventi della propria esistenza.
Da che il mondo è visto come uno spazio in cui interagiscono corpi fisici si passa a uno spazio in cui agiscono corpi psichici.
Lo psicoterapeuta all'inizio sembra onnipotente e onniveggente. Poi è ridotto a una figura umana, ricca e complessa, ma piena dei limiti e dei difetti di ogni essere umano (questa è la fase migliore del trattamento). Molti tra le due fasi hanno bisogno di collocare una fase intermedia, quella dell'attacco del terapeuta, della svalutazione più o meno ardita della sua figura. Dipende dal carattere. Ogni paziente è diverso. Lo psicoterapeuta sa come riconoscere, assorbire e restituire in maniera costruttiva questi attacchi.
Si attraversano tantissime fasi in una psicoterapia. Si esplorano molti regni, ci si incaglia in diversi fondali, si scovano risorse che non si pensava di avere. Si cade, certo, ma ci si rialza. Si saggiano le proprie capacità, si elaborano antichi rancori. Si riprende un filo interrotto o spezzato decenni prima. Si ritrova la propria infanzia, e i legami di questa col presente.
Chi era abituato a volare alto nei cieli riscopre la stabilità della terra, chi era aggrappato alla solida terra ritrova l'istinto del volo. La psicoterapia è un abito su misura.
In quella stanza che apparentemente è abitata da due sole persone, in atteggiamento composto, quasi immobili, a fare una cosa semplice come il parlare, è in realtà in azione qualcosa di molto complesso.
Intanto ognuna di queste due persone è composta di una parte conscia e una inconscia, e le due parti dialogano tra loro a velocità diverse (quelle inconsce si scambiano segnali a velocità dell'ordine di decimi di secondo). Inoltre alle spalle del paziente compariranno di volta in volta fantasmi di figure antiche: i genitori in primis, ma anche fratelli, zii, nonni, mariti o mogli, antichi amanti, figli nati o non nati. E poi ci sono le speranze, i sogni, le tensioni per il futuro. Qualche fantasma potrà, perché no, comparire anche alle spalle del terapeuta Una frase o una immagine pronunciata o evocata dal paziente può riaccendere in lui ricordi, analogie, emozioni.
In quella stanza, in quei minuti, vi è una intera popolazione, che appare e scompare, piange e ride, come in un caleidoscopio, come in un film muto.
Io non ancora conosciuto una sola persona che alla fine di un trattamento si dica pentita di averlo iniziato o che dica che i costi della terapia abbiano superato i benefici che si sono raggiunti.